Il pianista, di Roman Polanski, racconta la storia vera di Wladyslaw Szpilman, e in particolare della sua vita durante gli anni dell’occupazione tedesca di Varsavia, in Polonia, durante la Seconda Guerra Mondiale. Il film con Adrien Brody è tratto dal volume autobiografico The Pianist: The Extraordinary True Story Of One Man’s Survival in Warsaw, e restituisce in maniera fedele gli avvenimenti occorsi a Szpilman nel corso del quinquennio bellico.
Nato nel 1911, Wladyslaw Szpilman perfeziona i suoi studi musicali prima in Polonia e poi a Berlino, presso la locale Accademia delle Arti. Nel 1933, all’ascesa al potere di Hitler, Szpilman torna in Polonia, dove in breve si fa un nome come compositore ed esecutore pianistico; del 1934 è infatti una serie di concerti, in coppia con il violinista Bronislav Gimpel, in varie città degli Stati Uniti. L’anno successivo, nel 1935, precisamente il 5 aprile, Szpilman viene assunto come pianista di punta della radio nazionale polacca, per la quale suona brani del repertorio classico, ma anche composizioni jazz. Nel frattempo, prosegue l’attività di compositore, e diventa una delle personalità più note del Paese.
L’ingaggio alla radio dura fino al 23 settembre 1939 quando, alcune settimane dopo l’invasione nazista della Polonia del 1 settembre, mentre Szpilman sta suonando il Notturno in Do diesis minore di Chopin, la stazione è vittima di un bombardamento, ed è costretta a chiudere l’attività. Nell’autunno del 1940, poi, tutti gli ebrei della città vengono trasferiti in una zona a loro dedicata, il famoso “ghetto di Varsavia”, con un muro a separarli dal resto della popolazione. Szpilman, per sbarcare il lunario inizia allora a lavorare come pianista in alcuni caffè, a cominciare dal Nowoczesna Cafè, e poi successivamente, come solista o in gruppo con dei musicisti, in altri locali fino al 1942.
Nell’estate di quell’anno, infatti, le autorità tedesche iniziarono le operazioni di progressivo svuotamento del ghetto, i cui abitanti venivano trasportati al vicino campo di concentramento e sterminio di Treblinka. A questo destino non sfuggì nemmeno la famiglia di Szpilman: Wladyslaw, però, riuscì miracolosamente a evitare di essere imbarcato sui convogli, grazie alla complicità di un suo conoscente, membro della Polizia del ghetto, ovvero la forza armata composta da ebrei che manteneva l’ordine nel ghetto su mandato dei tedeschi. Szpilman restò così all’interno delle mura, tirando avanti con lavori umili e aiutando la resistenza ebrea a raccogliere armi per la rivolta in preparazione contro gli occupanti tedeschi. Agli inizi del 1943, però, Szpilman riuscì finalmente a fuggire, nascondendosi in vari edifici della città, grazie all’aiuto di vecchi amici dei tempi della radio, o colleghi musicisti come Andrzej Bogucki. Poco tempo dopo, nel maggio del 1943, scoppiò finalmente la rivolta, stroncata però con la forza dalle armate tedesche, e il ghetto venne smantellato.
Intanto, Szpilman, dopo alcuni mesi di peregrinazioni in città, nell’estate del 1944 trovò rifugio in un edificio abbandonato e fatiscente. Qui venne da un ufficiale tedesco, il capitano Wilm Hosenfeld, il quale però, scoperte le sue abilità pianistiche, non lo arrestò e anzi gli chiese di suonare per lui un pezzo di Chopin. Nei mesi successivi, Hosenfeld avrebbe continuato a portare cibo a Szpilman, aiutandolo a nascondersi meglio e donandogli persino un soprabito militare tedesco come riparo dalle intemperie. In seguito alla liberazione di Varsavia da parte delle truppe sovietiche nel 1945, Szpilman tornerà a lavorare per la radio polacca, mentre Hosenfeld morirà, all’interno di un campo di prigionia sovietico, nel 1952. senza mai più avere la possibilità di incontrare Szpilman.
Il pianista poi sarebbe divenuto direttore del Dipartimento di musica popolare della radio nazionale polacca, restando in carica per quasi vent’anni, fino al 1963, e alternando alla sua attività radiofonica l’operato da compositore e concertista, con più di 500 brani firmati e migliaia di concerti all’attivo in tutto il mondo; Szpilman morì il 6 luglio 2000, a 88 anni, nella sua Varsavia. Il film che racconta la sua vicenda è indubbiamente tra i migliori film tratti da una storia vera.