Alla base de Il momento di uccidere c’è una storia vera. Il film del 1996 diretto da Joel Schumacher ed interpretato da Matthew McConaugheu, Sandra Bullock e Samuel L. Jackson è tratto dall’omonimo romanzo di John Grisham che, a sua volta, è stato ispirato da un fatto di cronaca risalente agli anni Ottanta, rimasto in maniera indelebile nella sua testa, tanto da spingerlo a scriverci sopra un’opera letteraria. La rabbia provata all’epoca del caso, lo ha portato a chiedersi: cosa farebbe una giuria ad un padre che ha ucciso lo stupratore di sua figlia?
Lo scrittore John Grisham, noto soprattutto per i suoi gialli giudiziari, è stato ispirato per la prima volta a scrivere Il momento di uccidere (A Time to Kill) dopo aver scoperto la storia di due ragazze bianche violentate da un uomo di colore. Immaginò quindi cosa sarebbe potuto succedere se il padre delle ragazze avesse deciso di uccidere lui stesso l’aggressore invece di aspettare l’esito del processo. Nell’opera ha invertito le razze dell’aggressore e delle vittime per mostrare come il caso potesse essere influenzato da pregiudizi e motivazioni politiche.
“Era uno di quei crimini che sai già che non dimenticherai mai“, ha detto l’autore 58enne, che ha iniziato la sua carriera come avvocato nel sobborgo di Southaven, a Memphis. “Pregavo di non essere nominato per rappresentare l’imputato“, ha ammesso in un’intervista con The Clarion-Ledger, confermando che il caso in questione riguardasse gli stupri, risalenti al 1984, di due sorelle adolescenti in una remota fattoria a non molte miglia dal suo studio legale.
All’epoca, ad essere arrestato fu Willie James Harris, che confessò il proprio crimine. Giorni dopo, Grisham ascoltò la confessione su nastro, in cui l’uomo condivideva i dettagli delle sue spregevoli azioni con la stessa emozione con cui un uomo potrebbe leggere la lista della spesa. “È stato irritante“, ha detto Grisham, aggiungendo: “Ti faceva proprio venir voglia di vendetta. Era davvero un personaggio brutto“.
Per quanto riguarda lo stupro delle due ragazze, alla base de Il momento di uccidere, tutto risale all’11 luglio 1984. Willie James Harris e il suo complice diciassettenne guidavano attraverso una zona rurale vicino a Southaven, alla ricerca di case in cui fare irruzione. Sebbene avesse appena 21 anni, Harris era stato appena rilasciato dopo aver trascorso 2 anni e mezzo in carcere, decisamente meno rispetto alla condanna a sei anni che aveva ricevuto per due furti con scasso.
Dirigendosi lungo una strada sterrata, Harris e l’altro ragazzo individuarono una fattoria senza auto all’esterno. Si diressero quindi verso il portico anteriore. Rompendo la finestra principale, Harris entrò in casa, dove trovò due sorelle, di 16 e 12 anni. La sorella maggiore, che aveva appena finito di fare la doccia, lo vide e urlò. Tentò di chiudersi in bagno, ma Harris glielo impedì. La sorella minore, invece, cercò di nascondersi nella sua camera da letto, venendo però trovata da Harris. Nell’ora successiva, Harris violentò e picchiò le due ragazze.
John Grisham ha sentito parlare del crimine che ha ispirato Il momento di uccidere prima ancora di leggere la notizia sul giornale. Frequentava la facoltà di giurisprudenza dell’Università del Mississippi e la notizia del delitto lo sbalordì. “È stato terribile“, ha detto, aggiungendo: “Non ho mai voluto rappresentare un imputato in un caso di stupro. E di certo non volevo essere coinvolto in quel caso“.
Alla fine, il giudice nominò il compagno di classe di Grisham, Paul Scott, per rappresentare Hernando, complice di Harris. Di fronte allo scenario dell’ergastolo se fosse stato condannato, Harris non ebbe altra scelta che andare in giudizio, come ha ricordato Scott: “C’erano prove schiaccianti: impronte digitali, confessioni registrate ed una confessione scritta“.
Il 29 ottobre 1984 iniziò il processo ebbe inizio e Grisham decise di assistere in aula. “Ero in tribunale, curioso e annoiato. Non avevo altri clienti miei“, ha ricordato. In occasione della testimonianza della sorella minore, il giudice ha fatto l’insolito gesto di sgomberare l’aula, lasciando che rimanessero solo avvocati e giornalisti. Grisham rimase ad ascoltare la ragazza, che aveva appena compiuto 13 anni, mentre condivideva gli orrori di quel giorno. La giovane donna raccontò che Harris le aveva puntato contro una pistola, infilandola nell’armadio, dove fu costretta ad ascoltare le urla di sua sorella e la voce dell’uomo mentre la aggrediva. Harris ha poi aperto l’armadio e l’ha trascinata fuori. “Ho sentito silenzio e poi è tornato nella mia stanza, ha aperto l’armadio di scatto e mi ha detto di uscire“, dichiarò, aggiungendo: “Mi ha fatto spogliare, mi ha messa sul letto e mi ha violentata”.
In quel momento, Harris teneva in mano un fucile insanguinato. Ha quindi afferrato un lenzuolo e l’ha soffocata. “Sono svenuta“, ha detto la sorella minore. “Quando mi sono ripresa, ero legata al letto e la mia testa sanguinava. C’era sangue sul tappeto. Sono uscita dalla camera per cercare mia sorella“. L’ha trovata nella stanza accanto. “Ho potuto vedere che era stata pugnalata molte volte e la sua testa sanguinava“, ha testimoniato. Cercò di chiamare un’ambulanza ma la telefonata non andò a buon fine. Afferrò quindi due coltelli da cucina, attraversò un campo fino alla casa di un vicino, cercando di farsi aiutare. Bussò alla porta, ma il suo viso era così insanguinato e livido che il vicino si rifiutò di farla entrare. Fu solo quando pronunciò il suo nome che il vicino la riconobbe.
A quel punto del processo, alcuni dei presenti in aula si asciugarono le lacrime, tra cui Grisham, il quale sentì le lacrime scendere sul proprio viso mentre guardava la ragazza. “A volte era coraggiosa. A volte era fragile. È stato straziante“, ha raccontato. Durante una pausa, ha detto di aver fissato Harris, pensando che se fosse stato il padre delle ragazze e avesse avuto una pistola a disposizione, l’imputato sarebbe morto. Alla fine, Harris è stato condannato all’ergastolo senza condizionale. Il suo complice è stato invece condannato a tre anni di carcere per rapina.