Il significato del titolo de L’A.S.S.O. nella manica, film commedia adolescenziale con Mae Whitman e Bella Thorne, si rifà a un acronimo usato all’interno del film per definire, all’interno di un gruppo di amiche, la Amica Sfigata Strategicamente Oscena, ovverosia quella ragazza che, essendo non particolarmente attraente, se accostata a ragazze più avvenenti, ne fa risaltare la bellezza.
L’A.S.S.O., inoltre, ha una funzione sociale precisa; non è attraente, ma non è nemmeno irrimediabilmente brutta, e così può fare da esca per i ragazzi che, interessati alle amiche più carine, vogliano prima chiedere informazioni sulla loro eventuale disponibilità, senza destare sospetti. In questo caso, quindi, il ragazzo finge di abbordare l’A.S.S.O. al solo scopo di saperne di più sulle ragazze che veramente gli interessano.
Nell’edizione italiana del film, quando Toby suona la sua canzone a Bianca, il ragazzo cita l’espressione idiomatica italiana “asso nella manica”. In quel momento, Bianca capisce che anche Toby la sta trattando da A.S.S.O; nella versione originale, la scena non presenta però riferimenti precisi al concetto di A.S.S.O., quindi è plausibile ritenere che gli adattatori italiani abbiano inserito questa linea di dialogo per giustificare, nella sua interezza, il titolo scelto per il film.
Il concetto, che si può applicare naturalmente anche a gruppi di amici maschi, è noto nello slang americano come D.U.F.F. – Designated Ugly Fat Friend (“l’amica brutta e grassa designata), che è anche il titolo del romanzo Young Adult di Kody Keplinger da cui il film è tratto. Ed è proprio l’autrice, in un’intervista a Teen Vogue, a spiegare l’origine del termine: “Ero al secondo semestre del terzo anno di liceo, e c’era questa ragazza che diceva quanto le desse fastidio che gli altri chiamassero “duff” una sua amica; e in quel momento mi spiegò che significava appunto “l’amica designata, quella grassa e brutta”. Al che, io mi resi conto di essere la “duff” del mio gruppo. Allora ne ho parlato ad altri miei amici, e viene fuori che anche loro pensavano di essere dei “duff”, A quel punto, ho deciso di scrivere un libro sull’argomento“.