L’esorcista è ricordato anche per l’aneddoto di un presunto serial killer, Paul Bateson, che fece parte del cast del film horror di William Friedkin. Bateson era un radiologo newyorkese che fu scritturato per la scena in cui Regan MacNeill viene sottoposta ad un esame medico e il suo era un ruolo da poche battute, non certo memorabile. Pochi anni dopo però, l’uomo finì sui giornali per aver ucciso un giornalista cinematografico e fu sospettato anche di aver ucciso e fatto a pezzi altri uomini gay, a New York. La sua storia, che vi raccontiamo di seguito sin dall’inizio, ispirò il regista Friedkin per il suo film successivo, Cruising, con Al Pacino nel ruolo di un poliziotto che dà la caccia ad un serial killer che uccide nella scena gay dei leather bar newyorkesi. Di Bateson, tra l’altro, si parla anche nella seconda stagione della serie Mindhunter.
Nel 1972, William Friedkin fece visita al Tisch Hospital dell’Università di New York, dove il dottor Barton Lane stava praticando un’angiogramma. A quei tempi, come racconta Matt Miller su Esquire, le porte dell’ospedale erano aperte per chiunque volesse osservare i medici al lavoro. Friedkin rimase colpito dal modo in cui venivano effettuati gli angiogrammi e decise che avrebbe inserito questa procedura in una scena del film, quella in cui Regan viene sottoposta a diversi test per capire perché si comporta in maniera così strana.

Per ricreare quella procedura, Friedkin volle esattamente le stesse persone che aveva visto all’opera in ospedale, tra cui il dottor Lane, un’infermiera di nome Nancy e Paul Bateson, un radiologo molto stimato e benvoluto dai suoi colleghi. Così, qualche mese dopo – siamo agli inizi del 1973 – Friedkin tornò all’Università di NY con la sua crew e bloccò il reparto radiologia per due weekend di seguito, per girare le scene degli esami medici al cervello. Nella scena in questione, Regan viene condotta in una sala operatoria e Bateson pronuncia qualche battuta e si muove come da protocollo. Ancora oggi quella scena viene considerata tra le più realistiche, in merito alle sequenze “medical”.
Qualche anno dopo l’uscita de L’Esorcista, nel 1977, Addison Verrill, un giornalista cinematografico che lavorava per Variety, viene trovato morto nel suo appartamento al Greenwich Village. Inizialmente la polizia sospetta che si tratti di una rapina finita male, poi intuisce Verrill conosceva il suo assassino, o almeno, lo ha fatto entrare in casa, perché non c’è effrazione e non sono stati rubati oggetti in vista (televisore, registratore ecc) che un ladro qualsiasi avrebbe potuto rivendere con facilità.
In quel periodo, nella zona del Greenwich Village furono uccise diverse persone, nello specifico omosessuali maschi. Un certo numero di corpi di vittime non identificate, furono ritrovati smembrati, chiusi in body bag gettate nel fiume Hudson. Di questi omicidi però, si parlò raramente, come ebbe a sottolineare il giornalista Arthur Bell, del Village Voice. “Ogni anno almeno quattro persone di uno specifico orientamento sessuale vengono uccise nell’area del Greenwich”. Otto giorni dopo l’omicidio di Verrill, a Bell arrivò una telefonata da parte di uno sconosciuto che sosteneva di aver ucciso il giornalista di Variety.
“Il telefono suonò e una bella voce forte e chiara chiese: “La foto a pagina 23 del The Voice è sua?” “No, quello è Addison Verrill” risposi. “Di sicuro non sembra Addison Verrill. Io ho ucciso Addison”, “Oh. Quindi Addison com’era?” “Molto meglio dell’uomo nella foto. Guardi, mi è piaciuto l’articolo e mi piace come scrive lei, ma io non sono uno psicopatico”
Lo sconosciuto raccontò ad Arthur Bell di aver incontrato Verrill al Badlands, un locale gay sulla Christopher Stret. Avevano assunto stupefacenti, tra cui erba, cocaina e popper fino alle tre del mattino, poi si erano spostati in un altro locale, il Mine Shaft. Intorno alle cinque avevano preso un taxi ed erano andati a casa di Verrill, dove avevano bevuto, fatto sesso, assunto altri stupefacenti fino all’alba.
L’uomo spiegò anche come aveva ucciso Addison Verrill e per quale motivo. A quanto pare il giornalista non ricambiava gli stessi sentimenti del suo partner occasionale, che aveva appena conosciuto. “Non era per il sesso, io volevo qualcosa che andasse oltre il sesso e che potesse diventare un’amicizia, un amore o un matrimonio. Non riesco a capire cosa ho fatto, ammetto che potrebbe essere dovuto al mio alcolismo. Però avevo bisogno di soldi e ho detestato di essere rifiutato. Essere respinto è stata la molla che ha fatto scattare tutto. Ho deciso di fare qualcosa che non avevo mai fatto prima. Ho preso una padella dalla cucina e ho colpito Addison. Poi ho preso un coltello dal cassetto della cucina, e l’ho affondato nel petto di Addison”

Durante la conversazione, lo sconosciuto si era lasciato scappare alcuni dettagli importanti, ad esempio sul fatto che temeva conseguenze sul suo lavoro: “Non potrei più praticare e mi revocherebbero la licenza”. Dopo aver chiuso la telefonata, Bell si mise in contatto con la polizia e i detective gli confermarono che lo sconosciuto gli aveva rivelato dettagli sull’omicidio che non erano stati resi pubblici e che, di fatto, conosceva solo l’assassino. Tra questi dettagli, il fatto che l’assassino avesse rubato la carta di credito di Verrill e che sul pavimento c’era una sostanza poi indentificata come Crisco, un grasso alimentare che viene utilizzato in cucina, ma anche in pratiche sessuali estreme, come il fisting. La polizia offrì protezione a Bell e gli disse di aspettarsi un’altra telefonata, che in effetti arrivò, ma da un altro sconosciuto. La stessa sera, un uomo telefonò e disse che l’assassino di Verrill era Paul Bateson. La polizia raggiunse il radiologo nel suo appartamente e lo trovò ubriaco. Lui disse che sapeva il motivo per cui erano venuti e indicò una copia del Village Voice gettata sul pavimento, in cui si parlava dell’omicidio di Verrill. Dopo che fu accompagnato alla centrale, Bateson ammise di aver ucciso Verrill, salvo poi rimangiarsi tutto durante le udienze preliminari. Disse che aveva confessato mentre era ubriaco e che la polizia non gli aveva letto i suoi diritti. Smentì anche di aver telefonato a Bell. Un giudice però, decise che la sua confessione sarebbe stata utilizzata durante il processo, così come l’articolo del Village Voice.
Il processo a Paul Bateson fu anche l’occasione per ipotizzare un collegamento tra l’omicidio di Verrill e quello di altri uomini gay, fatti a pezzi e gettati nell’Hudson, ma il medico continuò a professarsi innocente, sostenendo di non aver ucciso il giornalista e gli altri uomini. Tuttavia, il pubblico ministero William Hoyt sottolineò che Bateson si era vantato con un amico, Richard Ryan, che aveva ucciso altri uomini, arrivando a descrivergli nel dettaglio in che modo si era sbarazzato dei loro corpi. Tuttavia ad oggi, il responsabile di quegli omicidi nella comunità gay di NY non è mai stato individuato in via ufficiale.
Come spiega Esquire, nel 2012, il regista de L’Esorcista, William Friedkin ha parlato di Paul Bateson in un podcast di Hollywood Reporter, raccontando di averlo incontrato in carcere e di aver tratto ispirazione proprio da questo incontro per il film Cruising. “Era un uomo molto gentile, ricordo che indossava un braccialetto di pelle con borchie e un orecchino, una cosa insolita, sul posto di lavoro, a quei tempi. Poi quattro o cinque anni dopo l’uscita de L’esorcista, lo vedo sulla prima pagina del New York Post e del Daily News ed è accusato di sei omicidi. E si trattava di omicidi che si erano svolti nell’ambiente dei locali BSDM sulla west side di Manhattan. Il nome del suo avvocato era negli articoli. Gli telefonai, mi presentai e gli chiesi se potessi far visita a Paul. Lui acconsentì. (…) quando riuscìì ad incontrarlo in carcere, lo trovai molto allegro e mi disse “Mi ricordo di aver ucciso quest’uomo… l’ho fatto a pezzi e ho messo tutto in un sacco di plastica che ho gettato nell’East River.” E ricordo che l’avevano incastrato perché sul fondo della body bag, c’era una piccola scritta quasi illeggibile che diceva “Proprietà del New York University Medical Center – centro neuropsichiatrico”. Bateson aggiunse “Quello è l’unico omicidio che ricordo, ma vogliono che ne confessi altri cinque o sei.” Gli chiesi cosa avesse intenzione di fare e lui rispose “Beh, ci sto pensando, perché se ne confesso sei o sette, potrebbero ridurmi la pena”

Questa conversazione un po’ surreale con Bateson ispirò Friedkin per il suo film successivo, Cruising, del 1980, tratto dal romanzo omonimo di Gerald Walker. Nel film, ambientato a New York City, Al Pacino interpreta un poliziotto sotto copertura che frequenta i locali gay di genere “leather”, per incastrare un serial killer che uccide uomini omosessuali in cerca di sesso. Un film scabroso, che non risparmiava al pubblico scene forti – tra cui quella del fisting in un locale gay – e che tra l’altro, suscitò numerose polemiche, proprio a causa del modo in cui venivano rappresentati gli omosessuali. Chi ha visto il film ricorderà che le sequenze e il tono generale, sembrano proprio ispirati agli omicidi di cui fu accusato Bateson.

Per quanto riguarda Paul Bateson, non è mai stato appurato che lui fosse il serial killer dei gay di New York, e sebbene abbia effettivamente ucciso Verrill, il corpo del giornalista fu trovato in casa sua, non fatto a pezzi in un sacco, come gli altri. Bateson è tornato libero nel 2003, dopo più di vent’anni di carcere e oggi viene dato per deceduto (ma anche su questo non vi è certezza). Nel 1977 l’uomo concesse un’intervista a Bell e gli disse che con la sua partecipazione a L’Esorcista aveva voluto “vendicarsi” di suo padre, che lo puniva vietandogli di andare al cinema, di sabato. “Mi faceva restare a casa ad ascoltare la lirica alla radio”. Per quanto riguarda il processo, il radiologo si disse sicuro che sarebbe stato assolto: “Sarà un lungo processo probabilmente. Procurerà dolore a tante persone, genitori e amici, ma sarò ritenuto non colpevole. Poi mi strapperò le radici e andrò altrove. E cercherò di far crescere nuove radici”.

La conversazione tra Paul Bateson e Arthur Bell tuttavia si concluse con una nota un po’ inquietante. Il giornalista scrisse: “Appena faccio per andarmene, lui mi dice che verrebbe volentieri a casa con me. Questa cosa è strana e mi fa venire i brividi. Questo è un uomo che ha ammesso di aver ucciso qualcuno che conoscevo. Se lo avessi incontrato sei settimane fa, e se me lo avesse chiesto in un bar, invece che in una prigione, gli avrei detto che poteva venire con me”