Nuovamente al cinema con il suo ultimo film, il cupo e inquietante thriller Hidden – Verità sepolte, noi di CinemaSerieTv abbiamo scambiato qualche parola con Roberto D’Antona, regista classe ’92 che si sta affermando, sempre più, sulla scena horror delle produzioni italiane. In occasione dell’uscita del suo quinto lungometraggio, gli abbiamo chiesto un po’ di curiosità nonché di parlarci della sua notevole formazione nel settore.
Sotto il segno dell’orrore
La maggior parte della tua produzione registica per il grande schermo è incentrata sul genere horror. Ti andrebbe di raccontarci come è nato questo amore?
Sono cresciuto guardando ogni genere di film: horror, thriller, fantasy, action, comici, sci-fi, romantici, western e così via. Amo il cinema a 360°, però il genere horror mi ha sempre affascinato e incuriosito allo stesso tempo. Da piccolo mi chiedevo come si potesse realizzare qualcosa capace di spaventare il pubblico e allo stesso tempo divertirlo. Poi, la trilogia di Evil Dead di Sam Raimi e il mio amore smisurato per John Carpenter hanno fatto il resto.
Quali sono i registi del cinema horror, nazionali e internazionali, che ti hanno influenzato di più?
Del passato sicuramente Carpenter e Raimi sono i registi che più di chiunque altro hanno influenzato la mia passione per il cinema e la mia crescita artistica, poi ce ne sono stati tanti altri che apprezzo smisuratamente, per esempio Michele Soavi e Lucio Fulci per l’Italia, mentre come registi più moderni mi piacciono molto James Wan, Jordan Peele e Robert Eggers.
Rispetto ai tuoi lavori precedenti, la tua ultima fatica, Hidden, si discosta dall’horror puro per entrare nel thriller alla Fincher. Quanto è importante, per te, questo cambio di rotta?
Importantissimo, perché se parliamo di cinema in generale, il thriller è in assoluto il mio genere preferito. Se poi prendiamo David Fincher, che è un regista che adoro e a cui mi sono ispirato tantissimo per la realizzazione di Hidden – Verità Sepolte… È stato un cambio di rotta, però, che ha richiesto una buona dose di maturazione cinematografica.
Hidden è ispirato a fatti realmente accaduti. Quanto è stato impegnativo documentarsi sui fatti di cronaca e, soprattutto, come ti sei sentito alla fine di questa esperienza di studio pre scrittura della sceneggiatura?
È stato devastante. Ho dovuto leggere e studiare numerosi libri a partire da Mindhunter di John Douglas, documenti di ogni genere, dalle cause in tribunale ai dettagli di angoscianti storie vere. Ho guardato foto, video e ascoltato audio terrificanti e per circa sei mesi non ho potuto addormentarmi senza la luce accesa. Non è stato semplice, ma era necessario per raccontare al meglio una storia così forte e che doveva essere d’impatto. È stato purtroppo brutale e triste dover guardare e leggere storie accadute davvero a persone innocenti ed è davvero brutto sapere che su questo pianeta abbiano vissuto e vivono ancora persone così crudeli e cattive.
Una formazione a 360°
La tua filmografia è un esempio di come il cinema di genere, finalmente, stia tornando alla ribalta nel nostro Paese. Ci sono buone possibilità che, a livello di produzioni, l’Italia possa tornare agli anni d’oro del cinema horror e thriller degli anni Settanta e Ottanta?
Le possibilità ci sono, ma non bisogna aver paura di rischiare e osare. Negli ultimi anni, dal 2017 in poi, sono arrivati in sala e sulle piattaforme numerosi prodotti di genere di alta qualità con il marchio “Made in Italy”. Io spero che le produzioni continuino a investire sul cinema di genere, che tornino a credere e investire nei giovani artisti che vogliono raccontare qualcosa di diverso e spero soprattutto che il pubblico dia sempre una possibilità a quegli artisti che non hanno paura di raccontare storie diverse, storie di genere. È una catena di montaggio.
A tal proposito, hai già qualcosa in mente per la tua prossima opera?
No. Dopo questo film mi prenderò una lunga, lunghissima pausa dal cinema. Sto vivendo in questo periodo con serenità una vita normale nel mondo degli animali e ho altri progetti della mia vita privata che voglio portare avanti e a cui voglio dedicarmi. Ho dedicato tutta la mia vita, da quando avevo 17 anni, al cinema e adesso voglio dedicarla un po’ a me stesso. Sicuramente nel tempo libero continuerò a scrivere storie, magari le realizzerò o magari le pubblicherò. Vedremo.
La tua esperienza professionale è molto variegata e completa. Difatti, dei tuoi film sei regista, sceneggiatore, produttore, montatore e interprete. Quant’è importante avere un rapporto simbiotico a 360° con le proprie opere?
È fondamentale. Ogni propria “creatura”, nel bene e nel male, con pregi e difetti, va sempre amata. Ogni singolo prodotto che ho realizzato è servito per crescere, imparare, migliorare e per pormi traguardi sempre più importanti da raggiungere.
Oggi, molti studenti usciti dalle università o dalle scuole di cinema cercano, in tutti i modi, di realizzare il proprio sogno di lavorare nel mondo della Settima arte. Quali consigli senti di dargli?
Di non mollare mai, di essere sempre fedeli a se stessi, ai propri gusti e valori cinematografici, di non temere il giudizio degli altri e di dedicare tutte le energie al proprio percorso, senza farsi distrarre dagli altri e senza pensare ai percorsi altrui. Raccontate le storie che volete raccontare attraverso i cortometraggi e partecipate ai festival.