Come è stato ribadito più volte dal regista stesso, Bones and All è una storia d’amore. Quando un racconto si concentra così attentamente solo sull’investigazione del rapporto tra due personaggi è bene che i motivi che li spingano a incontrarsi e intrecciarsi siano forti abbastanza da legare a loro anche lo spettatore. Colui che guarderà a quella relazione da lontano, dovendo solleticargli la voglia di poterne far parte.
La pellicola di Luca Guadagnino ci riesce, sapendo puntare non tanto (o comunque non solo) sull’anima teen del progetto che si basa sul romanzo omonimo di Camille DeAngelis, ma amplificando quelli che possono essere i sentimenti di giovani uomini e giovani donne che stanno entrando nel mondo degli adulti, rendendosi conto di essere sempre più soli. È il colmare questa percezione di vuoto che il film si prefissa, soprattutto in riferimento ai suoi Maren e Lee. Protagonisti interpretati da Taylor Russell e Timothée Chalamet, i quali insieme devono restituire l’armonia di un’unione come non ce ne sono altre. Come accade quando si incontra il primo amore.
Bones and All: la solitudine della giovinezza
Il tema principale di Bones and All è il senso di isolamento che chiunque è portato a provare almeno una volta nella vita e che per i protagonisti del film rappresenta una condizione costante e unica al mondo. La loro solitudine, infatti, è causata dal far parte di una specie di persone circoscritte, portate non necessariamente a legarsi agli altri, ma sicuramente a mangiarli.
L’essere cannibali di Lee e Maren è la principale causa dell’infelicità dei giovani ed estende quel senso di esclusione e incapacità di immettersi in un tessuto sociale e reale in cui tantissimi, soprattutto non-cannibali, possono riconoscersi. Il trovarsi reciprocamente dei ragazzi è una gioia non solamente in riferimento all’esaltazione che può farci provare la prima cotta, ma si radica nei protagonisti da subito in sentimenti ben più profondi di quanto potrebbe essere per i loro coetanei, a causa di una mancanza di appartenenza che, invece, troveranno l’una nell’altro.
Qualcuno che ci assomiglia
Appartenersi per i personaggi di Timothée Chalamet e Taylor Russel significa aver scovato un proprio simile e sapere finalmente di non essere più soli al mondo. È vedersi come outsider, ma sapere di esserlo insieme. È la grande prova di un amore che è puro e tale quando riscontra in colui o colei che si ha di fronte una parte conosciuta e sconosciuta di sé. Conosciuta quando si tratta di scoprire qualcuno che ci assomiglia. Sconosciuta perché non ci aveva mai fatto sentire in quell’inaspettato, caloroso e avviluppante modo.
Non è un caso che i cannibali di Bones and All possano riconoscersi utilizzando uno dei sensi che, più degli altri, accende le sinapsi e ci lega immediatamente ai ricordi. È tramite l’odore che si possono rintracciare tra loro ed è grazie a questo che possono capire in chi poter trovare un proprio alleato – anche se non sempre o non necessariamente. È un potere collegato alla pelle, che per antonomasia si impregna degli alimenti che ingeriamo, i quali sprigionano quell’effluvio che li rende peculiari in mezzo alla gente poiché tutti memori (anche qui mettendo in ballo i ricordi) di aver dovuto mangiare carne umana per poter rimanere in vita.
Consumare i pasti e l’amore
Ed è proprio il passo successivo del consumare che rende ancora più stretto un patto che i cannibali possono stringere tra di loro e che Maren e Lee porteranno ad un livello sia sessuale, sia interconnesso all’atto medesimo del trangugiare. Se il personaggio di Sully interpretato da Mark Rylance rimprovera alla protagonista di averlo abbandonato dopo aver addirittura cenato insieme, pappandosi il corpo morto di una povera vecchietta, così la ragazza sentirà una vicinanza estrema con il Lee di Timothée Chalamet nel momento in cui cominceranno a procacciarsi insieme i pasti.
Sully si è sentito tradito da quell’atto di condivisione che, per lui, aveva un’importanza vincolante e che invece Maren ha spezzato preferendo proseguire da sola. Andando inoltre a nutrisi insieme a Lee, un’altra persona, e rendendo quel gesto una dinamica consolidata nel loro rapporto, scegliendo di farlo con attenzione, ma sempre insieme, come parte integrante della loro nuova vita di coppia.
(Ri)trovarsi sul grande schermo
È proprio vero, dunque, che Maren e Lee sono da soli contro tutti. Sono combattenti per la loro stessa vita, che non è quella che avevano chiesto, ma che sono decisi di percorrere fino alla loro fine. Insieme. È l’amore che ci fa riconoscere nell’altro e che si espande al punto da diventare simbolo del cinema stesso, in cui vede un pubblico che può accedere alla relazione dei protagonisti per sentirsi a propria volta meno abbandonato.
È la complicità che dalla sceneggiatura di David Kajganich passa per l’interpretazione di Timothée Chalamet e Taylor Russell, di cui rimaniamo stregati per la sintonia recitativa e sentimentale, ma ancor più per una cifra romantica che spazza via ogni rivolo di sangue. O meglio, lo rende parte integrante della loro storia d’amore, dal divorare gli esseri umani all’adorarsi come nessuno in precedenza aveva mai fatto.