Quello di Annabelle e The Conjuring è diventato il franchise horror più di successo di sempre prodotto da James Wan. Caratterizzato da villain spaventosi, protagonisti con motivazioni credibili e alcuni jump-scares terrificanti, il franchise di Wan offre sano divertimento, pur conservando elementi creativi del cinema d’autore. Annabel 2: Creation alza ancora di più la posta in gioco del franchise, dato che il regista David F. Sandberg si addentra nel passato dell’inquietante bambola, mettendolo in relazione al primo The Conjuring e allo spinoff The Nun. In questa spiegazione del finale di Annabelle 2: Creation, analizzeremo le scene mid-credits e post-credits del film, svelando al contempo la genesi del terrificante giocattolo.
L’origine di Annabelle
Nell’incipit di questo prequel, apprendiamo che Annabelle fa parte di una serie esclusiva di bambole della Mullins Toy Company, una piccola azienda gestita da Samuel Mullins negli anni ’40, molto nota nella sua comunità urbana. Scopriamo che, anche se la bambola era stata progettata come la numero 1 di 100, Mullins non ne produsse mai altre a causa di una tragedia personale – la morte della figlia – il che ha reso Annabelle un giocattolo davvero unico nel suo genere.
La figlia di Mullins era soprannominata Bee – che in seguito scopriremo essere l’abbreviazione di Annabelle – e venne uccisa investita da un’auto mentre tornava a casa dalla chiesa. La famiglia Mullins, disperata dopo la morte della figlia, riuscì a trovare pian piano conforto in quello che credevano essere il fantasma di Bee: un fantasma “discreto”, che si è approfittato del lutto di questi genitori per impossessarsi della bambola.
Da qui, tutto sembra andare bene, fino a quando, dodici anni dopo, i Mullins non decidono di ospitare nella loro casa alcune orfanelle dopo la chiusura del loro orfanotrofio, Janice, Nancy, Carol, Kate, Tierney e Linda. Lo spirito che abita la bambola inizia presto a manipolare le ignare ragazze affinchè lo liberino e arriva addirittua a possedere Janice, malata di poliomielite. Dopo una serie di scene terrificanti in cui lo spirito tenta di reclamare altre anime, Janice riesce a fuggire e a farsi adottare dalla famiglia Higgins, iniziando a farsi chiamare Annabelle. A questo punto, lo spirito ha apparentemente abbandonato la bambola, che viene portata via dalla polizia.
Il legame con il primo film di Annabelle
Il film termina 12 anni dopo, nel 1969, quando Annabelle, ormai cresciuta, uccide i suoi genitori adottivi, svolta che ci riporta all’inizio del primo film. L’Annabelle originale, uno spinoff di The Conjuring che spiega come la sua “star” sia finita nella collezione di oggetti infestati degli investigatori del paranormale Warren, segue per la maggior parte la neo-mamma Mia, perseguitata dalla terrificante bambola che vuole possedere il suo bambino appena nato.
Il film si apre proprio come finisce Creation, il giorno in cui Annabelle uccide gli Higgins; Mia riceve la bambola dal marito John e più tardi, quella notte, vengono svegliati dai loro vicini di casa che vengono aggrediti da due assalitori. L’uomo viene ucciso dalla polizia, ma la donna – Annabelle Higgins – prende la bambola e le taglia la gola, con una goccia del suo sangue che finisce nell’orbita dell’occhio. In seguito si scopre che i due erano “Discepoli dell’Ariete”, un culto incentrato sulla resurrezione dello spirito attraverso sacrifici rituali. È implicito che gli omicidi iniziali abbiano portato l’Ariete ad Annabelle e ai suoi successivi tentativi di possedere la figlia di Mia.
Creation lega così la sua storia, per lo più autonoma, alla più ampia mitologia tramite il finale. I fan avranno notato il nome Higgins e come il personaggio di Janice sia cresciuto fino ad essere interpreato dall’attrice che aveva dato il volto alla precedente Annabelle, ma il vero colpo di scena arriva con la rivelazione di Mia (interpretata da Annabelle Wallis, la protagonista del film originale). Come la maggior parte dei prequel, si tratta di un legame stretto con l’originale.
Naturalmente, il prequel riformula in qualche modo ciò che abbiamo visto nel 2014. Ora sappiamo che Annabelle Higgins è in realtà una Janice posseduta, il che significa che, piuttosto che cercare di resuscitare il Ram, lei e il suo complice stavano tentando qualcos’altro; probabilmente di trasferire la sua anima in un altro veicolo, usando prima la bambola come contenitore. Il motivo non è stato chiarito, ma è probabile che si tratti di una questione legata all’età, dato che le conquiste successive dello spirito riguardano i bambini, le cui anime sono più pure o più facili da sconfiggere.
Cosa significa questo legame?
Passiamo ora alla questione del ritorno della bambola. Alla fine del capitolo dedicato al 1957 in Creation, è implicito che la bambola è ora libera da tutte le forze nocive, ma in qualche modo viene reinserita nella storia di Ram dodici anni dopo, quando riappare magicamente e Annabelle se ne riappropria. È una coincidenza fondamentale che la Janice potenziata dall’Ariete e la bambola precedentemente posseduta si ritrovino nello stesso quartiere: come è successo e, se questa è solo un contenitore, perché è ancora importante? La scena mid-credits potrebbe fornire una spiegazione più approfondita ma, prima di tutto, vale la pena sottolineare che ci sono altri collegamenti tra Annabelle: Creation e la più ampia mitologia di The Conjuring. Il Ram prende il controllo di Janice vomitandole in bocca una sostanza vischiosa e nera, proprio come la madre di The Conjuring era posseduta dal demone di quel film; inoltre, l’inganno di accogliere uno spirito in un contenitore per poi scoprire che si tratta di una forza oscura è stato un trucco ripetuto dai demoni dell’universo.
Perché Annabelle non si muove?
Contando il suo breve cameo in The Conjuring 2, questo è il quarto film in cui compare Annabelle. Nel corso della serie, le specifiche dei suoi poteri e della natura della possessione sono variate (come già detto, solo in Abbanel 2: Creation abbiamo avuto molti cambiamenti sostanziali), ma in tutti i casi c’è stata una costante rigorosa: non si vede mai la bambola muoversi. Le ragioni di questa scelta dovrebbero essere ovvie per qualsiasi appassionato di horror. Una bambola dell’orrore diventa ancora più spaventosa se può fissare impassibile i protagonisti – e il pubblico – con i suoi gelidi occhi di vetro mentre, nel momento in cui inizia a saltellare come una marionetta, diventa ridicola. Come tutti i buoni film dell’orrore, questa scelta sembra far parte di un insieme esplicito di regole inquietanti. Il primo Annabelle ha quasi tentato di infrangerle, facendo levitare la bambola e muvendola, ma è stato subito rivelato che si trattava delle azioni di Ram e di un gioco da ragazzi. Creation non cerca neanche di spingersi in quella direzione, lasciando Annabelle immobile fino alla fine del film.
La scena mid-credits
La scena mid-credits del film è, a prima vista, incredibilmente semplice: un lento zoom su Annabelle, per caricare la tensione prima che questa si giri bruscamente verso la cinepresa, seguita da una dissolvenza in nero. Naturalmente, è molto probabile che sia stata concepita come una chiusa divertente per spaventare ulteriormente il pubblico, piuttosto che di qualcosa di narrativamente sostanziale; tuttavia, questo potrebbe spiegare perché la bambola è tornata nella storia di Ram nel film originale e allude a un legame simbiotico più profondo tra i due. Sebbene i sacerdoti affermino che la bambola è ormai priva di qualsiasi forza malvagia, non c’è nulla che faccia pensare che questo sia vero: in tutta la serie la chiesa è stata mostrata come imperfetta. Il movimento suggerisce che, sebbene il Ram sia stato eliminato, c’è un male residuo più profondo in Annabelle che la lega allo spirito oscuro. Ciò conferisce alla bambola inquietante una maggiore autonomia e un ruolo nella narrazione degno della sua importanza iconica.
La scena post-credits
La scena post-credits di Annabelle 2: Creation chiude il cerchio dandoci una vera e propria anticipazione diretta di The Nun. Un’unica inquadratura statica mostra un corridoio illuminato da candele nell’Abbazia di Santa Carta nel 1952; le luci lungo il corridoio iniziano a spegnersi misteriosamente prima che il volto spettrale della suora appaia dall’ombra. Prima dell’uscita di The Nun, si sapeva già che il film sarebbe stato ambientato in Romania, ma questa scena nello specifico ha fornito una localizzazione geografica e temporale ai fan. Il monastero di Carta è una chiesa realmente esistente, il che ha permesso alla serie di giocare con la verosimiglianza e stuzzicare l’attenzione degli spettatori ambientando Creation nel 1957, solo cinque anni dopo The Nun.