L’autunno 2023 è segnato dall’arrivo al cinema di due horror molto attesi: uno è stato la rivelazione degli scorsi mesi, acclamato tanto dal pubblico internazionale quanto dalla critica, l’altro è il seguito di un mostro sacro del cinema del terrore, arrivato per aggiustare tutto quello che i sequel precedenti avevano fatto di storto. Stiamo parlando di Talk to Me, degli esordienti alla regia di un lungometraggio dei fratelli Philippou (che nascono come youtuber), e L’esorcista – Il credente, di David Gordon Green, capostipite di una nuova trilogia. Il primo è un’inaspettata sorpresa, un’opera nuova che nessuno si aspettava avrebbe ottenuto il successo che sta raccogliendo (peccato in Italia ne abbiano rallentato la corsa al botteghino imponendogli il divieto ai minori di 18 anni a film già nelle sale), il secondo è stato immaginato come la rinascita sul grande schermo di quel capolavoro che, a suo tempo, aveva segnato una nuova epoca di terrore sul grande schermo.
Insomma, come forza innovativa, Talk to Me sta un po’ al cinema di oggi come L’esorcista era stato a quello degli anni Settanta, e L’esorcista – Il credente, ricalcando i fasti dell’originale, avrebbe dovuto scuotere gli spettatori in sala tanto quanto sono riusciti a fare gli altri due. Ma qualcosa è andato storto, e solo una tra queste due opere uscite di recente fa veramente paura: Talk to Me. In che cosa funziona il film dei fratelli Philippou e in che cosa fallisce quello di David Gordon Green? Ovviamente se non avete visto uno o nessuno di questi due film, proseguite la lettura a vostro rischio e pericolo, seguiranno infatti molti spoiler.
Inventare qualcosa di nuovo
Talk to me, pur collocandosi nel solco già tracciato da tantissimi horror usciti prima di lui, riesce a creare qualcosa di nuovo, di inaspettato. Pur partendo da spunti già visti si differenzia da tutti gli altri con le sue svolte uniche ed originali. Come L’esorcista – Il credente anche il film dei Philippou parla di possessioni, ma lo fa in modo completamente diverso, utilizzando un approccio nuovo: i “villain” di questa storia sono degli spiriti maligni, dei fantasmi guidati da obiettivi oscuri e che vivono in un aldilà simile ad un inferno. Come demoni anelano ad entrare nel corpo dei vivi, ma non perché vogliono “risentirsi” come quando erano in vita come solitamente – in questo genere di storie – desiderano i fantasmi, questi spiriti vogliono solo fare del male, sfogare il proprio odio e le proprie frustrazioni. E capiamo anche perché, dato che il film ci mostra che la vita dopo la morte o è oscurità assoluta o indicibile violenza; è comprensibile che siano così arrabbiati, così marci, completamente privi di umanità.
Gli spiriti di Talk to Me sono come il demone che incontriamo ne L’esorcista – Il credente, vogliono solo fare del male. Gli obiettivi di Pazuzu (ma è sempre lui? Il film ci lascia volutamente il dubbio) sono, almeno in questo primo episodio della trilogia, nebulosi, abbozzati. Gli interessa l’anima della bambine o vuole entrare in contatto con Chris per ritrovare Regan? C’è qualcosa di più? Se in Talk to Me la crudeltà fine a se stessa degli spiriti sconvolge e stupisce, giocando con il fatto che un tempo questi siano stati esseri umani e che sia stato il semplice atto di morire a ridurli così (è un destino che toccherà anche a tutti noi? Questo si chiede lo spettatore), la natura maligna del demonio de Il credente è ormai scontata, è qualcosa che abbiamo visto decine e decine di volte, che ci tocca un po’ meno direttamente e finisce per risultare forse meno spaventoso.
Chiare regole per un universo orrorifico
Il mondo orrorifico delineato da Talk to Me è scandito da chiare semplici regole: se superi i novanta secondi di rituale è possibile che gli spiriti non vogliano più tornare nell’aldilà, se non si spegne la candela in tempo si resta posseduti, gli spiriti possono prendere le sembianze di chi vogliono e posso manipolare le nostre percezioni della realtà. Se ripensiamo all’approccio dato a possessioni ed esorcismi ne L’esorcista del 1973 ritroviamo questa semplicità, una certa chiarezza di intenti; in questo Il credente, invece, si moltiplicano i demoni, i posseduti, le fedi che praticano esorcismi, gli obiettivi si fanno nebulosi (del perché scelga, infine, una bambina rispetto all’altra ne abbiamo parlato nella nostra spiegazione del finale del film) e la storia sempre più confusa, come se ci fossero troppe idee, troppi spunti, e decisamente poco spazio per svilupparli.
L’impressione è che L’esorcista – Il credente abbia cercato di mantenere l’anima dell’originale pur adattandosi al pubblico di oggi, ed in questo tentativo si è fatto confuso, poco incisivo, lontano dalle atmosfere angosciose ed opprimenti che hanno fatto la gloria del primo capitolo. Talk to Me, invece, sembra essere pensato per il pubblico di oggi, e trova il linguaggio giusto per parlare con lui: colpisce anche il fatto che, per una volta, le vittime di questa storia siano assolutamente responsabili del loro destino, non bersagli innocenti di un male superiore. Questo, come vedremo, rende ancor più crudele il finale, dato che come spettatori sappiamo che sarebbe bastato veramente così poco perché i protagonisti si salvassero.
L’approfondimento dei personaggi e due finali senza speranza
E qui arriviamo ad un’altra della maggiori differenze tra Talk to Me e Il credente: l’approfondimento dei personaggi. In Talk to Me i protagonisti – ma anche i membri della loro più stretta cerchia di amici – vengono caratterizzati con grande cura, raccontandoci le relazioni che li legano ed il loro passato, permettendoci così di empatizzare con loro man mano che la narrazione procede. Rispetto a L’esorcista originale, invece, ne L’esorcista – Il credente i personaggi si moltiplicano: oltre alle due bambine possedute all’esorcismo partecipano ben sette persone, per le quali però – a parte che per Victor e sua figlia – non sentiamo alcun tipo di legame. Per questo il destino di Padre Maddox e di Kathrine finiscono per lasciarci un po’ indifferenti, perché non abbiamo avuto il tempo di creare una connessione emotiva con loro. Molto diverso è il finale di Talk to Me, altrettanto crudele ma a suo modo ben più sconvolgente, ci lascia infatti senza alcun tipo di speranza.
In qualche modo gli atti finali dei due film si assomigliano: ne L’esorcista Kathrine muore e la sua anima è perduta (la scena in cui viene trascinata via da delle creature dall’aspetto demoniaco è davvero angosciante), in Talk to Me, invece, la protagonista viene investita da un’auto ed è costretta a vagare in eterno nell’aldilà come fantasma, nell’attesa che qualcuno inizi il rituale con la mano e si metta brevemente in comunicazione con lei. Il credente si chiude in realtà su una nota leggermente più positiva, gli unici personaggi a cui ci eravamo realmente affezionati, Victor e sua figlia Angela, si salvano, cosa che mette inevitabilmente in secondo piano il terribile destino di Katherine. Per questo non ci sentiamo così coinvolti dalla seppur tragica conclusione de L’esorcista – Il credente e, nel complesso, il film ci ha toccato molto di meno rispetto a Talk to Me.
Talk to Me e Il credente, come vi abbiamo spiegato, hanno diversi elementi in comune, ma colpiscono lo spettatore in maniera completamente diversa: solo il primo riesce a terrorizzarci davvero, perché è l’unico veramente capace di catturarci e di trascinarci “all’inferno” con i suoi personaggi. Il film dei fratelli Philippou è stata una vera sorpresa è a differenza de L’esorcista – Il credente, che è purtroppo un deludente mix di clichè orrorifici già visti e rivisti, ci ha spaventato davvero: non possiamo che considerarlo, a pieno titolo, il miglior film horror di quest’anno.