Il filo nascosto non è ispirato a una storia vera ma gli elementi reali di ispirazione sono stati molteplici, e tra tutti le figure dello stilista Cristobàl Balenciaga e del sarto Charles James. Il film infatti ruota attorno alla relazione disfunzionale tra Reynolds Woodcock (Daniel Day Lewis) un sarto di alta scuola, incapace di mostrare le sue emozioni, e Alma (Vicky Krieps), sua ultima modella, di cui l’uomo si innamora perdutamente; un continuo e subdolo gioco di potere si instaurerà tra i due che, per motivi diversi, non possono rinunciare l’uno all’altra. Alma, infatti, per tenere accanto a sé il distante Reynolds, lo avvelenerà più volte, per poi prendersi infinita cura di lui e riconquistare così il suo amore. Il regista Paul Thomas Anderson, nel ricreare la dinamica al centro della storia si è rifatto a una precisa esperienza personale avuta con la moglie, l’attrice Maya Rudolph.
In un’intervista a Rolling Stone per l’uscita del film, Anderson ha così sintetizzato l’accaduto: “Ero malato, e mia moglie si stava prendendo cura di me; e a un certo punto ho cominciato a volare con la fantasia. Mi dicevo: “Si occupa di me con tanta tenerezza, con tanta cura… e se le facesse comodo continuare a tenermi in questo stato? In realtà non ne so molto, della sindrome di Munchausen per procura, ma mi è bastato quel pensiero per allestire un concetto di base che, servito con un po’ di ironia e mascalzonaggine, sarebbe stato testimonianza perfetta di cosa significhi, ancora oggi, perseguire una relazione amorosa seria e a lungo termine, con tutti gli equilibri di potere del caso fra le due parti coinvolte. E la componente artistica, in questo caso, non è fondamentale. Questo tipo di interazione fra uomo e donna è universale, non si applica soltanto alla dinamica mentore – allieva“.
![Charles James](https://cinemaserietv.it/wp-content/uploads/2023/07/charles-jemas.jpg)
La figura gelida ed enigmatica di Reynolds trova la sua ispirazione in diversi personaggi della storia della moda, come Cristobàl Balenciaga, ma il carattere scostante e respingente del protagonista maschile sembra derivato principalmente dalla figura di Charles James, considerato tra i sarti – stilisti più importanti della pur breve tradizione statunitense. Nomi come Christian Diòr o Yves Saint Laurent hanno lodato il genio e l’inventiva di James; nato in Inghilterra nel 1906, dopo una giovinezza passata da un collegio all’altro per sfuggire all’intransigenza del padre che non accettava la sua omosessualità, e meno ancora, poteva tollerare per il figlio una carriera nel mondo della moda, si trasferisce negli Stati Uniti, dove cementa la propria reputazione di designer geniale e ossessionato dal dettaglio. In pochi anni James si costruisce una clientela di tutto rispetto, tra dive del cinema come Marlene Dietrich e esponenti del jet set, e perfino alcune teste coronate. I suoi clienti, però, oltre a riconoscerne il genio, non ne ignoravano le peculiarità caratteriali; ossessionato dai dettagli, poteva spendere 20.000 dollari solo per affinare una manica, oppure consegnare in ritardo un abito per una serata di gala; il suo perfezionismo, che riecheggia puntuale nelle gestualità di Woodcock, lo portava a essere, in ultima analisi, poco accomodante e difficile da gestire.
Ricorda così nei suoi diari il noto fotografo britannico Cecil Beaton, in merito al carattere di Charles James: “Era un uomo amareggiato, dal talento meraviglioso, e dal sarcasmo aspro;; sapeva essere meraviglioso, e poi, con alacrità, sterminare tutto ciò che aveva accanto con la sua sgradevolezza; nessuno era in grado di avere a che fare con il suo temperamento per un lasso di tempo lungo“. Nonostante la dichiarata omosessualità, James sposò nel 1954 l’ereditiera Nancy Gregory; i due avrebbero divorziato nel 1957; James, infatti, aveva sperperato tutta l’eredità in alcuni investimenti azzardati per la sua attività, accumulando debiti con il fisco statunitense del valore odierno di circa 600.000 euro. Solo e senza più un soldo, nel 1964 si trasferì al Chelsea Hotel di New York, dove visse, in gravi ristrettezze, fino al 1978, ospitato gratuitamente dal proprietario, suo grande estimatore. Poche settimane prima della morte, all’arrivo dell’ambulanza che lo avrebbe condotto in ospedale (l’uomo soffriva infatti di una grave forma di broncopolmonite) James si fece attendere più del dovuto, affermando con la sua consueta sicumera: “La cosa non significherà probabilmente nulla per voi, ma io sono considerato il più grande stilista vivente del mondo occidentale“.