Tra commedia satirica e coming of age dolcissimo, Jojo Rabbit di Taika Waititi è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival 2019, dove è riuscito a portarsi a casa il Grolsch People’s Choice Award, battendo una concorrenza agguerrita di film come Parasite, Joker e Cena con delitto – Knives Out. Dopo il suo debutto nell’universo cinematografico Marvel, il regista neozelandese Taika Waititi ha deciso di muoversi in una direzione completamente diversa dall’epopea fantascientifica di Thor: Ragnarok. Avvicinandosi di più allo spirito di drammi minori con cui si è fatto conoscere, come Boy e Selvaggi in fuga, Waititi ha scelto di adattare il romanzo del 2004 Il cielo in gabbia (Caging Skies) di Christine Leunens, che segue un giovane membro della Gioventù hitleriana a Vienna durante il Terzo Reich di Adolf Hitler.
Naturalmente, trattandosi di un film di Taika Waititi, Jojo Rabbit non è certo un dramma bellico convenzionale. I nazisti sono rappresentati come dei veri e propri idioti, lo script è disseminato di battute e il protagonista, Johannes “Jojo” Betzler (Roman Griffin Davis, nel suo debutto attoriale), ha come migliore amico immaginario proprio Adolf Hitler, interpretato dallo stesso Waititi. Jojo è entusiasta del regime nazista, come solo un bambino di dieci anni a cui è stato fatto il lavaggio del cervello può essere, ma il suo cieco fanatismo viene messo in discussione quando scopre che la madre (interpretata da Scarlett Johansson) sta proteggendo una giovane ragazza ebrea di nome Elsa (Thomasin McKenzie), nascosta nella loro soffitta. In questo articolo, dedicato alla spiegazione del finale di Jojo Rabbit, cercheremo di analizzare i profondi significati che questo porta con sè.
Jojo Rabbit: lo sconfortante umorismo di una guerra-gioco
Waititi ha sottolineato più volte come Jojo Rabbit sia il portavoce del genere che lui definisce una “satira contro l’odio“. L’arma più efficace di Jojo Rabbit è infatti l’umorismo, di cui il film si serve per mettere a nudo l’inconsistenza della propaganda. Jojo immagina una versione di Hitler in qualche modo fedele all’immagine esagerata e divinizzata di lui creata dal Partito Nazista, distorta abbastanza da adattarsi alla mente di un ragazzino preadolescente. Il suo amico immaginario Adolf è molto più sciocco ma quasi mistico nelle sue capacità, il che non è molto lontano da come la propaganda lo ha ritratto (mangia persino carne di unicorno). Inoltre, è interpretato da un attore ebreo maori, il che non fa che enfatizzare ulteriormente l’ironia di fondo. La versione della vita nazista che Jojo sperimenta è spensierata e piacevole come il gioco di gruppo più bello: niente sembra serio ed è quanto di più lontano si possa immaginare dalla devastazione della guerra. Gli “esercizi” della Gioventù Hitleriana sono assurdi, ma del tipo che sembrerebbero incredibili all’età di dieci anni: dal dare fuoco alle cose, al lanciare coltelli contro gli alberi, al vestirsi come un robot per raccogliere rottami metallici.
C’è chi ha criticato il film ritenendone il tono troppo spensierato per gli argomenti affrontati, ma questo è il modo in cui un bambino cresciuto nella morsa soffocante della propaganda vedrebbe il mondo se gli venisse insegnato a credere di essere parte del popolo eletto e che il suo leader è essenzialmente Dio in terra. Jojo non capisce che non c’è vera gloria nella guerra, né che gli adulti rimasti al comando sono o ribelli antinazisti come sua madre o incapaci come i personaggi di Sam Rockwell e Rebel Wilson. Solo quando Jojo trova Elsa nella sua soffitta e lei smonta senza pietà tutte le sciocchezze antisemite che gli sono state propinate dal partito, la realtà lo colpisce. La tavolozza dei colori del film cambia e il mondo sembra molto più triste per Jojo. Il cibo scarseggia, il morale si abbassa e, nel momento più straziante del film, Jojo scopre che sua madre è stata impiccata dopo aver rivelato di essere una dissidente politica. Tutto ciò in cui Jojo credeva smette di essere divertente quando la vera crudeltà del regime nazista lo colpisce direttamente.
La resa dei conti
Mentre la guerra volge al termine, il partito nazista cerca disperatamente di mantenere saldo il potere e contrastare l’avanzata americana. La Gestapo, guidata dal Capitano Deertz (Stephen Merchant), arriva a casa di Jojo e la mette a soqquadro, alla ricerca di prove di illeciti. Elsa sbuca fuori dal suo nascondiglio e, per non destare sospetti, finge di essere la defunta sorella di Jojo. Quando la Gestapo richiede i suoi documenti, Elsa li consegna al Capitano Klenzendorf (Sam Rockwell), che conferma la sua data di nascita. Dopo la partenza, la donna rivela di aver sbagliato la data, il che significa che Klezendorf ha scelto di proposito di lasciarli andare. Per Jojo questo momento segna una vera e propria presa di coscienza: gli è stato insegnato per tutta la vita che gli ebrei hanno un aspetto e un atteggiamento mostruosi, che li rende facili da individuare tra la folla, ma lui non si era minimamente reso conto che Elsa fosse ebrea, quando l’ha vista per la prima volta a casa sua.
In città sono arrivati gli americani e i soldati nazisti ancora non caduti vestono i bambini da membri dell’esercito per aiutarli a combattere un’inutile battaglia. A Jojo viene fatto indossare un cappotto nazista e gli viene detto di iniziare a sparare, ma lui sceglie di correre per evitare la morte. Non ci vuole molto perché le truppe alleate vincano e Jojo, insieme ad altri nazisti in uniforme, viene radunato per essere giustiziato. Klezendorf toglie il cappotto a Jojo e gli urla contro, chiamandolo ebreo, finché i soldati americani non lo trascinano via per essere fucilato.
Jojo torna a casa e, preoccupato che Elsa lo lasci ora che la guerra è finita, mente dicendo che i nazisti hanno vinto. Scrivendole una lettera – in cui finge di essere il suo fidanzato, espendiente che sfrutta nel corso del film per dare ad Elsa un po’ di speranza – dice di avere un modo per farla uscire di casa di nascosto. Per un’ultima volta, Jojo si trova faccia a faccia con il “suo” Hitler immaginario: ora è molto meno spiritoso e chiaramente più vicino a un mostro. Jojo capisce dunque che non ha bisogno di lui e lo respinge calciandolo fuori dalla finestra. A questo punto, Jojo conduce Elsa fuori dall’appartamento, dove si scopre che gli Alleati hanno effettivamente vinto. Elsa dà uno schiaffo a Jojo per averla ingannata e poi, liberi e senza sapere cosa li aspetta, i due ballano.
Il significato del ballo di Jojo ed Elsa
Jojo ed Elsa ballano sulle note di Heroes di David Bowie, una delle canzoni più iconiche del musicista e rilasciata nel 1977, come parte della trilogia berlinese di Bowie, che si stabilì a Berlino Ovest in quel periodo e iniziò a sperimentare il krautrock e la musica elettronica. La canzone era così amata che il Ministero degli Esteri tedesco ha reso omaggio a Bowie per aver “contribuito alla caduta del muro” dopo la sua morte nel 2016. In Jojo Rabbit, la versione su cui la coppia balla è proprio in tedesco, così come la versione di I Wanna Hold Your Hand dei Beatles nei titoli di testa.
L’uso di musica pop anacronistica conferisce al film un livello di modernità fuori dal tempo che si adatta all’estetica e all’umorismo di Waititi, ma il ballo stesso è il culmine di una battaglia duramente vinta da Jojo ed Elsa: la madre di Jojo predicava spesso le gioie del ballo e del vivere la vita con serenità, anche quando tutto sembra irrimediabilmente buio. Con la fine della guerra, né a Jojo né a Elsa resta molto da vivere dopo la morte delle rispettive famiglie. In un futuro incerto, tutto ciò che possono fare è ballare.