Il favoloso mondo di Amelìe, film di Jean-Pierre Jeunet, racconta la storia di Amélie (Audrey Tautou), ragazza candida e ingenua, cresciuta in una famiglia eccentrica, che conduce un’esistenza monotona come cameriera in una Parigi popolata di personaggi, tra cui Raymond, anziano pittore dilettante recluso, Madeleine, portiera triste del condominio dove Amélie viva; e poi Suzanne, Georgette, Gina, Joseph, clienti e avventori del Café des 2 Moulins, luogo di lavoro della nostra protagonista.
Vi presentiamo qui una nostra scelta di alcune tra le più belle frasi del film Il favoloso mondo di Amelìe, tra quelle del Narratore onnisciente che in voiceover, commenta con ironia ciò che lo spettatore vede sullo schermo, alle citazioni e dialoghi pronunciati dai personaggi.
“Il 31 agosto, alle 4 del mattino, a un tratto Amélie ha un’idea luminosa: Ritroverà dovunque sia il proprietario della scatola dei ricordi e gli restituirà il suo tesoro. Se la cosa lo colpisce, lei ha deciso: comincerà ad occuparsi della vita degli altri. Altrimenti, tanto peggio.”
“Senza di te, le emozioni di oggi sarebbero la pelle morta delle emozioni passate. ”
“Senza contatto con gli altri bambini, sballottata fra lo stato febbrile di sua madre e la glacialità di suo padre, Amélie si rifugia in un mondo da lei inventato. In questo mondo i dischi di vinile sono preparati come delle crêpe, e la moglie del vicino in coma da mesi in realtà ha scelto di esaurire, tutte in una volta, le sue ore di sonno.”
“Mia piccola Amélie, lei non ha le ossa di vetro: lei può scontrarsi con la vita. Se lei si lascia scappare questa occasione, con il tempo sarà il suo cuore che diventerà secco e fragile come il mio scheletro. Perciò si lanci, accidenti a lei!”
“Il mondo esterno appare così morto che Amélie preferisce sognare una sua vita in attesa di avere l’età per andarsene”
“Ma sì, un morto che ha paura di cadere nell’oblio. Perciò si serve delle foto tessere perché i vivi ricordino il suo volto. Un po’ come… come se faxasse la sua immagine dall’aldilà.”
“Questo ragazzo che armeggia sotto le fototessera si chiama Nino Quincampoix. Negli anni in cui Amélie non aveva contatti con gli altri bambini, il piccolo Nino li avrebbe volentieri evitati. Spesso, nello stesso momento, a nove chilometri di distanza, uno sognava una sorella, l’altra un fratello con cui passare tutto il tempo. ”
“È il 28 settembre 1997 e sono le undici in punto del mattino. Alla Giostra del Trono, a due passi dal trenino dei Carpazi, la macchina per impastare i dolci impasta i dolci. Nello stesso momento, su una panchina di Place Villette, Félix L’Herbier scopre che ci sono più connessioni possibili nel cervello umano che atomi nell’universo. Nel frattempo, ai piedi del Sacre-Coeur, delle benedettine migliorano il rovescio. La temperatura è di 24 gradi Celsius, il tasso di umidità di 77, e la pressione atmosferica di 990 ettopascal.”
“Scrittore fallito, destino fallito. Mi piace questa parola. Fallito. Il destino dell’uomo si compie nel fallimento. E a forza di fallimenti uno si abitua a non andare mai oltre la brutta copia. La vita è solo un’interminabile replica di uno spettacolo che non avrà mai luogo.”
“Strana la vita! Quando uno è piccolo il tempo non passa mai. Poi, da un giorno all’altro, ti ritrovi a 50 anni. E l’infanzia, o quel che ne resta, è in una piccola scatola, che è pure arrugginita. Lei ha già dei figli, signorina? Io ho una figlia che avrà più o meno la sua età. Sono anni che ormai non ci parliamo. Sembra che abbia avuto un figlio. Un maschio. Si chiama Lucas. Beh, direi che sarebbe ora di andarli a trovare prima di finire in una scatoletta a mia volta.”
“Il 3 settembre 1973, alle 18, 28 minuti e 32 secondi, una mosca della famiglia dei Calliphoridi, capace di 14670 battiti d’ali al minuto, plana su rue Saint-Vincent, a Montmartre.
Nello stesso momento, in un ristorante all’aperto a due passi dal Moulin de la Galette, il vento si insinua magicamente sotto una tovaglia facendo ballare i bicchieri senza che nessuno se ne accorga. In quell’istante, al quinto piano del 28 dell’Avenue Trudaine, IX° Arrondissement, Eugène Koler, di ritorno dal funerale del suo migliore amico, Emile Maginot, ne cancella il nome dalla sua rubrica.
Sempre nello stesso momento, uno spermatozoo con il cromosoma X del signor Raphaël Poulain, si stacca dal plotone per raggiungere un ovulo della signora Poulain, nata Amandine Fouet. Nove mesi più tardi, nasce Amélie Poulain. “(Incipit del film)
“Non ci sono uomini nella vita di Amélie. Ci ha provato un paio di volte, ma il risultato non è stato all’altezza delle sue aspettative. In compenso, coltiva un gusto particolare per i piccoli piaceri: tuffare la mano in un sacco di legumi; rompere la crosta della crème brûlé con la punta del cucchiaino; e far rimbalzare i sassi sul canale Saint-Martin. Lui è l’uomo di vetro. Per una malattia congenita, le ossa gli si rompono come fossero di cristallo. I suoi mobili sono ricoperti da imbottiture. Una semplice maniglia rischia di fratturargli i metacarpi. Sono vent’anni che evita di uscire di casa. Col tempo non è cambiato nulla. Amélie continua a rifugiarsi nella solitudine. Si diverte a porsi domande cretine sul mondo o sulla città che si stende davanti ai suoi occhi. Per esempio, quante coppie in questo preciso istante stanno per avere un orgasmo?” (Il narratore descrive la vita quotidiana di Amélie all’inizio del film)
“Lei è Suzanne, la padrona. Zoppica un po’, ma non ha mai rovesciato un bicchiere. Da giovane faceva la ballerina equestre al circo Medrano. Le piace: uno sportivo che piange per la delusione. Non le piace: vedere nel suo bar un uomo umiliato davanti a suo figlio. Ai tabacchi c’è Georgette, la malata immaginaria. Quando non ha l’emicrania, ha il nervo sciatico infiammato. Non le piace la frase: “Sia benedetto il frutto del ventre tuo”. Ecco Gina, collega di Amélie. Sua nonna era guaritrice. Le piace scrocchiarsi le ossa. Serve un kirsch al lampone a Hipolito, lo scrittore fallito. A lui piace soprattutto vedere in tv un torero che si fa incornare. Il tizio che li osserva truce è Joseph, un amante geloso respinto da Gina. Passa le giornate a spiarla per vedere se c’è un altro. La sola cosa che gli piace è schiacciare le palline della plastica da imballo. In ultimo c’è Philomène, l’hostess. Amélie le tiene il gatto Rodrigue quando lei parte. A Philomène piace: il rumore della ciotola sul pavimento. A Rodrigue invece piace: essere presente quando si raccontano le favole ai bambini. ”
“La sera di una scintillante giornata di luglio, mentre sulle spiagge i bagnanti si divertono in un clima di ritrovata spensieratezza, e a Parigi i curiosi oppressi dal caldo ammirano i primi scoppi dei fuochi d’artificio tradizionali, Amélie Poulain, soprannominata anche “la madrina di tutti gli emarginati”, o “la Madonna degli indesiderati”, ha ceduto al peso dell’ennesima fatica. Sotto le finestre di una Parigi schiantata dal dolore, milioni di persone in lutto si stringono lungo il corteo funebre a testimonianza silenziosa del loro incommensurabile dolore di sentirsi ormai orfani. Strano il destino di questa giovane donna privata di se stessa, eppure tanto sensibile al fascino discreto dalle piccole cose della vita. Come Don Chisciotte, lei aveva deciso di combattere l’implacabile mulino di tutte le miserie umane. Una battaglia perduta in partenza che ha logorato prematuramente la sua vita. Ad appena ventitré anni, Amélie Poulain, esangue, ha lasciato che la sua breve esistenza si immergesse nel vortice del malessere universale. ”
“Nino è in ritardo. Per Amélie ci sono due spiegazioni possibili. La prima: non ha trovato la foto. La seconda: non ha ancora avuto il tempo di ricomporla, perché tre banditi, multirecidivi, che assaltavano una banca, l’hanno preso in ostaggio. Seguiti da tutti i poliziotti della zona, sono riusciti a seminarli, ma lui ha provocato un incidente. Quando ha ripreso conoscenza, non ricordava nulla. Un camionista ex detenuto l’ha raccolto, e credendolo in fuga l’ha messo in un container in partenza per Istanbul. Là, è finito tra avventurieri afgani, che gli hanno proposto di andare a rubare testate missilistiche sovietiche. Ma il camion è saltato su una mina alla frontiera col Tagikistan. Unico superstite, è stato accolto in un villaggio di montagna, ed è diventato militante mujahiddin. Perciò, Amélie non vede perché deve stare in quello stato per uno scemo che mangia la minestra di cavolo per tutta la vita con uno stupido portavasi in testa.”
“Oh, guarda! Che strano. Si sieda. Mio marito lavorava per le Assicurazioni Coccinelle. Alla gente piace raccontare che se la faceva con la segretaria. Bisogna dire che hanno battuto tutti gli alberghi di Batignolles, e nemmeno i più squallidi, anche perché la cocchina era una che allargava facilmente le gambe ma… su lenzuola di raso. Mio marito si è messo a fregare dalla cassa. All’inizio, poco, e poi cinquanta milioni in una volta. E via! Volati tutti e due nella Pampa. Beva. Eh, sì. Allora, il 20 gennaio 1970 qualcuno ha suonato alla porta. Bene: “Signora, suo marito è morto. incidente di macchina. Nell’America del Sud”. La mia vita si è fermata. E lui, Leone Nero, si è lasciato morire di tristezza. Ah, povera bestia! Lo vede con quanto amore continua a guardare il suo padrone?” (La portiera Madeleine racconta ad Amélie della morte del marito fedifrago, citando il cane di famiglia, imbalsamato accanto a lei)
Raymond: “Preferisce immaginare un… un rapporto con qualcuno che non c’è piuttosto che creare un legame con quelli che sono lì con lei.”
Amélie: “Magari è il contrario. Si fa in quattro per risolvere i pasticci della vita degli altri.”
Raymond: “Sì, ma lei? Dei pasticci della sua vita chi è che se ne occupa?”
Amélie: “Ma… è meglio consacrarsi agli altri che a un nano da giardino.”
Hipolito: “Di fesserie ne scrivo parecchie, ma nessuno vuole pubblicarle.”
Suzanne: “Va ancora male?”
Hipolito: “Trentesimo rifiuto.”
Suzanne: “E quel suo cugino che è critico letterario?”
Hipolito: “Figuriamoci, signora Suzanne. I critici letterari sono dei cactus ricoperti di aculei tra avvoltoi che vivono della loro penna.”
Amélie: “E il suo libro, invece… È una storia d’amore?”
Hipolito: “No, è la storia di uno che scrive un diario. Solo che non scrive le cose che man mano gli càpitano, ma la versione catastrofica di quello che potrebbe capitargli. Il risultato: si deprime, e quindi… non fa niente.”
“Mia cara Mado, la tua assenza mi diventa sempre più insopportabile. Sono in esilio in un mondo disperatamente color kaki. Non dormo più, non mangio più. Ho commesso il peggiore errore della mia vita accettando questo corso che mi priverà della mia adorata moglie per cinque interminabili settimane. Penso sempre a te. Tuo Adrien. Ho rinunciato ai soldi della mia ultima commissione per attutire l’effetto delle mie dimissioni un po’… improvvise. A volte mi ritrovo a sognare che un giorno o l’altro verranno tempi migliori. Un giorno color arancio. Ti ricordi, cara Madeleine? Il tuo Adrien, che non ti ha mai amata tanto. Buone notizie, cara Mado. Tra non molto guadagnerò abbastanza bene per comperare una macchina. Potrò tornare a dormire a casa ogni giorno. Intanto spero che potrai raggiungermi, venerdì sera, così usciremo insieme. ”
“Fallire la propria vita è un diritto inalienabile!” (Josef Stalin in TV in uno spezzone del film propagandistico russo Oborona Tsaritsyna. 1 seriya: Pokhod Voroshilova)
Inizialmente rinchiuso e introverso, l’atteggiamento di Amélie nei confronti della vita cambierà improvvisamente il 31 agosto 1997, giorno della morte della principessa Diana, “Lady D”: da quel momento, Amélie deciderà di passare la propria vita facendo del bene agli altri, sia apertamente che di nascosto, per migliorare la quotidianità dei bizzarri abitanti del suo quartiere, intrappolati in un tran tran di mediocrità e infelicità: così facendo, la ragazza, forse, arriverà a capire qualcosa anche su se stessa, e troverà l’amore.