Il rombo di un tuono in lontananza. Sembra si stia avvicinando una tempesta, anche se quello che siamo osservando è un giorno di sole. Disteso sull’asfalto di una strada, la bicicletta a terra, c’è Donnie Darko, un ragazzo che lentamente riprende conoscenza, si rialza come se si fosse appena svegliato da una dormita, risale sulla bicicletta e torna a casa.
Inizia subito con l’alone di mistero e la sensazione di qualcosa di sfuggente il film il cui titolo è il nome del protagonista interpretato da Jake Gyllenhaal. Diretto dall’esordiente (e giovanissimo, poco più che ventenne) Richard Kelly, Donnie Darko è presto diventato, sin dalla sua uscita nel 2001, un film cult. E oggi continua a esserlo.
Merito di una trama intrigante, a cavallo tra la fantascienza, l’horror, la commedia e il dramma, impossibile da riassumere in poche definizioni e la capacità di inserirsi prepotentemente nell’immaginario collettivo, soprattutto delle generazioni più giovani. La storia del giovane Donnie, liceale maturo ma disadattato, che deve impedire l’Apocalisse, pronta ad avvenire entro 28 giorni è un insieme di metafore, enigmi e misteri, non tutti pronti a essere risolti. Perché, diciamolo subito, il grande fascino di questo film sta proprio nel non offrire risposte certe allo spettatore, al contrario della versione director’s cut del 2004 che, complice una ventina di minuti in più e un montaggio leggermente diverso rende la storia più esplicita e chiara, ma perdendo irrevocabilmente di qualità.
Perché la bellezza di questo film sta nel poter essere rivisto continuamente, cogliere ogni volta qualche aspetto inedito, ma lasciandosi attrarre dalla confusione, a volte senza significato, della vita stessa. È uno dei leitmotiv del film.
Ma se, arrivati ai titoli di coda, tutto appare ancora più fumoso del previsto, ecco la nostra spiegazione del finale dei film, per cercare quantomeno di mettere un po’ d’ordine nella trama ordita da Richard Kelly.
Cosa succede nel finale di Donnie Darko
Dopo una serie di strani eventi, tra cui alcune allucinazioni che hanno messo a dura prova la già labile psiche del nostro protagonista, avvenuti durante i 28 giorni della profezia, Donnie, con la sua ragazza Gretchen, partecipa a una festa di Halloween, approfittando dell’assenza dei propri genitori. Una serata apparentemente normale cambia radicalmente allo scoccare della mezzanotte, quando Donnie torna ad accusare, stavolta in maniera più violenta, le sue visioni. Pronti a impedire la fine del mondo, Donnie e Gretchen si precipitano a casa di Roberta Sparrow, soprannominata Nonna Morte dalla comunità, che è anche l’autrice del libro sui viaggi nel tempo che Donnie aveva letto, trovando alcuni punti in comune con la sua vicenda. Nella cantina della casa di Nonna Morte, però, si imbattono in due compagni di scuola con cui sfiorano la rissa.
Improvvisamente, un’auto sbuca dalla strada, investendo e uccidendo Gretchen. Si scoprirà subito che il ragazzo che l’ha investita è Frank, il personaggio che aveva tormentato Donnie vestito da coniglio e che in una delle sue visioni appariva senza un occhio. Preso dalla rabbia, ma anche consapevole di star chiudendo il cerchio, Donnie lo uccide, sparandogli proprio all’occhio destro, quello mancante nella visione. Mentre torna a casa tenendo in braccio Gretchen, Donnie vede che il cielo sta lasciando presagire l’arrivo di una tempesta, con nere nubi all’orizzonte. Il film si conclude con la caduta del reattore dell’aereo, come a inizio film, sulla camera di Donnie, stavolta uccidendolo. È di nuovo il 2 ottobre 1988, il giorno in cui la storia ha avuto inizio e, a suo modo, Donnie ha davvero evitato la fine del mondo, sacrificandosi per amore.
I simboli nascosti
Giocando con la struttura stessa della narrativa, Richard Kelly regala agli appassionati una sequenza finale ricca di simbolismi, che svelano la natura anche compiaciuta del film. A partire dalla presenza di Nonna Morte, osservatrice passiva degli eventi che accadono nel cortile di casa sua (e soprattutto della morte di Gretchen, evento scatenante della scelta conclusiva di Donnie) e personaggio che, grazie al libro intitolato La filosofia del viaggio nel tempo offre una chiave di lettura di tutto il film, poi resa ancora più esplicita nella Director’s cut, anche allo stesso protagonista.
L’auto guidata da Frank, che sembra arrivare all’improvviso senza un reale motivo se non quello di portare avanti la narrazione e creare il colpo di scena, è un vero e proprio deus ex machina, come lo stesso protagonista pronuncerà ad alta voce. Nella narrativa, il Deus Ex Machina è quella funzione che risolve l’intreccio in maniera inaspettata, come fosse un caso fortuito e fuori dalla logica della storia, senza seguire un vero rapporto tra causa ed effetto. Letteralmente significa “divinità che scende dalla macchina“, come l’azione dello stesso Frank (il cui costume da coniglio per tutta la durata del film aveva un significato quasi divino) poco dopo aver investito Gretchen. Un gioco di parole che Kelly usa quasi a voler mettere in mostra l’impianto narrativo per divertirsi con lo spettatore.
Non tutte le domande hanno una risposta
Come abbiamo detto precedentemente, Donnie Darko vive grazie all’irrisolvibile e all’assenza di una risposta precisa dettata dalla logica. Come fosse un sogno (o un incubo, “Svegliati!” è la prima parola che sente Donnie a inizio film) che contagia lo spettatore, immergendolo al suo interno. Si potrebbe leggere tutto il film, quindi, come una realtà alternativa causata da un vortice spazio-temporale. Oppure, si potrebbe riassumere la storia della fine del mondo come un loop temporale interrotto e aggiustato dalle scelte del protagonista, come un novello supereroe. Ma in un film dove non tutte le domande hanno una risposta precisa è bene lasciarsi trasportare dal dubbio, nell’incertezza di aver seguito una storia sfuggente ma precisa e ordinata oppure di essersi lasciati trasportare dal caos.
È la divinità (Frank) che usa gli abitanti di Middlesex per evitare la fine del mondo o sono gli abitanti a cambiare davvero le cose?
Di certo è che il film racconta un mondo adulto che sottomette e distorce le generazioni successive (vedasi l’inquietante balletto a scuola delle ragazzine), che cerca di semplificare la complessità delle leggi che governano il mondo. Per loro la vita si divide in Paura e Amore, quasi gli stessi ingredienti che compongono il film, tra le allucinazioni di Donnie e la relazione con Gretchen. E forse, il significato del film sta tutto in quella ribellione di Donnie nei confronti della sua professoressa, perché lo spettro delle emozioni umane è più complesso di questa semplice dicotomia. Il giovane che sembra capire e accettare il mondo più degli adulti: simbolo di un film cult generazionale.