La fine dell’anno è da sempre momento di classifiche e resoconti, specie tra noi appassionati di cinema. È il momento perfetto per tirare le fila di quanto abbiamo visto attraverso un grande schermo, cosa ci ha colpito di più e cosa ci rimarrà nella memoria.
Con uno spirito giocoso e appassionato, abbiamo raccolto le opinioni della redazione di CinemaSerieTv.it sui film del 2022 che più ci hanno regalato emozioni, ma anche i titoli che ci hanno deluso, senza dimenticare le scene memorabili o i film invisibili che sono stati sottovalutati.
Il risultato lo potete leggere da voi, nella speranza di fotografare un anno cinematografico pieno e ricco di stimoli, per ricordare quanto abbiamo visto e recuperare qualche titolo che consideriamo simbolo di questo 2022 appena trascorso.
Agnese Albertini
Il 2022 è stato un anno di film memorabili, tra coming-of-age che hanno abbracciato ogni genere ad attesissimi sequel che ci hanno riportati più volte in sala. Soprattutto, è stato l’anno in cui due film agli antipodi a livello produttivo – indipendente l’uno, l’altro in lavorazione da tempo immemore – sono riusciti a fare lo stesso rumore, ricordandoci quanto abbiamo bisogno di film per famiglie e sulle famiglie: Everything Everywhere All At Once e Avatar: La via dell’acqua.
Top
1. Everything Everywhere All At Once: perchè ha fatto compiere al cinema indipendente il “salto multiversale” più arduo, avvicinandolo al blockbuster.
2. After Yang: perchè si pone come la riflessione bioetica più riuscita dell’audiovisivo negli ultimi anni.
3. Red Rocket: perchè incapsula nel corpo di un uomo cresciuto la mentalità di un ragazzino, estendendo la frontiera del coming-of-age ai 30 anni.
4. Top Gun: Maverick: per essersi elevato a “manuale perfetto” di realizzazione di un sequel, che farà scuola.
5. Bones and All: il film con l’identità più fluida dell’anno, hopeless, da cui non si esce vivi senza essersi resi conto dell’impossibilità del familismo anche all’interno della propria cerchia.
6. Blonde: per aver fatto esplodere il cinema di prospettiva, aver creato un legame indissolubile tra personaggio sulla scena e spettatori.
7. Avatar: La via dell’acqua: il migliore film per famiglie e sulla famiglia dell’anno, l’evento cinematografico per eccellenza.
8. Licorice Pizza: la storia più dolce dell’anno, in cui ci si insegue e riprende come solo gli amanti degli anime giapponesi sanno fare.
9. Glass Onion – A Knives Out Mystery: dove il fantomatico “triangolo della tristezza” serve effettivamente come elemento risolutivo e si diventa i detective più bravi al mondo solo se si è circondati da sospettati ignoranti.
10. Finale a sorpresa: perchè l’unico modo per fare grande commedia è incastrare i protagonisti in un film che unisce i tratti dell’eroe a quelli del villain.
Flop
1. Men: un film fin troppo esplicativo, che non lascia parlare le sue suggestioni visive e preferisce imboccare lo spettatore con concetti ridondanti.
2. Halloween Ends: perchè ci ha insegnato come non concludere una trilogia con questa resa dei conti solo preannunciata e terribilmente insoddisfacente.
3. Scream: perchè ha trasferito in un gruppo di ragazzi moderni le regole di un gioco horror che non attaccano più.
4. Barbarian: perchè premesse validissime diventano svolte di trama assolutamente superficiali in questo horror che era stato osannato dall’America.
5. Don’t Worry Darling: estensione di una brutta puntata di Black Mirror, che ci ha fatto rimpiangere i tempi in cui Harry Styles recitava in Dunkirk di Christopher Nolan.
Il film italiano
Una femmina: italiano di produzione, ma quasi internazionale per sceneggiatura e resa visiva, che ha portato alla ribalta Lina Siciliano, giovane attrice di cui sentiremo certamente parlare.
Il film sottovalutato
Anna Frank e il diario segreto: passato in sordina rispetto ad altri progetti animati del 2022, Ari Folman si conferma un maestro del mezzo con questa storia che unisce l’eredità del passato alla spinta attivista della gioventù di oggi.
La scena indimenticabile
“Sguardo Balenciaga o Sguardo H&M?” da Triangle of Sadness di Ruben Östlund, per aver reso visivamente – tramite il contrasto tra volto corrucciato e serio ed espressione falsissima costretta in un sorriso – il concetto del beauty as a currency, la bellezza come moneta/valuta, sempre più attuale ai giorni nostri, in cui una semplice foto su Instagram può contemporaneamente pagarci una crociera di lusso e portarci alla deriva.
Alessio Zuccari
Un anno ricco di ottimo cinema questo 2022, che ha fatto riscoprire il senso del perché ci riuniamo nel sacro rito della sala cinematografica e del perché, oramai, è anche imprescindibile l’apporto dell’industria dello streaming. Purché, in fondo, non smettano mai di esserci film capaci di creare sconquasso, di riempire il petto del senso d’emozione e non lasciarci indifferenti.
Top
1. Blonde: prendete e mangiatene, questo è il mio corpo-immagine. Andrew Dominik con Blonde ragiona sullo stato dell’icona nell’era iconografica che stiamo vivendo, sul desiderio di chi guarda e sulla mutevolezza del guardato. Fondamentale.
2. Pinocchio di Guillermo del Toro: Pinocchio, l’eterno racconto di Collodi, ha ancora qualcosa da dirci? Secondo Guillermo del Toro sì, che traspone e rifunzionalizza la storia della marionetta secondo una traiettoria pagana che spazza via il paternalismo e ripensa una struggente morale.
3. Avatar – La via dell’acqua: ci domandiamo sempre più spesso cosa resti della sala cinematografica, ma quando arrivano film come Avatar – La via dell’acqua ogni dubbio pare essere spazzato via. Percepire, vivere e “vedere”, opera sensoriale totalizzante, l’hic et nunc cinematografico.
4. Licorice Pizza: “I’m cooler than you”. Lo dice Alana Haim in Licorice Pizza, film che in effetti è cooler than tanti altri e che mostra, ancora una volta, la capacità di Paul Thomas Anderson di pensare la regia cinematografica, di farne ossatura di una riflessione sul tempo storico e sull’amore.
5. Finale a sorpresa – Official Competition: Mariano Cohn e Gaston Duprat non è la prima volta che rovesciano i dietro le quinte del mondo dell’arte con la loro squillante ironia, ma con Finale a sorpresa – Official Competition sconquassano di risate e portano alle lacrime lavorando sulle idiosincrasie dello spettacolo cinematografico.
Flop
1. Bardo, la cronaca falsa di alcune verità: voleva essere 8 e 1/2, è solo una tronfia e urticante memoria pensata troppo in grande per essere realmente interessante. Alejandro González Iñárritu prova a raccontarsi tra pregi e difetti, ma confeziona un’opera autoindulgente eccessivamente mascherata perché qualcuno possa provare empatia.
2. Siccità: troppe mani in scrittura, troppi pensieri che si mescolano, troppe traiettorie che si intersecano in un film che pare essere una parodia anche un po’ facile nell’immediato post-pandemia, invece pare crederci per davvero a questi personaggi, a queste bontà posticce, a questi frasoni prelevati dal Facebook del “buongiornissimooo kaffè”.
3. Don’t Worry Darling: dove Don’t Worry Darling voglia andare a parare si capisce dal minuto uno, forse addirittura dai trailer. Poco male. Il problema sta nel fatto che ci arriva nel modo più lineare possibile, più urlato possibile, più tiepido possibile nonostante Florence Pugh provi a urlare e strepitare le sue ragioni battendo i pugni sul tavolo. Più gustoso per il gossip che per tutto il resto.
4. Jurassic World Dominion: che il revival di Jurassic Park non avesse preso una buona piega si era capito già dal secondo capitolo. Ma con Jurassic World Dominion si è superato ogni limite del buon senso, polpettone algoritmico che copia qui e lì l’intrattenimento cinematografico contemporaneo nel disperato tentativo di mettere una toppa a una nave già bella che affondata.
5. Amsterdam: David O. Russell sì, David O. Russel no? Amsterdam ci ha fatto tutti un po’ propendere, forse in definitiva, sulla seconda opzione. Confusissimo, privo di mordente, senza bilanciamento alcuno tra il ricercato contesto storico e le allucinate vicende dei suoi protagonisti, lanciato verso una moraletta finale da far cadere le braccia in terra e farcele restare.
Il film italiano
Piccolo corpo: Laura Samani debutta alla regia con Piccolo corpo, film che affronta l’elaborazione del lutto intraprendendo un viaggio ai confini del mondo, quasi come un fantasy. Un’opera prima sorprendente, solida e mistica allo stesso tempo, che in più di un’occasione lascia parlare i volti, i paesaggi, le azioni.
Il film sottovalutato
Lightyear: non sarà il miglior film Pixar degli ultimi anni, ma Lightyear è passato più in sordina di quanto un film come questo meriterebbe. Un’opera interessante nella genesi (nella finzione sarebbe il film visto da Andy di Toy Story che lo avrebbe fatto innamorare dell’ominimo giocattolo), che soprattutto ragiona demolendo l’ideale anacronistico dell’individualismo virile, che crede fermamente nella collettività e accetta il fallimento come il sorgere di una nuova occasione.
La scena indimenticabile
Il resto del film non mantiene probabilmente le altissime premesse del suo incipit, ma la sequenza iniziale di Athena di Romain Gavras è folgorante. Visto sul grande schermo (al Festival di Venezia 2022) assume poi tutta un’altra aura, e così i 15 minuti di piano sequenza con cui si apre l’incendiario lungometraggio del regista francese lasciano di stucco per il perfetto coordinamento di una messa in scena che schizza in un crescendo inverosimile di dinamismo fino al titolo di testa.
Claudio Gargano
Un 2022 caratterizzato dal ritorno in grande stile dei due cineasti, Spielberg e Cameron, che forse più di tutti, hanno definito l’immaginario cinematografico di molteplici generazioni negli ultimi decenni. Se però Spielberg, nonostante la magia del suo cinema sia ancora intatta e potente, sembra aver perso la capacità di portare le masse al cinema, Cameron ha ancora una forte presa sul pubblico, riportando la sala cinematografica ai fasti e alla centralità di un tempo. Anche lo spettacolo imbastito da Luhrmann con Elvis è una festa per gli occhi e le orecchie, che ci ricorda una delle missioni principali della settima arte, cioè quella di stupirci e ipnotizzarci con la sola forza del suono e delle immagini.
Visioni weird come quella di Nope sembrano intercettare le inquietudini del presente mentre un Del Toro in stato di grazia, ancor più che in Pinocchio, con La fiera delle illusioni ci ricorda come un grande film, dalla fattura visiva raffinata e classica, possa intrattenere e approfondire allo stesso tempo. Icone della musica e del cinema come Ennio Morricone e David Bowie sono riportate in auge da due film-testimonianza sul potere delle note fuse alchemicamente, in modo perfetto e naturale, alle immagini, a costituire pura leggenda. Lo spettro di Diana Spencer ritorna, grazie a Pablo Larrain, nell’anno della scomparsa di un’icona come quella della regina Elisabetta e, infine, Lana Wachowski ci ricorda, laddove fosse necessario, che siamo ancora tutti intrappolati in Matrix. Un anno, questo 2022, che si dibatte tra un passato glorioso, celebrato in tante forme e modi, e un futuro da rilanciare, timidamente, ancora di là da venire, giusto dietro l’angolo.
Top
1. The Fabelmans: perché è impossibile rimanere indifferenti di fronte a questo film-mondo dell’autore che più di tutti ha incarnato l’essenza del cinema, che racchiude la genesi dell’amore di Spielberg per la settima arte, nonché il senso del suo fare cinema, intrinsecamente connessi alla tormentata storia della sua famiglia.
2. Licorice Pizza: si corre nel 1973 re-immaginato da Paul Thomas Anderson e si corre uscendo dalla sala, sulle ali di un film che mette leggerezza e ti solleva quel tanto da terra come solo il cinema sa fare.
3. Avatar – la via dell’acqua: Cameron torna prepotentemente in sala con la forza delle sue immagini avvolgenti e l’arroganza del cineasta che non scende a compromessi per imporre la sua visione, con tre ore di spettacolo puro che si prende i suoi tempi, in contrapposizione alle ben più numerose ore spese in binge watching per guardare serie su piccoli schermi.
4. Elvis: esplosivo, magniloquente e ipertrofico come solo Baz Luhrmann sa essere, ci ricorda lo scarto tra l’inganno delle parole e la sfolgorante evidenza delle immagini. di cui Elvis, nonostante l’apparente patinatura, rappresenta quella più vera, reale, energica e al tempo stesso fragile.
5. Ennio: la ricapitolazione della passione per il cinema che definisce tanti di noi, nella storia di un Maestro che, con la sua stessa vita, ha riassunto su di sé il significato ultimo delle emozioni che proviamo quando guardiamo scorrere i fotogrammi su grande schermo.
6. Moonage Daydream: un flusso di immagini denso, stratificato e incredibile per ricchezza di spunti e stimoli diversi, individuati in una marea di materiale di repertorio che mixa sapientemente il mondo di Bowie con l’universo culturale, filmico, musicale, sociale, di riferimento, insomma con lo zeitgeist delle varie epoche attraversate dallo stesso artista, facendoci rendere conto di come il performer abbia sempre saputo intercettare e, spesso, anche anticipare lo spirito del tempo.
7. La fiera delle illusioni: un noir d’altri tempi, di fattura raffinatissima, che pone lo spettatore nella condizione di guardare dentro di sé e scorgere quelle Ombre che non vorrebbe riconoscere, all’interno del teatro che è la nostra mente, e che ci sforziamo di proiettare sugli altri.
8. Spencer: nell’anno della scomparsa della regina Elisabetta, il film di Larrain diventa ancor più iconico e terribilmente attuale, con una Diana Spencer che lotta con i fantasmi della tenuta di Sandringham House, proprio come l’eroina di un film horror-gotico, intrappolata in una magione infestata.
9. Nope: con Nope, Jordan Peele è riuscito a confezionare un film che, attraversando diversi generi, come l’horror, la fantascienza e il western, è in realtà l’apoteosi del Weird, ovvero quella modalità narrativa caratterizzata dalla sensazione che il terreno manchi all’improvviso sotto i piedi o, in altre parole, che le categorie con cui definiamo e codifichiamo abitualmente il mondo, saltino improvvisamente, riconfigurandosi secondo dinamiche che sfuggono totalmente al nostro paradigma di realtà.
10. Matrix Resurrection: siamo ancora tutti intrappolati dentro Matrix, è questa la verità che percepiamo inconsciamente e che Lana Wachowski è tornata a ricordarci, riportando in auge una delle saghe più importanti dell’immaginario cinematografico, attualizzandola alle problematiche dello storytelling odierno.
Flop
1. Gli occhi di Tammy Faye: poteva essere una grande metafora del sogno americano tramutato in incubo, ma il tutto è stato reso banale e irritante da una sequela di episodi, dal tono eccessivamente greve, inanellati in modo pedissequo, a sostenere una tesi secondo modalità prettamente didascaliche.
2. Animali fantastici: I segreti di Silente: come mettere una pietra tombale su una saga già traballante, il cui protagonista manca totalmente di carisma ed è decisamente passivo rispetto agli eventi che lo circondano.
3. Jurassic world: Dominion: se con il secondo capitolo, quello diretto da Bayona, c’era stato qualche sussulto horror che faceva ben sperare, qui invece c’è una trama confusa, per un film sui dinosauri in cui la vera minaccia è invece costituita invece dalle cavallette!
Il film italiano
Le otto montagne: il senso di solitudine ma anche di potenza, tipiche di chi vive la montagna in modo radicale, come metafora della vita, restituita in tutta la sua potenza tramite una regia controllata e perfettamente calibrata, che non sfocia in inutili estetismi, grazie anche ad un uso accorto del formato 4:3.
Il film sottovalutato
Leonora addio: Paolo Taviani, orfano del fratello Vittorio, all’età di 90 anni, firma un film terribilmente moderno, con un racconto doppio, straniante, a tratti perfino kubrickiano nella resa visiva di alcune scene, con la messa in scena, nella seconda parte, di una delle novelle più oscure di Pirandello, irriducibile sia ad una facile trasposizione filmica, sia ad un senso morale cui ci si voglia maldestramente adattare come una coperta troppo corta.
La scena indimenticabile
La scena, tratta da The Fabelmans, dell’incontro tra il giovane Sammy e il mito del cinema John Ford, incarnato da un altro mito, David Lynch, per come sintetizza in modo ironico, efficace e tipicamente spielberghiano, il senso visivo della settima arte. La svirgolata finale poi, con Spielberg che aggiusta l’inquadratura secondo i dettami del mentore Ford, è puro genio.
Emanuele Rauco
Il 2022 è stato un anno di transizione per l’intero settore cinematografico, perché dopo la pausa forzata dei due anni di pandemia, con film bloccati, rinviati e poi proiettati nel corso della stagione ’21/’22, l’anno che sta per finire ha chiesto a un intero settore di ripensarsi; lo ha fatto a ogni livello di quel settore, dai film di massa ad altissimo costo – Marvel e compagnia sono ancora un po’ cauti e hanno distribuito meno del solito – fino alle più sontuose visioni d’autore (tutte irrimediabilmente flop), dagli indipendenti al cinema di genere. Che pubblico è quello che il Covid ha suo malgrado plasmato? Cosa vuole vedere chi va al cinema dopo due anni di clausura? E soprattutto, dove vuole vederlo? Siamo sicuri che la sala sia al centro dei desideri di chi consuma film oggi? Domande a cui il 2023 e anni seguenti daranno le prime risposte: intanto, chi ama il cinema si gode i molti film belli o bellissimi che anche nel 2022 sono arrivati sugli schermi.
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1. Licorice Pizza: uno dei più grandi registi americani contemporanei alle prese con gli incastri sottilissimi tra la vita interiore e la costruzione di un sé pubblico, il capitalismo americano messo alla prova (e forse alla berlina) dall’adolescenza e dalla gioventù. È un film dove si corre per mostrare di essere vivi: e il cinema corre con i suoi protagonisti.
2. Piccolo corpo: il debutto dell’anno, e che bello che sia italiano, è anche uno di quei film che si fidano di più del cinema, del suo potenziale, della magia di creare immagini e atmosfere e veicolarci persone, sensazioni, racconti che vengono dal passato. Tra Herzog e Olmi, ma con una personalissima vena di sensibilità magica (a tratti esoterica) che lo rende un bellissimo oggetto non identificato. E speriamo che la regista riesca davvero a non farsi identificare ed etichettare mai.
3. Memoria: uno dei registi più ostici del panorama contemporaneo, vero, ma se si ha voglia di un film capace di catturare i sensi, di lavorare sulle percezioni dell’immagine oltre lo sguardo per sondare il pensiero questo è un film perfetto: il suono come ponte tra tempi, mondi e condizioni sociali, il mistero di un rumore diventa il viatico per scoprire le radici di un paese e per connettere differenti dimensioni. Fantascienza a suo modo.
Il film italiano
Ennio: sembra facile realizzare un bel documentario quando hai di fronte un maestro della musica, le sue composizioni, la sua fiducia e della famiglia nell’aprirti i suoi archivi, l’autorevolezza professionale per vedersi le porte aperte di chiunque possa parlarti di quel maestro. Certo, è facile quando sei Tornatore. Poi però quel materiale devi metterlo insieme, devi avere la sensibilità di raccontare una vita e un’arte, magari cercando la stessa sintonia che Morricone aveva con le immagini che musicava; è qui che il film diventa un film trascinante, emozionante, in cui lo stile che nella finzione risulta a volte ridondante e pesante qui riesce a viaggiare possente sulle onde della musica e dell’emozione.
Il film sottovalutato
Spencer: per tanti, l’ennesima biografia di un regista a corto di ispirazione. E invece, almeno per chi scrive, un film potente e viscerale che riscrive le coordinate della fiaba contemporanea, e quindi dell’horror, in una bellissima sarabanda di scenografie, colori, luoghi che riecheggiano perdizioni sociali e psichiche. La politica non è nei ruoli o nelle loro azioni, ma nei loro pensieri: un film di fantasmi che non solo ci guardano, ci spiano, ci assoggettano, ma che ci sentono pensare e provano a pensare al nostro posto. Fare un film da un soggetto simile è un’impresa: chapeau a chi l’ha realizzata.
La scena indimenticabile
La moviola in The Fabelmans: il giovane protagonista – alter ego del regista – sta montando il filmino delle vacanze che ha girato per sollevare lo spirito della mamma, fiaccata da un lutto e da una crisi personale, ma tra le pieghe dei fotogrammi, nei lacerti della pellicola il ragazzo scopre il tradimento della mamma. Una sequenza rivelatoria perché mostra la fede, anche lacerante, che Spielberg prova nel cinema e nell’immagine come assoluta portatrice di verità ed emozione, ma anche perché racconta il rapporto fisico carnale che il regista e i suoi personaggi hanno con le immagini: che sia una piccola moviola amatoriale o la grande suite immateriale con cui Tom Cruise smonta la verità in Minority Report non fa poi molta differenza. E intanto, giocando su fasci di luce e buio in sala, Janusz Kaminski (direttore della fotografia) compone il suo capolavoro teorico.
Erika Pomella
Dopo due anni passati con l’incubo della pandemia e lo spettro dei cinema chiusi, la settima arte rischiava di rimanere indietro, di rimanere l’emblema di un’epoca che ormai non esiste più. Il 2022, invece, ha dimostrato non solo che il cinema è ancora in salute, ma soprattutto che dopo due anni di chiusura c’è tanta voglia di raccontare e di raccontarsi, di sperimentare coi generi, di portare miscele inaspettate.
Da questo punto di vista l’annata cinematografica del 2022 è stata ampia, interessante e piena di spunti. Alcuni “esperimenti” sono senz’altro più riusciti di altri che magari non sono riusciti a mantenere le promesse che il pubblico si aspettava. Ma in generale nel 2022 si è capito in modo controvertibile che il pubblico ha ancora bisogno del cinema.
Top
1. Cyrano: perché la voce di Peter Dinklage è piena di struggimento e gli scorci di Noto sono perfetti per la storia di un amore non corrisposto.
2. Avatar: La via dell’acqua: perché ci ricorda che il cinema è e deve continuare ad essere la ricerca della meraviglia.
3. Bullet Train: perché tra violenza eccessiva e personaggi irresistibile, è il film più divertente dell’anno
4. Elvis: perché è un girone infernale che Baz Luhrmann è riuscito a costruire solo con la potenza della sua macchina da presa.
5. King Richard: Una famiglia vincente: perché è un biopic che riesce a toccare corde emotive inaspettate e che si fa forte di interpretazioni davvero straordinarie.
6. Top Gun: Maverick: per la costruzione dei personaggi, il dosaggio del ritmo, gli omaggi al passato e la voglia di reinventarsi.
7. Athena: perché si apre con un lungo piano sequenza e pian piano si trasforma nel racconto violentissimo e shakespeariano di una lotta tra fratelli, di una guerra fratricida che non lascia vincitori.
8. The Fabelmans: perché arriva direttamente al cuore e ci ricorda l’importanza di inseguire i nostri sogni.
Flop
1. Blonde: perché è un film lento e pieno di maschilismo interiorizzato e di riflessioni problematiche sul corpo della donna.
2. Bones and All: perché lo spettatore rimane fuori da un discorso che Guadagnino sembra interessato a fare soprattutto con se stesso.
3. Persuasione: perché la sceneggiatura è piatta e gelida e quasi tutti i personaggi sono così fuori ruolo da rischiare di risultare inquietanti.
4. War – La guerra desiderata: perché le situazioni sono davvero al limite del ridicolo e la ricerca dell’assurdo risulta di diventare comica.
Il film italiano
Ennio: perché è una una lettera d’amore di chi sa che il cinema non sarebbe stato lo stesso senza le note di Morricone.
Il film sottovalutato
Amsterdam: perché l’interpretazione di Christian Bale è di quelle che spezzano il cuore e fanno innamorare della settima arte.
La scena indimenticabile
Tutta l’umanità nello sguardo che Judi Dench rivolge alla sua famiglia che si allontana alla fine di Belfast, con il sorriso nostalgico di chi sta perdendo tutto.
Francesco Grano
Il 2022 ci ha regalato un anno davvero denso e ricco dei più variegati titoli cinematografici e, ciò, ha portato a una vera e propria rinascita delle sale dopo due anni di pandemia. In chiusura dell’anno, è quasi doveroso fermarsi a riflettere su quello che più mi ha colpito (ma anche deluso).
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1. The Batman: cupo, violento, borderline. Tre semplici parole per descrivere l’immenso lavoro registico firmato da Matt Reeves. The Batman è il punto di incontro tra il gotico del dittico burtoniano e il realismo psicologico della trilogia di Nolan, il tutto potenziato da elevate dosi di tanto cinema di David Fincher nonché di quello noir. Il primo, seminale Atto I di una nuova saga.
2. Pinocchio: libero adattamento del classico di Collodi, Pinocchio di Guillermo del Toro è una fiaba dark e adulta capace di commuovere e far riflettere a distanza di giorni dalla visione. Grazie anche alla magia dello stop-motion è già un nuovo, futuro classico.
3. Athena: messa in immagini di una guerriglia urbana violenta e realistica, Athena vive di un realismo quasi documentaristico e non fa sconti a nessuno nel mostrare i due risvolti della medaglia in quella dura e senza esclusione alcuna lotta tra crimine e forze dell’ordine.
4. Licorice Pizza: un inno alla vita, all’amore, alla giovinezza. Tutto questo è Licorice Pizza, l’ultima fatica di quel mostro sacro chiamato Paul Thomas Anderson. Commedia dolceamara senza neanche un minuto di noia con tanto di sequenza da antonomasia, è un perfetto compendio di positività e speranza.
5. Watcher: a metà strada tra il cinema di Polański e quello di Hitchcock, Watcher è un gran, bel thriller psicologico che affronta temi quali la paranoia, lo stalking e il voyeurismo senza soluzione di continuità in un crescendo di suspense destinato a detonare nei minuti finali.
6. Scream: reboot della saga del compianto Wes Craven, questo nuovo primo capitolo di un nuovo franchise in divenire è uno slasher che mantiene intatte le atmosfere dei predecessori, aumentando ancor di più il citazionismo e l’autocitazionismo regalando, così, momenti molto divertenti nel bel mezzo del body count.
7. Nope: terzo lungometraggio del visionario Jordan Peele, Nope è un melting pot di generi a partire dalla sci-fi anni Cinquanta al western fordiano, per poi approdare all’horror di lovecraftiana memoria. Un’opera weird capace di tenere alta l’attenzione dello spettatore.
8. Una notte violenta e silenziosa: il cinema natalizio non si alimenta solo ed esclusivamente di commedie dall’happy end e Tommy Wirkola lo sa bene e, con Una notte violenta e silenziosa, lo ha dimostrato. Connubio di action, commedia nera e un pizzico di fantasy, è un’opera divertente con i suoi eccessi di gore e splatter nonché umorismo grottesco. Non si era mai visto, prima d’ora, un Babbo Natale memore del miglior John McClane ma capace di codificare un bel messaggio sociale.
9. Bullet Train: uno scatenato action a suon di cazzotti, omicidi creativi e tanta, tanta violenza intrisa da un umorismo davvero tagliente e sui generis. Bullet Train è l’ultima fatica di David Leitch, regista e produttore rispettivamente del primo John Wick e del resto del franchise, che vede un Brad Pitt sornione interpretare il ruolo di un killer professionista molto… sfortunato.
10. Wendell & Wild: a distanza di tredici anni da Coraline e la porta magica, Henry Selick è tornato dietro la macchina da presa per regalarci un’altra perla in stop-motion. Wendell & Wild è una favola nera matura e piena di contenuto, grazie anche allo zampino di Jordan Peele alla sceneggiatura.
Flop
1. Secret Team 355: c’era tanto hype per questo action all stars tutto al femminile e, dalle premesse, sembrava promettere bene e, invece, si è rivelato un’occasione mancata, alternando scene d’azione discrete a momenti di umorismo davvero fuori contesto destinati a inghiottire lo spettatore nella noia.
2. Storia di un uomo d’azione: biopic sulla figura realmente esistita di Lucio Urtubia, rapinatore, truffatore e sindacalista ispanico, Storia di un uomo d’azione è un’opera piatta che non manca, di certo, delle qualità scenotecniche ma che non brilla per spessore, dando l’impressione di trovarsi di fronte a una fiction in due puntate cucite insieme per ricavarne un film. Eccessivamente romanzato.
3. Lou: a parte l’interpretazione convincente di Allison Janney, Lou è una ulteriore occasione mancata dopo Secret Team 355 di vedere un action al femminile degno di nota. Violenza, combattimenti e scenari suggestivi non bastano a rendere un film come Lou superiore alla media dei prodotti appartenenti al genere di riferimento.
Il film italiano
Il mio nome è vendetta: un film di serie B a tutti gli effetti ma orgoglioso di esserlo. Nonostante le varie influenze di tanto cinema action statunitense messe in immagini tramite scopiazzature sparse, il film di Cosimo Gomez è la prova di come, con il giusto impegno, anche in Italia sia possibile dirigere lungometraggi di genere come si faceva fino a qualche decade fa.
Il film sottovalutato
Ambulance: Michael Bay o si ama o si odia e considerando la sproporzione tra fautori e detrattori nettamente a favore di questi ultimi, Ambulance non poteva che passare, per certi versi, in sordina attirando su di sé tutte le critiche negative ben note nei confronti del regista. Eppure, con la sua ultima fatica abbiamo un vero e proprio compendio di immagini-movimento autocitazioniste, sì, ma divertenti.
La scena indimenticabile
Il Batman dell’omonimo film di Matt Reeves, incarnazione della vendetta, acerbo e senza freni che, di fronte all’altezza di un lancio in picchiata tra le strade di Gotham City, in preda a una vertigine esita prima di sfuggire alla polizia, segno di una umanità ormai sepolta sotto il cappuccio ma che cerca di fuoriuscire dall’oscurità.
Gabriele Barducci
Il 2022 è stato l’anno che sembra averci fatto scordare le crisi distributive causate dal Covid. Siamo ritornati serenamente al Cinema, assaporato le tediose poltroncine di alcune sale e premiando quei film che sono riusciti a rivitalizzare un box office che sembrava un miraggio pre-pandemico.
Siamo tornati in sala a gustare ogni sorta di progetto, dai grossi blockbuster, al ritorno di affermati autori, tra alti e bassi, sorprese, delusioni e nuove scoperte. È stato anche l’anno di un’armoniosa convivenza e ottimizzazione delle distribuzioni streaming, mezzo che per anni è stato etichettato come possibile assassino del Cinema per poi divenirne una costola importante.
Le stesse major si sono adattate e il risultato è stata una realtà perfettamente amalgamata con le esigenze del pubblico. Che sia in sala o sul divano di casa, questo è stato l’anno in cui abbiamo ripreso a vivere l’audiovisivo a pieni polmoni e tanto basta per essere felici.
Top
1. Matrix Resurrections: perché al netto delle aspettative, Matrix Resurrections si è rivelato essere l’opera di protesta e sovversione contro la realtà dei blockbuster reiterati all’infinito piú cristallina di sempre. Un film difficile nella realizzazione come nella stessa comprensione da parte del pubblico, che si avvale di una scrittura metacinematografica sopraffina. Una gemma rara nel panorama. Da preservare nel tempo.
2. Top Gun Maverick: un sequel inaspettato e incredibilmente riuscito, tra nostalgia, emozione, tecnica e adrenalina. Tom Cruise e Joseph Kosinski sono riusciti in un’impresa titanica e in special modo, sono riusciti dove tanti altri sequel di titoli storici si sono presentati sul mercato senza anima. Top Gun Maverick è tutto cuore e sentimenti, tanto basta per apprezzarlo.
3. Licorice Pizza: Quello definito come il film più “semplice” di Paul Thomas Anderson è anche quello che sprigiona una forza, un’energia dirompente. Un vero e proprio inno all’amore, da vivere senza filtri e correre verso di esso, correre senza sosta, fino a bruciare ogni singola briciola di energia che abbiamo in corpo. Un film giovane, di adolescenti e di quell’odore salmastro che solo la pubertà restituisce sotto il palato. Un vero e proprio film che coccola tutti i sensi, visivi e olfattivi in primis.
4. The Batman: Dopo Joker, la dimostrazione che si possono sovvertire le regole standard – e non scritte – su come realizzare un Cinecomics. Matt Reeves ci riesce con una rilettura del tutto personale, cupa, neo noir, sporca e furiosa. Un film prezioso, infarcito da interpretazione perfette, uno di quei casi dove tutta la macchina Cinema si muove perfettamente, senza forzatura, qualcosa difficile da criticare.
5. Elvis: Elvis è la rappresentazione concreta di quanto mancava nel panorama il Cinema cinetico, raffinato e colorato di Baz Luhrmann. Un’interpretazione pazzesca da parte di Austin Butler nei panni di Elvis Presley aiuta a confezionare un biopic importante, tra i più emozionanti dell’anno. Un progetto molto sentito, contenutisticamente imponente capace di creare una cornice definitiva sulla vita di Elvis.
6. Avatar La via dell’acqua: In cuor nostro sapevamo tutti di avere un estremo bisogno di tornare su Pandora e James Cameron esaudisce questo desiderio. Stilemi, forma e contenuto quando si parla di Avatar sembrano prendere una loro forma che sotto le mani del regista si trasformano in una sinfonia visiva da lasciare a bocca aperta. Pandora è un pianeta ancora tutto da esplorare e le storie che si possono narrare sono potenzialmente infinite. La via dell’acqua è quasi una ripartenza, pronti a immergerci in queste acque cristalline, irte di pericoli come di storie, con la stessa acqua che prende la forma del suo creatore.
8. Nope: Jordan Peele è quell’autore che quando sembra aver esaurito i temi da narrare è pronto a sconvolgerti con un nuovo progetto che rimescola tutte le carte in tavola. Nope non è da meno: un film dall’incipit semplice che si mostra minuto dopo minuto allo spettatore e quando pensiamo di aver visto tutto, ecco che c’è ancora un twist, un contenuto inedito, un flashback, una metafora. Cinema ricco di immagini, significati, da non buttare nulla fino ai titoli di coda e con Jordan Peele che si conferma sempre più autore da tenere in considerazione per il futuro.
Flop
1. Assassinio sul Nilo: L’Hercule Poirot di Kenneth Branagh ha convinto e diviso gli spettatori con Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo sarebbe dovuto essere il titolo per mettere in risalto l’idea del regista riguardo questa rilettura del detective nato dalla penna di Agatha Christie. Purtroppo questo sequel appare più confuso del precedente, perdendo ritmo e mordente. Al netto delle interpretazioni, sempre ricche di sfumature, a mancare sembra essere proprio il film.
2. Animali Fantastici – I segreti di Silente: L’aspetto meglio riuscito di questo terzo capitolo è la conclusione, che potrebbe funzionare perfettamente anche come chiusura definitiva nel caso Warner non dovesse dare il via per i già annunciati e ultimi due film, rispettivamente quarto e quinto capitolo. Animali Fantastici è un franchise afflitto da innumerevoli problemi, senza una vera identità e che più volte si è perso in una sceneggiatura forzatamente allungata. Anche I segreti di Silente segue questo sfortunata scia di anonimato, sorretta sicuramente dalle ottime interpretazione di Jude Law e Mads Mikkelsen, ma oltre loro, il vuoto più assoluto.
3. Jurassic World Dominion: Dopo un primo capitolo funzionale e un secondo sicuramente più coraggioso e convincente, Dominion avrebbe dovuto chiudere il cerchio rivoluzionando questo discorso tra le specie e relativa convivenza, invece scelgono la strada della nostalgia, annullando quanto fatto in Fallen Kingdom e rifugiandosi in un racconto che reitera nuovamente i classici eventi già visti prima in Jurassic Park e poi Jurassic World. Il peggior modo per chiudere un franchise capace di smuovere più di un miliardo al box-office per ogni capitolo.
4. Moonfall: Cosa è rimasto di quel Roland Emmerich che tra gli anni 90 e primi del 2000 sfornava film catastrofici e non dal forte sapore di entertainment? Poco e Moonfall conferma questa triste parabola, con un disaster move intrigante sulla carta, ma nella realizzazione siamo davanti un film sempre fuori tempo massimo, una sbiadita ombra di quello che era Emmerich. Forse è tempo di dedicarsi ad altro, oppure aggiornarsi.
Il film italiano
Siccità: uno dei Virzì più maturi e consapevoli, pieno di amore per i personaggi e tutte le loro storie, in una Roma in piena siccità, dove non c’è più acqua e si vive quasi uno stato di confinamento, è forse uno dei film che maggiormente affronta – tacitamente – il periodo di pandemia Covid-19 suggerendo la necessità di cambiare, evolversi, migliorarsi. Un grande film, da ridere, commuoversi e ragionare sotto ogni punto di vista.
Il film sottovalutato
Apollo 10 e mezzo: Trovo assai curiose le manovre marketing di Netflix che vanno a spingere alcuni prodotti, lasciandone altri nell’oblio. Tra questi c’è il nuovo film, per Netflix, di Richard Linklater, Apollo 10 e mezzo. Un film assai intimo, fortemente biografico, dove lo stesso regista ci regala usi, costumi e sapori degli USA in pieni anni ’60, visti dagli occhi di un bambino. Il contorno è una missione spaziale segretissima, ma è la leva fantasiosa che serve per dare il via a una rappresentazione sociale di un periodo storico di cui, pur non avendolo vissuto, ne proviamo una forte nostalgia. Da recuperare assolutamente.
La scena indimenticabile
L’Enigmista fa esplodere le dighe di Gotham, inondandola. Nel panico generale, dopo aver salvato centinaia di cittadini, Batman cade in quelle acque torride. Ne riemerge un uomo diverso. Vendetta è morto nella caduta per donare a Gotham il salvatore di cui hanno bisogno.
Come una parabola biblica, il Cavaliere Oscuro tende la mano ai sopravvissuti, accende un faro nella notte umida della città e porta tutti in salvo attraverso le acque. Una scena potentissima di The Batman che Matt Reeves fotografa con la tonalità di cui si compone il film, rosso e nero, mentre la pioggia incessante va a sopirsi e Gotham guarda all’alba con una speranza in più, quella di aver trovato nel giovane vigilante un protettore, una speranza.
Anche a distanza di quasi un anno, questa sequenza che accompagna il finale di The Batman è ancora lì nella testa, sussurrata dalla potenza delle immagini e accompagnate dalla traccia sonoro di Michael Giacchino.
Gabriella Giliberti
Il 2022 è stato il vero anno della rinascita, quella della normalizzazione, quello del vero ritorno in sala privo di restrizioni. L’anno in cui il cinema ha potuto vivere nella sua legittima casa, la sala, ma che deve sempre più impietosamente confrontarsi con lo streaming e la “comodità” della casa degli spettatori. Nonostante questo il 2022 si è saputo distingue tra blockbuster, film d’autore e blockbuster d’autore. Un anno che ha sorpreso su molti fronti, dal cinema internazionale e nazione e che forse, forse, è sempre più vicino a trovare una quadra. Sicuramente un anno di emozioni dove non è mancato, ancora una volta, la celebrazione per le grandi (e a volte semplici) storie.
Top
1. Bones and All: perché Guadagnino ci spiega quanto sia importante accettare e accettarsi, trovare il proprio posto nel mondo, la propria tribù ed identità, senza scendere a compromessi con ciò che siamo.
2. Pinocchio: perché Guillermo del Toro che anche le storie più conosciute e trasposte, se fatte nel modo giusto, possono raccontare qualcosa di nuovo, in una chiave differente e perfino attuale, emozionando e facendo riflettere al tempo stesso.
3. Avatar: La via dell’acqua: perché un film così non si è mai visto prima di questo momento al cinema, di come i limiti possono essere infranti ed andare oltre qualsiasi immaginazione, anche con una storia semplice ma universale, ed è un’emozione che si può provare solo in sala.
4. Everything Everywhere All at Once: perché il multiverso è infinitamente grande e i modi per rappresentarlo possono essere ben più originali, stravaganti, folli ma coerenti di qualsiasi cinecomic che ci prova senza riuscirci per davvero.
5. The Batman: perché un cinecomic d’autore con influenza pop e che racconti davvero qualcosa, anche in modo diverso, si può fare!
6. The Northman: perché per quanto sia il film “minore” di Robert Eggers, questo cineasta si conferma essere una garanzia per il cinema di genere d’autore.
7. Nope: perché Jordan Peele è capace di alzare sempre l’asticella, portando l’horror politico, la critica sociale e mediatica ad un livello sempre superiore.
Flop
1. L’immensità: perché è un’occasione sprecata per raccontare un tema importante, ed anche personale per il regista, in una chiave diversa dal solito cinema italiano borghese patinato e da cartolina, fatto di sole belle immagini ma senza sostanza.
2. Halloween Ends: perché solo un criminale può concepire una fine così banale e incoerente per una saga e un’icona del cinema horror così importante.
3. Don’t Worry Darling: perché una buona intuizione non basta per fare un buon film o un film femminista o un film di denuncia, soprattutto se infarcito di “omaggi” vari senza né capo né coda.
Il film italiano
Siccità: perché Virzì esce un po’ dalla sua comfort zone, prendendosi tutti i rischi, con un film dissacrante, ironico ma anche profondamente crudo, dando una visione di un futuro prossimo drammaticamente veritiera nella sua feroce ipocrisia.
Il film sottovalutato
Blonde: perché non siamo pronti, siamo schiavi dell’iconografie, delle narrazioni romantiche ed edulcorate e perché, fondamentalmente, abbiamo tutti la coda di paglia.
La scena indimenticabile
In Avatar: La via dell’acqua, il flashback di Neytiri e Jack attraverso l’albero delle anime di una scena d’infanzia di Neteyam.
Giacomo Lenzi
Routine tradizionale degli ultimi giorni di ogni anno: riprendere fiato post-abbuffate natalizie; guardare malinconicamente ai dodici mesi passati; fare buoni propositi che non verranno rispettati; dedicarsi a classifiche di ogni tipo. Prima di passare ai titoli, un paio di rapide considerazione su cosa ci racconta davvero questo 2022 del mondo cinematografico. Da una parte abbiamo un’industria confusa e a tratti in difficoltà. Le sale stazionano in un limbo dal quale si fatica a vedere un’uscita, con dati sconfortanti da ogni prospettiva. Le major sembrano aver fatto male i conti con lo streaming, effettuano cambi schizofrenici ai piani alti ormai con costanza e hanno enormi problemi che sfociano in gesti incomprensibili a livello di comunicazione dei prodotti. D’altra parte, per fortuna per noi, il cinema come linguaggio e mezzo espressivo è in perfetta salute e lo dimostra con forza e costanza.
Top
1. Licorice Pizza: un’opera in cui a emergere con forza è la qualità del Paul Thomas Anderson sceneggiatore. Un meccanismo narrativo complesso reso semplice grazie all’innata empatia del suo autore. A emergere è la vitalità e l’energia che ci viene regalata con la stessa voglia e spontaneità della corsa dei suoi protagonisti. Siamo fortunati a vivere e ad amare il cinema nella stessa epoca di Paul Thomas Anderson.
2. The Fabelmans: come noto noi tutti viviamo nel 76 d.S. (dopo Spielberg) e, giunti a questo punto della Storia, il regista ha deciso di regalarci questo autobiografico The Fabelmans. A tratti straordinario senza mezzi termini, potrebbe risultare quasi convenzionale nella seconda metà. Anche in quei punti però, per citare Roy Menarini nel suo podcast, nasconde alcune botole non banali. Quel finale con l’orizzonte corretto ci costringe a tornare a Ford esclamando con il sorriso: “Print the Legend”.
3. Spencer: quando si ha la fortuna di vedere un film di Pablo Larraín si ha la quasi certezza di trovarsi davanti a uno dei migliori film di quell’annata. Spencer non fa eccezione. Una Diana demitizzata e interpretata splendidamente da Kristen Stewart all’interno di una fiaba gotica. Larraín, con il suo sguardo unico e meraviglioso, la racconta nell’intimo, la opprime per poi liberarla facendola ballare e cantare con i figli. Il terzo capitolo di questo trittico al femminile del regista cileno lo conferma, alla pari degli altri due, come uno dei migliori autori in circolazione.
4. Ennio: Tornatore ha sempre giocato con le emozioni degli spettatori. A tratti in modo furbo se vogliamo. Con il documentario su Morricone poi ha trovato un’autostrada emotiva spalancata. Ennio non solo ha regalato un tributo a un artista unico, dando la possibilità al pubblico di sentire tutti i suoi capolavori in sala emozionandosi come non mai. Si tratta anche di un documentario sincero, ricco di nozioni interessanti e montato in modo splendido.
5. Top Gun: Maverick: il più grande successo di questo 2022 e il più sorprendente. Eppure si tratta di un sequel che arriva più di trent’anni dopo il predecessore – un cult sì ma anche un film con dei limiti e che non lasciava spunti – con al centro lo stesso protagonista oggi sessantenne. Si è parlato molto di effetto nostalgia. La realtà è che Top Gun: Maverick riporta il cinema action-adventure alla realtà artigianale. Fonde le nuove possibilità fornite dalla tecnologia a una corporalità ormai abbandonata da tempo dai blockbusters rendendo il film un’opera che in molti vedranno decine di volte (se già non lo hanno fatto al cinema). Il tutto con la semplicità, il sorriso e la follia di Tom Cruise.
6. Pinocchio: d’ora in poi alla voce riadattare/rivisitare un classico ci sarà anche il Pinocchio di Guillermo del Toro e Mark Gustafson. Le idee e i nuovi spunti offerti da questa versione del racconto di Collodi sono splendidi. La vera differenza la fa però una stop-motion allucinante e mai vista prima, in grado di rendere il film un instant classic. Molto consigliato il making of associato al film su Netflix.
7. Avatar: La Via dell’Acqua: parte del discorso fatto su Top Gun: Maverick può valere anche con il sequel di Avatar. Il tutto amplificato dal genio e dalla forza innovatrice, in ambito tecnico e produttivo, di James Cameron. Avatar: La via dell’Acqua è quel tipo di film che rivela quanto ci eravamo abituati male a livello di effetti speciali negli ultimi dieci anni di blockbusters. La seconda metà del film è attualmente, per citare il film di DeMille visto dal giovane Spielberg in The Fabelmans, il più grande spettacolo del mondo.
8. Gli orsi non esistono: difficile separare il film dal suo autore. E in questo caso non è neanche giusto farlo, vista la componente meta-cinematografica de Gli orsi non esistono, la vicenda giudiziaria del regista Jafar Panahi e lo stato delle cose in Iran. Il film fonde queste tre realtà alla perfezione, diventando cinema-verità nel senso di un’opera che quella verità la reclama con forza.
9. The Batman: il Batman grunge, impacciato e spaventato di Robert Pattinson merita con forza di entrare nella classifica. Il film nel raccontarci questo “anno Due” del Cavaliere Oscuro si ricorda di un passaggio sempre troppo dimenticato nei film dedicati all’uomo pipistrello: Gotham. La vera amante di Batman qua prende con forza la scena e diventa protagonista di alcune sequenze iconiche messe a punto da Matt Reeves. A lato si può dire che The Batman rappresenti un ulteriore passo del mondo cinecomics come contenitore (o meglio maschera?) di altri generi.
10. Bones and All: torna Luca Guadagnino e non vedevamo l’ora. Bones and All è un film carnale, con baci finalmente veri e una forza espressiva di cui sentivamo il bisogno. Un piccolo gioiello pop con due protagonisti meravigliosi che pesca dalle giuste fonti e viene tenuto insieme dallo sguardo ormai consapevole del regista italiano.
Flop
1. Jurassic World – Il dominio: il terzo capitolo della nuova trilogia aveva tutte le caratteristiche per diventare uno dei blockbuster dell’anno. Una serie di calci di rigore a porta vuota. Colin Trevorrow è riuscito nell’impresa di tirarli tutti fuori. A partire dal fatto che nel capitolo finale di una trilogia sui dinosauri, il grande villain non può essere uno sciame di locuste.
2. Cut! Zombi contro zombi: in questo caso entra nella flop non tanto per la qualità del film. Anche perché si tratta di un remake frame per frame del quasi omonimo film rivoluzionario (per il genere) di Ueda. L’operazione però, proprio per questa assoluta specularità, è particolarmente fastidiosa e quasi irrispettosa se fatta da un regista premio Oscar come Hazanavicius.
3. Belfast: il film più personale di Kenneth Branagh contiene molti lati positivi ma anche tutti i difetti del suo autore. Ammiccamenti al pubblico e un autocompiacimento di larga scala.
Il film italiano
Spaccaossa: citare Ennio in questa sezione non sarebbe corretto. È un unicum non replicabile. Eppure segnali incoraggianti dal cinema italiano in questi mesi sono arrivati, soprattutto dalle opere prime. Piccolo Corpo è un film meraviglioso, forse tra i più meritevoli in assoluto. In questo caso si segnala però un altro esordio alla regia, quello di Vincenzo Pirrotta con Spaccaossa. Film solidissimo, cupo e senza speranze, dal cast di all star siciliane e ambientato in una Palermo inedita.
Il film sottovalutato
Apollo 10 e mezzo: che peccato che Apollo 10 e mezzo sia stato buttato sul catalogo Netflix senza venir sostenuto da nessuna campagna pubblicitaria. Il talento di Linklater però è sempre lì a ricordarci di che narratore meraviglioso sia, con la sua empatia mai banale.
La scena indimenticabile
Gli 11 minuti del piano-sequenza iniziale di Athena rappresentano la follia impensabile, tra bellezza e terrore, che è stato questo 2022.
Giacomo Placucci
Un cinema di transizione, quello del 2022, alla ricerca di un pubblico rinnovato e di un nuovo modo di concepire l’intrattenimento. Tra sala e piattaforma, exploit autoriali e blockbuster cerebrali, quello appena passato è un anno che segnerà il futuro della produzione filmica, nel bene e nel male.
Top
1)Bardo: esercizio di gigantismo masturbatorio? Forse, ma mai così personale, intimo ed importante. Uno spartiacque nella carriera del regista messicano.
2)The Fabelmans: il film più teorico del cineasta americano per eccellenza. Un sogno rivelatore trasformato in dramma familiare, trasformato in film e ritrasformato in sogno. Imprescindibile.
3)Gli orsi non esistono: meta-cinema politico di incredibile forza ideologica, l’opera filmica più impegnata ed essenziale dell’anno.
Flop
1)Eo: una favola animalista diluita nella retorica fiabesca e disinnescata dall’eccesso estetizzante. Pedante e insopportabile.
2)L’immensità: opera essenziale sulla carta ma superficiale e inconcludente sullo schermo. Una dolorosa occasione sprecata.
3)The Menu: premessa aguzza ma sviluppata a metà, per un delirio gastronomico accattivante ma vuoto, tutto fumo e niente arrosto.
Il film italiano
Le pupille: non un lungometraggio, ma in ogni caso una delle visioni più tenere, coinvolgenti e originali dell’anno. Rohrwacher è ormai una garanzia, e questa è forse la sua opera più compiuta. Bellissimo.
Il film sottovalutato
Blonde: film difficile e problematico, ma pregno di riflessione sul mezzo cinematografico e sullo sguardo spettatoriale. Una tragedia fotografica, un’odissea di dolorismo pop.
La scena indimenticabile
Due sequenze extra-ordinarie da due gioielli action: la spettacolare gara di ballo di RRR; l’ultimo atto di Top Gun – Maverick. Cinema d’intrattenimento che sfonda lo schermo, come dovrebbe essere.
Giuseppe Causarano
Il 2022 è stato l’anno della ripresa per quanto riguarda il cinema. Se, da una parte, le piattaforme streaming continuano a prendere la scena in maniera ormai stabile, proponendo prime visioni con regolarità e film usciti nelle sale con tempi sempre più brevi rispetto al passaggio iniziale sul grande schermo, dall’altra abbiamo assistito a un ritorno del pubblico al cinema, sebbene soprattutto per eventi di forte richiamo come Top Gun: Maverick e Avatar – La via dell’acqua.
La crisi delle sale cinematografiche divampata negli ultimi anni non è dunque stata ancora superata, ma si può cercare di guardare con ottimismo quantomeno al breve e medio periodo, mentre in prospettiva occorre una nuova impostazione che non può prescindere dalla concertazione tra produttori, distributori, esercenti e piattaforme di streaming. Andiamo a riscoprire l’annata cinematografica attraverso una selezione dei migliori film:
Top
1. The Fabelmans: l’opera più personale di Steven Spielberg, un bellissimo regalo a chi ama il cinema attraverso il ricordo della sua giovinezza e degli esordi alla regia. Un film stilisticamente straordinario, con alcune meravigliose sequenze già scolpite nell’immaginario che Spielberg ha creato nella propria carriera. Poetico.
2. Licorice Pizza: l’ennesimo gioiello firmato Paul Thomas Anderson. Una regia eccellente, una fotografia morbida, una scrittura essenziale, una scenografia nota a ogni cinefilo e due protagonisti travolgenti, che coltivano il desiderio di trovare il proprio posto nel mondo. È come un vinile che suona una musica che non ci stancheremmo mai di ascoltare. Vintage, intramontabile e affascinante.
3. Ennio: un omaggio a un caro amico, un viaggio nella carriera del compositore più importante della storia del cinema italiano. Giuseppe Tornatore racconta Ennio Morricone attraverso un documentario personale ed emozionante, in un percorso artistico lungo sessant’anni.
4. The Batman: Matt Reeves crea una Gotham cupa e violenta, nella quale un Batman ancora giovane e profondamente tormentato combatte senza risparmiarsi, alla ricerca della direzione più giusta da prendere per assicurare la giustizia in una città che altrimenti andrebbe perduta. Grande prova di Robert Pattinson in un film complessivamente straordinario, la cui drammaticità è accompagnata da un’epica colonna sonora.
5. Omicidio nel West End: un film delizioso, con due protagonisti d’eccezione quali Saoirse Ronan e Sam Rockwell. Tom George cita Wes Anderson e omaggia Stanley Kubrick e, nelle ambientazioni di una elegante Londra anni Cinquanta, realizza un giallo impeccabile, accompagnato da una raffinata soundtrack.
6. Belfast: Kenneth Branagh torna nella sua città d’origine e racconta un’epoca drammatica nella quale egli è cresciuto, in una famiglia piena d’amore e contraddistinta da un grande spirito di sacrificio. La passione per il cinema, i momenti tristi e quelli più felici: un bellissimo ritratto con un giovane protagonista d’eccezione, punta di diamante di uno splendido cast artistico.
7. Top Gun Maverick: Tom Cruise torna a volare dopo tantissimi anni e centra perfettamente l’obiettivo. Il film contiene tutti i cliché che erano già presenti nel Top Gun originale, ma che qui vengono rielaborati e inseriti in una struttura narrativa calibrata e inossidabile. Sequenze d’azione superlative.
8. Avatar – La via dell’acqua: il nuovo capitolo della saga creata da James Cameron espande un universo che si conferma affascinante, e che ha ancora qualcosa di suggestivo da raccontare. Oltre a un’impalcatura visiva e spettacolare assolutamente straordinaria, più della narrazione degli eventi sono rilevanti gli spunti sui quali il regista suggerisce una riflessione, tra cui l’importanza della famiglia, il rispetto della natura e l’integrazione dei popoli, soprattutto nell’epoca della globalizzazione.
9. Spencer: Pablo Larraín racconta una Lady Diana che sceglie la libertà per sé stessa e, fin dove possibile anche fosse solo per un giorno, per i suoi figli. Una presa di posizione forte, necessaria per la propria salvaguardia e inevitabilmente egoistica, che ha però evidenziato ciò che la Principessa ha lasciato a tutti noi: un patrimonio di onestà e profondissima umanità, forse senza eguali. E qui omaggiata da una Kristen Stewart meravigliosa: anzi, regale.
10. Blonde: un ritratto non convenzionale di Marilyn Monroe attraverso la visione di Andrew Dominik che, al netto di qualche eccessiva ridondanza narrativa, racconta la storia dolorosa della diva più iconica. Un progetto che non sarebbe stato possibile rendere così ambizioso e in gran parte riuscito senza l’interpretazione magistrale di Ana de Armas.
Flop
1. Amsterdam: David O. Russell sembra ormai girare a vuoto. Nonostante un cast composto da assi quali Christian Bale, Margot Robbie e John David Washington, ai quali si aggiungono Robert De Niro, Rami Malek e altri ancora, il film non riesce mai a trovare un equilibrio del tutto convincente.
2. Animali Fantastici: I segreti di Silente: una saga, quella diretta da David Yates, che ha pagato il conto alle polemiche che hanno coinvolto J.K. Rowling, ai continui rinvii, ai conseguenti ritardi, ai cambiamenti nel cast artistico e a un’incertezza che ha da sempre accompagnato la serie. Questo terzo capitolo lascia decisamente perplessi, più che appassionare.
3. Glass Onion – Knives Out: Rian Johnson cerca di proporre un whodunit dalla struttura narrativa differente da quella del primo capitolo ma il confronto non regge. Nonostante un Daniel Craig a suo agio nel ruolo di Benoit Blanc e un cast di grandi firme, Glass Onion si slava soprattutto nella parte centrale, arrancando parecchio inizialmente e non convincendo sul finale. Occasione persa per il regista.
Il film italiano
Nostalgia: in concorso al Festival di Cannes, il film conferma lo stato di grazia di Mario Martone, reduce dal successo di Qui rido io. Pierfrancesco Favino recita in un napoletano dall’accento arabo, e interpreta un personaggio che si perde tra le strade del Rione Sanità, dopo averle ritrovate a distanza di quarant’anni dalla sua partenza verso il Medio Oriente. Una pellicola essenziale, che racconta però un’amara contemporaneità.
Il film sottovalutato
Con chi viaggi: Niccolò Celaia e Antonio Usbergo, ovvero gli YouNuts!, dirigono un film che si svolge quasi interamente all’interno di un’automobile, in viaggio da Roma a Gubbio. Quattro protagonisti che si confrontano e si scontrano, ma tutti loro hanno qualcosa da nascondere. Bellissime le interpretazioni di Lillo Petrolo, Alessandra Mastronardi, Michela De Rossi e Fabio Rovazzi. Un gioiellino.
La scena indimenticabile
In The Fabelmans Burt Fabelman chiede al figlio Sammy di montare i filmati realizzati al campeggio che tutta la famiglia ha trascorso nella natura qualche tempo prima. Burt pensa che questo possa giovare all’umore della moglie Mitzi. Così, messosi al lavoro, Sammy comincerà a ripercorrere quei momenti felici, ma qualcosa lo turberà profondamente: in alcune inquadrature, egli ha involontariamente colto la madre in atteggiamenti teneri con l’amico di famiglia Bennie. Spielberg alterna il patimento di Sammy dinanzi alla macchina per il montaggio con primi piani per la madre Mitzi che suona al piano e per il padre Burt che la osserva, ma è consapevole che questa rivelazione potrebbe sovvertire gli equilibri familiari. Una scena densa di significato.
Giuseppe Grossi
Un anno di grandi ritorni. Dai cieli di Top Gun all’acqua di Pandora, passando per la terra fetida di Gotham City. Senza dimenticare il fuoco della novità con la furia di The Northman, la giovinezza di Licorice Pizza e la libertà di Spencer. Un anno capace di stupire, perché quasi tutti i grandi successi sono stati accompagnati dalla perplessità (sempre loro: Maverick, The Batman, Avatar – La via dell’acqua), per poi far ricredere tutti. Un anno impreziosito da almeno due perle italiane (Ennio e Esterno Notte), un outsider spuntato dal nulla (Everything Everywhere All At Once) e dalla consapevolezza che il cinema è tornato davvero a respirare. Anche sott’acqua.
Top
1. Top Gun Maverick: Per la capacità di omaggiare il passato senza rinunciare al bisogno del futuro. Puro spettacolo cinematografico: dinamico, epico e commovente. Il film che ha ricordato a tutti perché amiamo andare al cinema.
2. Licorice Pizza: Un film che ha la forma e i colori dei ricordi: frammentato, tenero e pieno di vita. Senza crogiolarsi nella nostalgia, Paul Thomas Anderson ci ricorda che la giovinezza corre sempre libera anche senza conoscere la destinazione.
3. The Batman: il Cavaliere Oscuro definitivo. Fumettistico come quello di Snyder eppure realistico come quello di Nolan. La somma, forse, li supera entrambi. Matt Reeves ci regala un Batman non ancora uomo e non più ragazzo, ambientando la sua caccia al serial killer in una fogna urbana di cui si sente ancora il fetore.
Flop
1. Jurassic World: Il Dominio: Doveva essere il grande finale, ma il tonfo è stato tremendo. Un film senza idee, pigro e insulso, che gira a vuoto senza celebrare il mito di un brand senza idee. Nota di demerito: l’utilizzo imbarazzante e passivo della vecchia guardia, con i personaggi di Jurassic Park che stanno letteralmente a guardare.
2. Don’t Worry Darling: Promettere e non mantenere. Un thriller presuntuoso, sovraccarico di aspettative nella prima parte e poi sempre più sgonfio col passare dei minuti. Un’accozzaglia di cose già viste altrove con tanto di morale da “presunto femminismo: starter pack” davvero banale e fuori tempo massimo.
3. Lightyear: Dopo una prima mezz’ora da antologia, la Pixar si impigrisce di colpo e inserisce il pilota automatico. Peccato, perché tra le mani ne aveva uno bravo per davvero.
ll film italiano
Ennio: La celebrazione di un mito come Morricone non poteva cedere al fascino dell’agiografia. E allora ecco un ritratto ispirato e sincero di un uomo che prima della gloria ha sofferto e conosciuto persino la vergogna.
Il film sottovalutato
Prey: Un prequel perfetto: storico, essenziale e ispirato nella messa in scena, ma con un unico, grande difetto che lo ha inibito: lo abbiamo visto tutti a casa.
La scena indimenticabile
Le improvvise vertigini del Cavaliere Oscuro viste in The Batman. Con un piccolo dettaglio Matt Reeves ci ha raccontato un personaggio intero: ancora acerbo, insicuro e grezzo. L’azione che racconta. Il cinema puro.
Luca Liguori
L’industria e la sala cinematografica non se l’è passata bene in questo 2022, così come negli anni precedenti. Ma se si parla di qualità il discorso cambia, perché anche quest’anno i bei film non sono mancati, tutt’altro. E ancora una volta hanno dimostrato che non c’è streaming che tenga, perché le esperienze cinematografiche più indimenticabili si vivono sempre e comunque in sala.
Top
1. Avatar – la via dell’acqua: 3 ore di puro spettacolo e meraviglia come non ci capitava di vedere… dall’ultimo film di James Cameron.
2. Ennio: molto più che un documentario, una vera e proprio celebrazione di un genio del cinema e dell’arte in generale. Da rivedere in continuazione.
3. Licorice Pizza: lo stile unico di Paul Thomas Anderson per un film dolcissimo e vitale.
4. Gli orsi non esistono: il nuovo film di Panahi avrebbe meritato il Leone d’oro, per quello che racconta e come lo racconta.
5. Nope: Jordan Peele è ancora alla ricerca del suo film “capolavoro”, ma continua a sorprendere e stupirci con un cinema mai banale.
6. Spencer: non un biopic, ma una ricostruzione quasi favolistica di una vicenda che tutti pensavamo di aver già visto in ogni salsa. Pablo Larraín non si smentisce.
7. The Batman: aveva davvero senso fare un nuovo film su Batman con un nuovo attore? A quanto pare sì, complimenti a Matt Reeves e Robert Pattinson per l’azzardo.
8. The Fabelmans: non il capolavoro che forse mi aspettavo, ma un film comunque bellissimo. Soprattutto quando Spielberg parla di quello a cui tiene veramente: il cinema.
9. Triangle of Sadness: eccessivo e squilibrato, sì, ma anche geniale e irriverente. E per questo divisivo. Io l’ho amato.
10. Un eroe: Farhadi è un nome che ha fatto molto discutere in questo 2022, ma il suo talento è indubbio. Lo dimostra la sceneggiatura perfetta di questo film e quell’inquadratura finale da applausi.
Flop
1. Blonde: un film che mi ha irritato e infastidito come poche volte mi era capitato di recente. Come dite, voleva essere questo lo scopo del regista? E allora apprezzerà anche questo mio voto di “sfiducia”.
2. Matrix Resurrections: sulla carta poteva/doveva essere un film geniale e sovversivo, in realtà nessuno se lo ricorda già più. E meno male…
3. Red: cara Pixar, dove sei finita?
Il film italiano
Oltre al già citato Ennio, tra colpi di fulmine c’è anche un altro film in gran parte italiano: Bones and All di Luca Guadagnino è una storia d’amore per stomaci forti ma difficile da dimenticare.
Il film sottovalutato
Bardo, la cronaca falsa di alcune verità: sarà prolisso e autoreferenziale quanto volete, ma l’ultimo film di Inarritu contiene non una ma moltissime sequenze di grande impatto, sia da un punto di vista poetico/emotivo che tecnico. Peccato che molti non gli abbiano dato neanche una chance, il cinema d’autore è anche prendersi questi rischi e, perché no, fallire.
La scena indimenticabile
Tra i film in top 10 sicuramente gli ultimi 5 minuti finali di The Fabelmans, con l’insegnamento di John Ford/David Lynch subito messo in pratica e un’inquadratura finale davvero perfetta.
Tra quelli non ancora citati, il magnifico e impressionante piano sequenza iniziale di Athena.
Martina Barone
Non apprezzo particolarmente le classifiche di fine anno. O le semplici liste. O che qualcuno mi chieda qual è stato il mio film preferito, la serie che mi ha emozionato di più, il più grande momento vissuto in una sala cinematografica e così via. Mi diverte leggere quelle degli altri, trovare delle assonanze col mio gusto o con l’andamento della critica e del pubblico per avere un quadro generale. La verità è che provo solamente molta ansia nel dover rispettare ogni pellicola che ho visto, amato, e saperle trovare un posto adatto nel podio dei (presunti) vincitori o in fondo alla mia sequenza di titoli stilati.
Quest’anno, però, ho avuto una sorta di illuminazione. Niente di trascendentale, ma una rivelazione che ha reso l’idea di dover scegliere da un bacino così esteso più tollerabile e (forse) meno legata a una certa pressione che probabilmente solamente noi che tentiamo di scrivere di cinema proviamo. Ho infatti sentito che nel decidere quali film o serie hanno caratterizzato il 2022 ho potuto ripercorrere in parte tutti i fremiti che le narrazioni audiovisive hanno saputo donarmi anche questa volta. Dall’anca ballerina di Austin Butler in Elvis, alle mani intrecciate di Licorice Pizza ai multiversi che ci tramutano in sassi di Everything Everywhere All At Once. È stato un anno di gran cinema. Come, fortunatamente per me, ogni anno.
Top
1. Nope: è insieme puro cinema d’intrattenimento e sua medesima teorizzazione. È l’averci portati dentro ad un ranch per divertirci e averci fatto una lezione su cos’era il cinema delle origini, come è cambiato nel tempo e come si realizza oggi. È tesi sull’immagine mentre i fotogrammi scorrono veloci, meglio se al galoppo di un cavallo. È l’autorialità che non dimentica che l’arte cinematografica è stata ideata per svagarsi, studiandone il come, il perché e il quando.
2. The Fabelmans: Steven Spielberg continua il suo percorso di analisi dei temi familiari e non solo lo inserisce, come fatto da sempre nella sua carriera, nelle narrazioni che propone al cinema, ma rende i suoi genitori centrali all’interno di The Fabelmans, così come le sorelle, uno zio pazzo e un altro parente acquisito che, a suo modo, gli ha cambiato la vita. La pellicola non è solo omaggio all’amore del cineasta per un’arte che ha praticato, adorato e esaltato da sempre, ma è la testimonianza che la passione, quando è vera, non si perde mai. E che Steven Spielberg continua a fare film oggi con lo stesso identico entusiasmo con cui li faceva da ragazzino.
3. Licorice Pizza: Paul Thomas Anderson si concede un amore adolescenziale e lo fa con Licorice Pizza. Per metterlo in scena chiama Cooper Hoffman, figlio di quell’attore Phillip Seymour che tanto lo ha accompagnato nel suo percorso, e gli affianca una forza della natura come la grinta di Alana Haim, accendendo la scintilla nei giovani e negli spettatori. Le immagini sono stupende, le atmosfere evocative, ma è quell’amore rarefatto di quando si hanno tutte le possibilità davanti che rimane di un film in cui i protagonisti non possono che corrersi incontro, continuamente. Fino ad imbattersi in quel meraviglioso finale, completamente a perdifiato.
Flop
1. The Northman: Robert Eggers ci aveva promesso l’epicità e invece ci ha offerto solo l’investimento produttivo e un paio di fotogrammi da poter ritirare fuori per evocare qualche suggestione nordico-gotica. The Northman è una delusione perché dal regista e sceneggiatore di The Witch e The Lighthouse ci si sarebbe aspettato ben altro, non una narrazione classicheggiante spacciata per horror-visionario e canonica tanto nella scrittura, quanto nella risoluzione della messinscena. L’esempio per capire che crescere non significa avere maggiore possibilità produttive, o che forse aspirare al grande pubblico non è per forza da tutti.
2. Amsterdam: A differenza di The Northman e la fiducia comunque data al suo autore Robert Eggers, con David O. Russell e il suo Amsterdam non avevamo poi chissà quante speranze. L’eccessivo numero di gran nomi nel cast faceva già presagire il risultato mediocre che la pellicola avrebbe voluto nascondere, visti gli ultimi insuccessi da cui arrivava anche il regista, a cui va aggiungendosi il suo Amsterdam. Un giallo a imbuto in cui non è solo l’indagine ad arrivare al limite, ma la pazienza degli spettatori, annoiati dai giri arzigogolati della sceneggiatura che non conducono poi a nulla di concreto. Così come per le interpretazioni degli attori, in cui a uscirne stropicciati sono anche due assi come Christian Bale e Margot Robbie.
3. Bardo, la cronaca falsa di alcune verità: un flop che ha il retrogusto della delusione. Forse anche più per il The Northman già citato. Alejandro González Iñárritu realizza il suo 8 e mezzo, con tanto di citazione finale, ma si aggroviglia nei temi cari solamente a se stesso e che non riescono a coinvolgere nel film lo spettatore. Un percorso di analisi e di introspezione nella sua vita e carriera in cui l’autore inserisce troppo per non giungere, però, a nulla. Immagini da togliere il fiato e una estasiante sequenza danzante che mostrano la bellezza di cui il regista e sceneggiatore messicano è capace (cosa che già sapevamo) e di cui in Bardo, la cronaca falsa di alcune verità ci ha a più riprese privato.
Il film italiano
Margini: nella provincia di Grosseto non succede mai niente. Fino ad ora. È Margini il film italiano che, nella sua aria indipendente e con tanta tanta voglia di spaccare il mondo, parte dalla provincia per poi, sostanzialmente, restarci. Ma da quella spinta propulsiva, quel desiderio di allargare le proprie possibilità e i propri orizzonti, Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti tracciano un’opera che trasforma in cinema i sogni giovanili e quella voglia di fare una, anche solo una cosa che si ama prima di cominciare la vita adulta.
Il film sottovalutato
Blonde: non avrei mai pensato di dover mettere un film come Blonde tra i più sottovalutati dell’anno, eppure eccoci qui. La scelta è stata motivata dalla grande risonanza negativa che la pellicola ha suscitato, dovuta in parte a un gran fraintendimento da parte del pubblico, che ha visto nella rappresentazione di Norma Jean/Marilyn Monroe il piacere nell’infliggere dolore da parte di Andrew Dominik nei conforti della (doppia) donna. Quando in realtà l’obiettivo era ed è stato l’esatto opposto. Nel suo essere mostrata come vittima, la fotografia dell’esistenza della protagonista vuole volutamente mettere a disagio lo spettatore per far sentire sulla sua pelle tutti i soprusi dovuti affrontare dalla donna. È un cinema che non vuole essere comodo, bensì infliggere nel pubblico lo stesso dolore dell’icona. E ci riesce. E forse proprio per questo ha fatto troppo male. Ma sono da benedire tali sensazioni, augurandoci di doverle provare solamente al cinema.
La scena indimenticabile
Baz Luhrmann scrive e dirige il suo cinecomic. Lo intitola Elvis e sceglie come protagonista la famosa icona musicale. Un ragazzino con l’amore per la musica, una frequentazione assidua con la chiesa che gli ha infuso lo spirito divino del canto e la passione per i fumetti. Anche lui desideroso prima o poi di indossare un mantello, magari davanti ad una folla gremita e urlante. La scena indimenticabile, perciò, non può che essere la scoperta, da parte del pubblico, del potere del protagonista. Alla sua prima esibizione pubblica nell’opera, il giovane Presley comincia a ondeggiare le proprie anche lanciando fulmini fino alle innocenti spettatrici, che in quel momento vengono assalite dal fuoco peccaminoso del desiderio. L’incatenamento tra il cantane e il pubblico. Era il suo avvio verso il futuro.
Matteo Maino
Il 2022 è stato un anno cinematografico trascorso al grido di “Ripartenza!”, anche se il viaggio spesso si è dimostrato una lunga dritta strada ben battuta, dove difficilmente ci si poteva smarrire. Molti buoni film, alcuni ottimi, ma pochi quelli che hanno davvero regalato un’emozione inaspettata, un senso della (ri)scoperta cinematografica e una voglia di mettere in discussione il nostro sguardo di spettatori ormai troppo abituati a un (certo tipo di) audiovisivo preponderante nella nostra quotidianità. Che il 2023 possa veder crescere i nuovi semi che questo 2022 ha piantato. Allora, sarà una vera ripartenza.
Top
1. Avatar: La via dell’acqua, perché ci ha ricordato quanto è importante l’esperienza in sala, quanto il digitale possa essere strumento per oltrepassare i limiti che conosciamo. Proprio quello che deve fare l’arte in quanto tale.
2. Ennio, perché un documentario così pieno di cuore, di ricordi, di musica non può lasciare indifferenti. La celebrazione non solo di un genio chiamato Morricone, ma delle emozioni che abbiamo provato e continueremo a provare, ascoltando le sue composizioni.
3. The Batman, perché è la dimostrazione che non conta il personaggio, ma la visione del suo autore a rendere speciale un adattamento. Matt Reeves riesce a rinnovare l’immaginario cinematografico dell’uomo pipistrello con un thriller esistenziale che sembra non avere una nota fuori posto.
4. Top Gun: Maverick, perché nonostante i suoi difetti è impossibile resistergli. Il blockbuster come si dovrebbe fare, capace di coinvolgere e trascinare il proprio pubblico con una storia semplice, ma dal grande spettacolo, senza dimenticare le giuste emozioni. Una sorpresa.
5. Nope, perché è cinema d’intrattenimento, saggio cinematografico, esibizione di maestria, personalità e critica sociale, in un minestrone imprevedibile stratificato e mai banale.
6. Blonde, perché nella sua esibizione arty ricorda che il cinema non è solo il luogo dei sogni, ma anche e soprattutto quello degli incubi. Perturbante, sfuggente, anarchico e cattivo, ma anche coraggioso, indipendente, stimolante.
7. Bones and All, perché Luca Guadagnino sembra riuscire a mettere in scena l’interiorità degli adolescenti di oggi attraverso il genere cannibalico senza perdere un grammo di sensibilità. Una delle visioni più romantiche dell’anno.
8. The Fabelmans, perché quando parla del fuoco della passione è più luminoso di un proiettore. E perché quelle piccole mani che catturano il film proiettato sono forse l’immagine più iconica e potente del motivo per cui amiamo il cinema.
9. RRR, perché è tutto quello che ci servirebbe: tre ore di azione, balli, melodrammi, esagerazioni, grana grossa, divertimento che il nostro cinema d’intrattenimento spesso dimentica. La visione più ipnotica dell’anno.
Flop
1. Matrix Resurrections, perché è un autosabotaggio che sfrutta male le sue ottime premesse.
2. Lightyear, perché è impossibile rimanere colpiti come il giovane Andy dopo aver visto un film dimenticabile e insapore come questo.
3. Black Panther: Wakanda Forever, perché non basta una scena finale di forte impatto se il resto del film è incapace di creare davvero un mondo a cui legarsi (a differenza del primo capitolo).
Il film italiano
America Latina e Piccolo Corpo, perché i fratelli D’Innocenzo e Laura Samani fanno un cinema che in Italia non si ha il coraggio di fare (quasi) mai, con una padronanza del mezzo che lascia sbigottiti.
Il film sottovalutato
Bardo, la cronaca falsa di alcune verità, perché il cinema d’autore può anche essere egoriferito, bulimico, chiuso nella personalità del suo demiurgo e spesso lo dimentichiamo, mettendo in secondo piano una creatività individuale in favore del nostro sentirci accomodati.
La scena indimenticabile
Senza nulla togliere al combattimento finale di The Northman o agli eccessivi e infiniti attacchi di vomito in Triangle of Sadness, la scena indimenticabile di questo 2022 è in Avatar: La via dell’acqua, durante il ritorno dei tulkun nelle acque del reef dei Metkayina. In quel senso di meraviglia, di gioia, di ritorno a casa, di connessione spirituale e di “Io ti vedo” gridati, tra neonati grandi quanto un occhio di balena intenti a fare le prime nuotate e la voglia di raccontare agli amici tutto ciò che è successo in quel tempo perduto, si ritrova tutta la bellezza dell’andare al cinema e del sentirsi vivi.
Max Borg
Un anno iniziato con i ricordi di Paul Thomas Anderson, e che finisce con quelli di Steven Spielberg. In mezzo, la grande libertà espressiva di Alexander Sokurov, il genio satirico di Ruben Östlund, il blockbuster d’autore targato Matt Reeves e Joseph Kosinski, l’animazione come grande arte in mano a un maestro come Guillermo del Toro. Ma anche folgoranti esordi come quello della svedese Ninja Thyrberg (Pleasure) e la conclusione di una trilogia che, nel bene e (soprattutto) nel male, ha segnato gli ultimi anni dell’audiovisivo mondiale.
Top
1.The Fabelmans: Steven Spielberg parla di sé, del suo cinema, e di come l’arte possa cambiare la vita a tutti. Un’opera matura che si rivolge al giovane interiore del pubblico.
2.Fairytale: Costretto a reinventarsi a causa della pandemia, Alexander Sokurov si serve dell’animazione per firmare una summa della sua visione lucidissima del ventesimo secolo.
3.EO: il minimalismo bressoniano di Skolimowski ci rimette in contatto con la natura, tramite uno dei protagonisti più adorabili dell’anno.
4.Licorice Pizza: il film più tenero di Paul Thomas Anderson, con la rievocazione malinconica e al contempo spassosa degli ambienti hollywoodiani di ieri.
5.RRR: il cinema indiano nella sua forma più epica e ipertrofica, un concentrato di azione, pathos e musica che intrattiene alla grande per tre ore.
6.Speak No Evil: l’horror europeo che spiazza e disturba nel migliore dei modi, sovvertendo i cliché su Danimarca e Paesi Bassi con esilarante crudeltà.
7. Pinocchio di Guillermo del Toro: la rilettura del libro di Collodi che ne stravolge parzialmente il messaggio ma ne conserva lo spirito, perfettamente in linea con la poetica del regista.
8. Incroci sentimentali: amori instabili ai tempi del Covid, secondo la visione senza compromessi di Claire Denis, con un grandissimo duetto fra Vincent Lindon e Juliette Binoche.
9. Top Gun: Maverick: il blockbuster americano dell’anno, un prodotto d’altri tempi che arriva per ricordare il fascino del cinema fatto senza un’inondazione di CGI.
10. Nope: il terzo lungometraggio di Jordan Peele riflette in modo amaro sul mondo dello spettacolo, lavorando al contempo in maniera mirabile sul potere delle immagini sul grande schermo.
Flop
1.Altri 365 giorni: la fine di una trilogia che, a voler essere generosi, aveva esaurito le idee già nel primo episodio.
2. 365 giorni: Oggi: leggermente meno ignobile del suo sequel, per l’idea trashissima di regalarci un doppio Michele Morrone.
3.Il sesso degli angeli: un Pieraccioni stanco, ripetitivo, che riesce a rendere fiacca la teoricamente suggestiva trasferta svizzera.
4.Tutti a bordo: road movie che procede senza ritmo e senza idee, e Giovanni Storti senza Aldo e Giacomo non funziona.
5.Improvvisamente Natale: raro esempio di film dove la location riesce a rubare la scena a tutti gli attori, svogliati come mai prima d’ora.
6.Belli ciao: Pio e Amedeo, armati di un’idea dal potenziale comico non indifferente, senza però mai generare una struttura umoristica coerente.
7.C’era una volta il crimine: Massimiliano Bruno chiude la sua trilogia in modo rozzo e prevedibile, sprecando ogni occasione sul piano comico.
8.Secret Team 355: action spionistico al femminile, che riesce nell’impresa difficile di sprecare l’intero cast, in balìa della regia insipida di Simon Kinberg.
9.Pinocchio: quello di Zemeckis, che vuole aggiornare il classico Disney per mettere alla berlina la stessa industria che lo ha generato, ma annega in un mare di CGI che appiattisce il tutto.
10.Morbius: la Sony vuole fare il suo Multiverso, e così facendo perde per strada l’identità di quello che poteva essere un interessante racconto di vampiri.
Il film italiano
Ennio: grandissimo ritratto d’artista che restituisce tutte le sfumature del percorso musicale di Morricone.
Il film sottovalutato
Occhiali neri: un Dario Argento in apparenza banale, ma che si serve dei codici del giallo con fare quasi beffardo.
La scena indimenticabile
I titoli di testa di Top Gun: Maverick, con la nostalgia che cede sottilmente il posto al presente e alla vena malinconica di una trama che riflette in modo non banale sul tempo che passa.
Paolo Riberi
Tutto sommato, il 2022 è stato un anno piuttosto avaro di soddisfazioni dal punto di vista cinematografico: nonostante il debutto nelle sale di vari titoli di indubbio spessore, tocca constatare come troppo spesso sia mancato quel guizzo che avrebbe potuto fare la differenza.
Sono davvero troppi i film che, alla vigilia, avrebbero potuto facilmente scalare la classifica dei “Top” e che, invece, alla prova dei fatti si sono arenati nella palude dei lungometraggi indubbiamente buoni o molto buoni, ma sicuramente non memorabili.
Purtroppo, in uno scenario già molto povero di buone idee, tocca segnalare l’assenza delle sale italiane dell’ottimo Coma di Bertrand Bonello, film francese incomprensibilmente privo di un distributore che altrimenti avrebbe conquistato un posto di primissimo piano nella mia classifica personale.
Top
1. Fairytale – Una fiaba: perché unisce a una tecnica a dir poco sublime un viaggio surreale ed esistenziale nel cuore più oscuro del Novecento.
2. The Fabelmans: perché arriva direttamente al cuore, e ci ricorda l’importanza di inseguire i nostri sogni.
3. The Batman: perché è il miglior adattamento cinematografico dei fumetti del Cavaliere Oscuro. No, non sto bestemmiando…
4. EO: perché ci fa commuovere, e ci ricorda quanto il mondo possa essere buio e oscuro senza l’amore. E lo fa con una regia a dir poco magistrale.
5. The Northman: perché finalmente l’universo vichingo approda sullo schermo senza compromessi, restituendoci l’autenticità storica e la profondità del mito.
6. Bones and All: perché ci racconta una storia adolescenziale intensa e autentica, creando un perfetto connubio di gore e romanticismo, orrore e delicatezza.
Flop
1. Uncharted: perché riesce a distruggere un ottimo videogioco e una premessa narrativa davvero interessante e quasi preconfezionata con un’esecuzione imbarazzante. Ma soprattutto, perché affida un ruolo a Mark Whalberg.
2. Morbius: perché sbaglia completamente la costruzione di un cinecomic, ridicolizzando completamente il personaggio e la sua origin story. Quantomeno, qui non c’è Mark Whalberg…
3. Jurassic World: Dominion: perché non solo snatura un franchise già in declino perdendo del tutto di vista i dinosauri, ma lo fa sprecando nel peggiore dei modi il ritorno degli iconici attori del primo film.
4. Don’t Worry Darling: perché, con almeno vent’anni di ritardo, ci rifila un breviario senz’anima del cinema dedicato ai mondi virtuali. Non è soltanto prevedibile: è davvero banale!
5. Everything Everywhere All at Once: perché cerca disperatamente di stupirci e risultare originale a ogni costo, ma finisce per propinarci un insipido mix di ideologia woke, luoghi comuni e weirdness fine a se stessa, con una trama di fondo a dir poco risibile.
6. Blonde: perché con la sua tecnica ineccepibile incanta gli amanti dell’estetica, ma dilata e deforma inutilmente i tempi del racconto, fallisce nel catturare l’anima di Marilyn e propugna una brutta e pericolosa retorica antiabortista.
Il film italiano
Il signore delle formiche: perché mette a nudo il volto oscuro dell’Italia degli anni Sessanta, mostrandoci come i pregiudizi, l’ottusità e la bigotteria possano distruggere le vite degli uomini.
Il film sottovalutato
Bardo: perché pur essendo stato ingiustamente bistrattato dalla critica in occasione della sua premiere a Venezia, il nuovo film di Iñárritu è un capolavoro di realismo magico sudamericano, che ricorre al surrealismo per raccontarci la storia di un “figlio dei due mondi” e, con lui, quella del Messico intero, dando vita a un racconto al tempo stesso poetico e politico, intimo e corale.
La scena indimenticabile
L’epico duello finale di The Northman alle porte di Hel, tra la lava e le fiamme di un vulcano. Sulle note della colonna sonora di Robin Carolan e Sebastian Gainsborough la storia incontra il mito, e la vendetta più cruda si sublima nell’epica.
Simone Fabriziani
Quanta passione in questo 2022 che si sta spegnendo. Quante visioni, quanto talento, quante realtà hanno costellato l’anno che sta per terminare sul grande e sul piccolo schermo. Il 2022 al cinema non è mai stato così vibrante e vivace, complice certo il provare a mettersi alle spalle l’annus horribilis che il Covid aveva generato, riscoprendo un entusiasmo artistico che in un primo momento sembrava perduto. Eppure, la magia del cinema ha illuminato anche quest’annata ricca di titoli straordinari e sorprendenti, mettendo lo spettatore ancora una volta al centro dell’interesse di registi ed autori dietro la macchina da presa, al servizio di un gioco di riflessi grazie al quale anche questa volta siamo riusciti a specchiarci anfora una volta grazie al valore terapeutico di un grande (o piccolo) schermo.
Top
1.Everything Everywhere All At Once: perché è la risposta low-budget al multiverso targato Marvel e perché sa parlare all’America multietnica di oggi con un linguaggio cinematografico unico nel suo genere.
2.Blonde: perché Andrew Dominik porta sul grande schermo un romanzo infilmabile avvalendosi di una straordinaria Ana De Armas nei panni di Marilyn.
3.Triangle of Sadness: perché il film di Ostlund è satira graffiante sul classismo occidentale e sulle sue improbabibli ed esilaranti conseguenze.
4.RRR: perché il kolossal indiano di Rajamouli contiene tutti i linguaggi cinematografici propri del cinema popolare. Il risultato è uno spettacolo per gli occhi e per le orecchie.
5.Pinocchio di Guillermo del Toro: perché la rivisitazione in chiave dark della favola di Collodi è il film più maturo e commovente di del Toro dai tempi de Il labirinto del fauno.
Flop
1.L’ombra di Caravaggio: perché il film di Michele Placido manca di rispetto al grande pittore del XVII secolo con una messa in scena superficiale e grossolana.
2.Amsterdam: perché il nuovo film di David O.Russell pecca di superbia e spreca l’immenso talento del suo cast all-star. L’occasione mancata dell’anno.
3.Pinocchio: perché il live-action ispirato al classico d’animazione è diretto da Zemeckis con mano stanca e senza personalità, dando vita al peggior Pinocchio degli ultimi anni.
4.Occhiali neri: perché il grande ritorno di Dario Argento sul grande schermo sa già di vecchio, non spaventa, non intrattiene, non fa sorridere. Che disastro!
5.Aline – La voce dell’amore:perché il film diretto ed interpretato da Valerie Lemercier è uno dei peggiori biopic mai realizzati negli ultimi anni. Chissà cosa ne pensa Cèline Dion!
Il film italiano
Nostalgia: perché il film di Mario Martone è un lirico e struggente viaggio alle radici della propria infanzia, un dolente naufragio nella nostalgia in cui Napoli diventa labrinto del cuore e della mente.
Il film sottovalutato
Don’t Worry Darling: perché il secondo film da regista di Olivia Wilde è tutto fuorché il disastro annunciato, ma sa invece intrattenere e far riflettere.
La scena indimenticabile
In Blonde, la scena in cui Marylin posa con il suo proverbiale abito bianco davanti ad una grottesca folla maschile di fotografi. Estasi e tormento di un film straordinario.