Il film Cattive acque è realmente ispirato a una storia vera, quella del cosiddetto scandalo del Teflon che vide coinvolta in una causa legale la ditta la Dupont de Nemours & co, accusata di aver sversato rifiuti tossici in acqua, con gravi conseguenze sull’ambiente e sulla salute di molte persone. Andiamo quindi a scoprire qualcosa in più della vicenda su cui è basata la pellicola diretta da Todd Haynes.
Il film racconta l’inchiesta portata avanti dall’avvocato societario Robert Bilott (interpretato da Mark Ruffalo) alla fine degli anni Novanta contro la multinazionale DuPont, accusata di aver usato sostanze tossiche nei propri prodotti e di aver gettato rifiuti nocivi nell’acqua. La battaglia che coinvolge la Dupont de Nemours & co ebbe origine con la denuncia di un contadino della Virginia: Wilbur Tennant, dopo aver notato un inusuale incremento di morte dei suoi animali fra atroci sofferenze, si rivolse all’avvocato Billott, ipotizzando che le acque da cui si abbeveravano le bestie fossero contaminate.
Il colosso mondiale di DuPont costruì gran parte del suo successo grazie all’utilizzo del teflon (per intenderci, il materiale di rivestimento che si usa per pentole e padelle antiaderenti, ma non solo), un materiale potenzialmente cancerogeno. Il prosieguo della battaglia legale ha fatto sì che l’Epa, l’agenzia di protezione ambientale statunitense, chiedesse a DuPont di abolirne l’utilizzo. L’azienda, pur dichiarando di non aver alcuno studio che connetta in modo diretto il materiale a un rischio effettivo, ne ridusse in modo drastico l’utilizzo, almeno ufficialmente.
A dare il volto all’avvocato Robert Billot è l’attore e attivista ambientalista Mark Ruffalo, che ha acquistato i diritti dell’articolo d’inchiesta The Lawyer Who Became DuPont’s Worst Nightmare, firmato da Nathaniel Rich e pubblicato dal New York Times Magazine nel 2016. L’attore ha poi dichiarato a Variety: “Mi è sembrato come se l’articolo non potesse entrare in tutti i dettagli. Volevo girare un film e raccontare storie di persone reali in lotta in prima linea per la loro vita ogni singolo giorno e di cui non sentiamo mai parlare. E questo per me è stato un modo di prendere la mia forma d’arte e non essere politico, ma umano”.