La verità negata è è un film del 2016 diretto da Mick Jackson. Il Lungometraggio è ispirato a una storia vera, la battaglia legale tra la professoressa Deborah Lipstadt contro il negazionista David Irving. La pellicola è basata sul libro La verità negata. La mia battaglia in tribunale contro chi ha negato l’Olocausto scritto dalla stessa Deborah Lipstadt. La protagonista è l’attrice Rachel Weisz
Deborah Esther Lipstadt è nata a New York il 18 marzo 1947 è una storica statunitense, i suoi studi si concentrano soprattutto sull’ebraismo e sui negazionisti dell’Olocausto. La storia che viene narrata nel film, inizia con la pubblicazione da parte della studiosa del suo libro Denying the Holocaust. In esso sono contenute delle accuse contro David Irving. La Lipstadt sostiene che il saggista e storico militare britannico ha diffuso notizie false sullo sterminio nazista degli ebrei. Dopo la pubblicazione del libro, David Irving, nel 1996, la citò in tribunale per diffamazione.
David Irving denunciò anche la casa editrice Penguin Books, la citazione fu fatta in Gran Bretagna, dove le prove sono a carico della difesa e non dell’accusa. Per difendersi, Debora Lipstadt scelse come avvocato Anthony Julius. Kevin Bays e Mark Bateman erano i difensori della Penguin Books. La difesa chiamò a testimoniare gli storici Richard J. Evans, Christopher Browning, Robert Jan van Pelt e Peter Longerich.
David Irving, che nel film è Timothy Spal, durante il processo, cercò di dimostrare le sue tesi. La sua base difensiva erano alcuni testi negazionisti, tra i quali quello di Germar Rudolf. Il chimico tedesco aveva scritto un documento chiamato “Rapporto sulla formazione e verificabilità dei composti di cianuro nelle ‘camere a gas’ di Auschwitz”. Nel documento sosteneva che nei campi di concentramento le tracce di cianuro trovate nel campo di concentramento erano minime, negando l’esistenza delle camere a gas.
Richard J. Evans, storico e professore di storia moderna all’Università di Cambridge, nella sua testimonianza a favore della difesa, disse che i libri di David Irving non sono una rappresentazione accurata della storia. I documenti che Irving cita, come fonti, spesso sono tradotti male per manipolare la verità. La sentenza fu favorevole alla Lipstadt. David Irving per la corte era un “Attivo negatore dell’Olocausto, associato con degli estremisti di destra che promuovono il negazionismo”.
La corte condannò lo scrittore a pagare tutte le spese processuali, stimate intorno ai due milioni di sterline. I suoi libri persero qualsiasi valore scientifico. Infatti, la sentenza, secondo cui David Irving alterava le evidenze storiche per piegarle al suo credo, azzerò la sua credibilità nella comunità dei saggisti storici.
Nel 2002, lo storico dichiarò bancarotta. Nel 2005, David Irving fu arrestato in Austria e condannato a tre anni di prigione per due discorsi negazionisti. Dopo più di un anno di prigione, il Tribunale gli concessa la libertà condizionata. Uscito dal carcere, nel dicembre 2005, ammise l’esistenza dell’Olocausto, prendendo le distanze dalle sue tesi. “Non mi sono mai fidato delle opere conformistiche. Mi sono sempre basato per i miei trenta libri sulle mie ricerche compiute durante dieci anni. Ora sono arrivato alla conclusione che l’Olocausto c’è stato“, disse per giustificare il suo cambiamento di rotta.