Presentato in concorso alla 79ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Blonde porta sullo schermo la vita di Marilyn Monroe, come non l’abbiamo mai vista. Il film, diretto da Andrew Dominik, prende infatti ispirazione dal romanzo omonimo del 1999 di Joyce Carol Oates e mostra, in ogni sua scena, quello che è il personalissimo punto di vista dell’intramontabile icona. A Venezia abbiamo fatto due chiacchiere con il regista australiano per scoprire qualche retroscena sulla pellicola, in arrivo il 28 settembre su Netflix.
La realizzazione del film
Le riprese del film sono iniziate nel 2019, precisamente il 4 agosto, anniversario della morte di Marilyn. Coincidenza o una scelta intenzionale?
Iniziare le riprese nell’anniversario della sua morte non era pianificato, anzi, ce ne siamo resi conto solamente il giorno prima. Però forse questo ci ha permesso di sentirla ancora più vicina. Abbiamo girato nello stesso appartamento in cui viveva con la madre e la stanza in cui Marilyn muore nel film è proprio dove la donna è morta realmente. È stato un po’ come fare una seduta spiritica.
Ha avuto la sensazione che Marilyn fosse sul set?
Sì, io ho percepito fortemente la sua presenza. Alla fine delle riprese, mi sono sdraiato sul suo letto e ho avvertito la profonda disperazione che lei provava in vita. Il legame che sentivo di avere con lei durante le riprese era un legame con la persona reale, con la Norma Jean dietro Marilyn. Non so se voi ci credete, ma io sono fermamente convinto della possibilità di comunicare attraverso la psiche.
La pellicola è basata sull’omonimo romanzo del 1999 di Joyce Carol Oates. Che rapporto ha avuto con l’autrice durante la realizzazione del film?
Non l’ho mai incontrata, ci ho parlato solo tre o quattro volte per telefono. Le ho mandato il copione e fatto vedere il film, che ha apprezzato, ma non abbiamo avuto una relazione creativa.
Come è stato avere Brad Pitt in qualità di produttore?
Brad Pitt è il miglior marchio che il film potesse avere, è uno dei motivi per cui Blonde esiste. Si è forse impegnato di più nella produzione di questo film rispetto a molti altri in cui ha recitato.
La scelta di Ana de Armas
Cos’ha trovato in Ana de Armas che rispecchiasse Marilyn?
Ho visto Ana de Armas in un film in televisione (Knock Knock, 2015) e in lei ho rivisto Marilyn: stesso viso, stesse pieghe a livello delle guance, stessi occhi, stesso naso. Emanava quella luce particolare che aveva Marilyn e sullo schermo brillava solo lei. È stato un po’ come un amore a prima vista.
Come mai ha scelto di farle girare come prima scena quella con Bobby Cannavale (Joe DiMaggio nel film)?
Ho scelto quella particolare scena perché in essa ci sono delle svolte fondamentali, oltre a contenere molti dialoghi. Ho pensato che, se Ana fosse stata in grado di sostenere una scena del genere, allora sarebbe stata l’attrice giusta per il ruolo. Non mi sbagliavo.
Tra realtà e finzione
Marilyn Monroe ha avuto davvero una relazione con Charlie Chaplin Jr.?
Il film non è una biografia. Marilyn Monroe ha avuto sì una relazione con Charlie Chaplin Jr. e anche con il figlio di Edward G. Robinson (come si vede nel film), ma non insieme e non in quel momento particolare della sua vita.
Può dirci qualcosa sulle scelte fatte su John F. Kennedy? È quasi un santo per gli americani e nel film ci sono delle scene molto forti.
Blonde è pura finzione e porta sullo schermo comunque sempre il punto di vista di Marilyn, sia negli eventi sia nei rapporti con gli altri personaggi. L’unica relazione reale nel film è quella che intercorre tra lo spettatore e Marilyn. Non vi è quindi alcuna intenzione di essere giusto o duro nei confronti di John F. Kennedy. In generale, tutte le scene presenti nel film rappresentano ciò che io ho capito su di lei; in questo senso, Blonde è un tentativo di salvare Marilyn.
Sulla morte di Marilyn è stato detto di tutto. Per lei si è sicuramente uccisa?
Sì, a mio parere l’ipotesi più probabile è che sia stata un’overdose accidentale, una sorta di suicidio quindi. Non credo assolutamente alla tesi dell’omicidio.
La donna e l’icona
Cosa rappresentava Marilyn per le persone?
Marilyn era (e continua a essere) un oggetto del desiderio; e questa è una cosa estremamente pericolosa che capita a molte icone. Quando sei un simbolo, le persone non interagiscono con te ma con la fantasia che hanno di te. Questo spesso porta a forme di autodistruzione: in questo caso ha condotto Marilyn all’overdose accidentale.
Centrale nel film è il tema del dolore, che Norma Jean cerca di mettere a tacere indossando la maschera di Marilyn. La scelta di alternare in bianco e il nero al colore rappresenta questa dualità?
No, bianco e nero e colore non vogliono rappresentare questa dualità. L’idea visiva alla base del film è semplicemente quella di ricreare le immagini reali che esistono di lei; se fate una ricerca su Google potete trovarle facilmente. Non solo: l’obiettivo di Blonde è quello di attribuire alle cose un significato differente da quello che hanno in realtà; ad esempio il brano Bye, Bye Baby è un rimando al tema dell’aborto.
A proposito dell’aborto, ci dica qualcosa sui dialoghi con il bambino mai nato che si vedono nel film
Norma Jean era una bambina non voluta, quindi il bambino non nato ha rappresento per lei qualcosa di reale, per questo lo possiamo vedere nel film. Il concetto di maternità per Marilyn è conflittuale: vuole avere il bambino per risolvere il suo trauma d’infanzia, per riappropriarsi di una figura genitoriale che non ha mai avuto. Allo stesso tempo, la disastrosa esperienza con sua madre le fa temere che certe dinamiche possano ripetersi anche con una sua eventuale maternità.
Abbiamo ancora bisogno di Marilyn
Perché, ancora oggi, abbiamo bisogno di Marilyn Monroe?
Marilyn Monroe era ed è un grande personaggio, una sorta di Afrodite, una dea americana dell’amore. La sua presenza è forte ancora oggi, perché lei aveva tutte quelle caratteristiche che la società contemporanea considera desiderabili: era famosa, era bella e aveva successo nel lavoro. Tutte queste cose, però, l’hanno poi portata al suicidio; quindi forse c’è qualcosa di sbagliato in tutto ciò.
Che cosa rappresenta per lei Marilyn?
Mi piace l’idea di Marilyn che porto dentro di me. In qualche modo la amo, amo la donna reale che era.