Brooklyn, film del 2015 non è ispirato a una storia vera, ma prende spunto dalle esperienze d’infanzia dello scrittore irlandese Colm Tòibin, autore del romanzo da cui è tratta la pellicola. Peraltro, la storia di Eilis, donna irlandese single che cerca fortuna nella New York City degli anni ’50 del ‘900, riecheggia l’esperienza di molti individui che proprio come lei, partirono in cerca di fortuna alla volta degli Stati Uniti, arrivando a formare negli anni una comunità molto numerosa e solida.
Tòibin, autore prolifico e molto legato alla sua terra, ha così spiegato, in un’intervista al Guardian l’origine del romanzo, tracciandone la genesi in una storia di paese raccontata da una donna: “Mi ricordo che, dopo la morte di mio padre, telefonavano tutti per farci le condoglianze, e c’era questa signora che mi parlava sempre di sua figlia, e di Brooklyn“. Il tema dell’esilio è centrale nella poetica dell’autore che, lasciata la terra natia nel 1975, ha trascorso tre anni in Spagna, prima di tornare in Irlanda, dove vive tuttora. A proposito del suo romanzo, Tòibin ha inoltre specificato: “I luoghi in cui è ambientato sono reali, anche se invece i personaggi sono tutti inventati. Ma non è questa la cosa importante; l’immaginazione resta sempre e comunque un territorio proibito e inesplorabile“.
Il contesto storico in cui la vicenda si svolge è quello della grande immigrazione irlandese del dopoguerra. Al termine del secondo conflitto mondiale, infatti, l’Irlanda, in quanto paese neutrale, non beneficiò degli aiuti del Piano Marshall, e la sua economia rimase sostanzialmente basata sull’agricoltura. In tutti gli anni ’50, quasi 50.000 irlandesi emigrarono negli Stati Uniti, un quarto di loro solo a New York. Ad accoglierli essi trovarono un’infrastruttura comunitaria già consolidata; la carestia del 1840, infatti, aveva costretto frotte di irlandesi a cercare fortuna negli States; i nuovi immigrati avrebbero, nel giro di pochi anni dato nuova linfa all’economia cittadina, facendo nascere diverse imprese e creando una gran quantità di posti di lavoro. L’enclave irlandese, in poco tempo, sarebbe insomma divenuto il fulcro del tessuto sociale cittadino: William O’Dwyer, ad esempio, fu sindaco della città dal 1950 al 1952, il centesimo uomo a ricoprire questa carica, mentre la Chiesa Cattolica ebbe nel cardinale Francis Spellman (1889 – 1967), uno dei suoi esponenti più politicamente influenti.

Sin dalla prima ondata, particolarmente elevato fu il numero di donne che emigrarono dall’Irlanda; proprio come la protagonista del film, molte di esse avrebbero trovato impiego in empori, supermercati, fabbriche e ristoranti, senza dimenticare la fetta di forza lavoro dedicata all’istruzione, appannaggio quasi esclusivo delle figure religiose. La Chiesa, peraltro, rappresentava il vero motore dell’economia nel paese; Eilis, come mostrato nel film, trova infatti impiego in negozio grazie all’intercessione delle autorità religiose: “All’epoca, era la Chiesa il vero ufficio di collocamento, l’unica vera multinazionale transatlantica. Per un irlandese, l’America era un mondo nuovo. La Chiesa, però, era sempre quella. Rappresentava l’unico collegamento con la vita di prima, e fungeva da conforto“, ha dichiarato a Time lo storico Peter Quinn.
Analogamente, l’infrastruttura fornita dalle istituzioni religiose fungeva anche da collante sociale. Eilis, come molte sue coetanee realmente esistite, conosce il suo futuro fidanzato, l’italo americano Tony, durante un ballo parrocchiale. Si trattava di eventi durante i quali uomini e donne potevano conoscersi, sotto la supervisione attenta del sacerdote di zona; il consumo di alcol era bandito, assicurando quindi un ambiente affidabile e maggiormente protetto; peraltro, i matrimoni tra emigrati irlandesi e italiani non erano infrequenti: “All’epoca, se si parlava di matrimonio inter culturale, ci si riferiva a unioni tra irlandesi ed italiani, piuttosto che a matrimoni tra bianchi e neri”.
La protagonista del romanzo di Tòibin e del film Brooklyn ad esso ispirato, deciderà poi di tornare nella terra natia, a seguito di un grave lutto, per poi rimanervi. Una circostanza che non trova particolare riscontro nella Storia: “Per gli immigrati era davvero raro tornare in Irlanda in pianta stabile; di solito si limitavano a mandare denaro ai parenti rimasti là”.