Diretto da Robert Zemeckis e con protagonisti Tom Hanks, Robin Wright, Paul Bettany e Kelly Reilly, Here è una riflessione profonda e delicata sulla vita umana, sulle sue sfumature, i suoi cambiamenti e la permanenza di certi sentimenti attraverso le epoche. La pellicola prende il via dalla preistoria: inizia infatti con l’incontro di un uomo e di una donna nativi americani in un angolo remoto della Terra e giunge fino ai giorni nostri, esplorando diverse generazioni che abitano la stessa casa, situata in quel medesimo punto che non cambia mai, nonostante il tempo che scorre. L’idea di Zemeckis, come anche lo sviluppo narrativo, è chiara: la casa, il suo soggiorno, diventano testimoni di un numero infinito di storie umane che si intrecciano e si susseguono nel corso dei secoli, pur restando immutabili, quasi intoccabili. Al centro, l’amore, il dolore, la perdita e la continua ricerca di un equilibrio tra passato e futuro. Solo alla fine, la macchina da presa si sposta, segno che qualcosa di importante si è compiuto. Ma come si arriva a questo movimento finale e cosa rappresenta davvero? Scopriamolo insieme nella nostra spiegazione del finale di Here…
La casa come testimone del tempo
Il film, seppur privo di una trama lineare, costruisce un affresco complesso di emozioni, vite che si intrecciano e che si evolvono nel corso dei millenni. Da un punto di vista narrativo, il fulcro si trova in un angolo ben preciso, in un luogo che diventa il cuore pulsante di tutte le storie: qui, in quella casa che cambia forma in continuazione, si susseguono innumerevoli famiglie e personaggi. Tra questi spiccano i protagonisti principali, Richard e Margaret Young, che con il passare degli anni vedono il cambiamento delle proprie vite, ma anche l’evoluzione del concetto di casa e famiglia. Ogni generazione è infatti il risultato della precedente, un rimando continuo che attraversa la storia degli Stati Uniti e del mondo intero. Ma, soprattutto, una riflessione sul peso del passato e sul tempo che trascorre inesorabile.
Come finisce Here? Il movimento finale della camera
L’aspetto più significativo ed evocativo del finale di Here è senz’altro rappresentato dal movimento della macchina da presa, che, fino a quel momento, era rimasta immobile, ancorata a un punto fisso all’interno della casa. Questa immobilità iniziale, quasi come una metafora della stabilità e della rigidità del passato, crea una sensazione di staticità che accompagna lo spettatore lungo la visione, riflettendo sulla routine quotidiana e sulla permanenza degli oggetti e degli ambienti. La telecamera, che si è mantenuta rigorosamente su un piano statico per tutta la durata del film, si sposta per la prima volta in maniera significativa quando Richard, ormai anziano, prende la decisione di portare sua moglie Margaret, che soffre di Alzheimer, nella casa dove avevano trascorso gran parte della loro vita insieme. La scena segna un punto di svolta, in cui il passato e il presente si intrecciano, e l’immobilità cede il passo a un movimento che pare voler scoprire, o meglio, rivelare, qualcosa di più profondo.
In questo momento cruciale, attraverso una sorta di flashback o di evocazione, Margaret riesce a ritrovare un frammento di sé, un ricordo che emerge improvvisamente dal passato. È un momento emozionante, in cui la sua mente, seppur segnata dalla malattia, sembra risvegliarsi e riconoscere nuovamente la casa come un luogo che le appartiene. La sua memoria, pur frammentata, riacquista un barlume di chiarezza, e la casa, che per lei rappresentava un tempo di vita condivisa, diventa un simbolo tangibile del suo passato, un rifugio affettivo che ancora una volta riesce a farla riconnettere con la propria identità. Questo atto di risveglio emotivo, fragile eppure carico di significato, trova la sua culminazione nell’immagine potente della macchina da presa che, per la prima volta nel film, si sposta all’esterno, uscendo dai confini della casa. Questo movimento verso l’esterno non è solo un cambiamento fisico della prospettiva, ma una sorta di omaggio alla memoria e alla sua natura evanescente, così come alla fragilità della vita umana, che nonostante le sue difficoltà e il suo continuo scorrere, lascia dietro di sé tracce che si intrecciano nel tempo. Il movimento della macchina da presa, dunque, si carica di un significato più profondo: è il passaggio dalla chiusura del mondo interiore di Margaret alla vastità di un mondo esterno che continua a esistere, andando oltre la dimensione intima della casa, ma sempre ricollegato ad essa attraverso i ricordi e la memoria.
Il significato del finale: la vita è un ciclo
La riflessione sul tempo e sulla memoria che il film suggerisce attraverso il suo movimento finale è intrisa di una profondità simbolica che ci invita a considerare la transitorietà della vita. La casa, pur rimanendo immutata nel suo aspetto fisico, si fa testimone di tutti i cicli che segnano l’esistenza umana, racchiudendo nelle sue pareti le storie e le vicende di chi l’ha abitata. La scomparsa di Richard e Margaret, con le loro difficoltà e il loro amore, si riflette in ogni generazione che ha attraversato quel salotto, creando una sorta di continuità invisibile che trascende il tempo. In questo senso, il finale di Here ci invita a riflettere su ciò che rimane quando tutto è passato, portandoci a considerare il concetto di memoria: essa non è mai staticamente ferma, ma, proprio come la casa, si intreccia e si sovrappone, pur restando saldamente legata al continuo movimento del tempo che non si arresta mai.
Allo stesso tempo, il cambiamento della prospettiva che la telecamera ci offre, quando ci permette di vedere il mondo al di là della casa, rappresenta simbolicamente il concetto di continuità della vita: nonostante la morte e il dolore, la vita continua e il ciclo dell’esistenza si rinnova. Questa transizione visiva non è soltanto un espediente cinematografico, ma un’interpretazione della condizione umana, che ci fa comprendere che la vita non si ferma mai, nemmeno quando gli individui che l’hanno vissuta scompaiono. Il piccolo colibrì, che compare nel finale e che già era stato presente nelle fasi iniziali del film, diventa così il simbolo tangibile della perpetuità della vita, un ciclo che si rinnova incessantemente, senza mai fermarsi, proprio come il fluire del tempo.
La storia americana e dell’umanità
Attraverso la storia di Richard e Margaret, Zemeckis ci invita a riflettere anche sul significato della casa come simbolo dell’identità e della memoria storica di una nazione. La casa di Here diventa infatti un microcosmo che riflette il cambiamento della società americana, dalle sue origini più primitive, passando attraverso il periodo coloniale, la guerra civile, fino al secolo scorso e ai giorni nostri. È un invito a considerare come ogni vita sia, in fondo, una risposta a ciò che è accaduto prima, ma anche una sfida a come affrontare ciò che verrà.