Alla sua uscita nelle sale L’immortale ha avuto uno strano, ma fortunato destino. Si può dire che il film spinoff di Gomorra – la serie incentrato su Ciro di Marzio, uscito a dicembre 2019, abbia ricevuto lo stesso “incantesimo” riservato al personaggio di Marco d’Amore, visto che è riuscito ad arrivare al cinema poco prima dello scoppio della pandemia, risparmiandosi il destino infausto che è toccato a molti film che sarebbero dovuti uscire nel 2020. Per giunta il film (che vede d’Amore nelle vesti di regista e co-sceneggiatore, oltre che protagonista) è uscito in un momento in cui i fan della serie continuavano a chiedersi se Ciro era stato ucciso davvero alla fine della terza stagione.
La risposta che tutti volevano sapere arriva nei primi minuti del film. Ciro di Marzio non è morto, e lui si conferma essere davvero l’Immortale. Il proiettile che Genny Savastano gli ha sparato in petto (costretto da Sangueblu) si è fermato ad un centimetro dal cuore e Ciro è sopravvissuto. Di Marzio viene recuperato dalle acque del golfo di Napoli, operato d’urgenza e tenuto nascosto dal boss Aniello Pastore fino alla sua completa ripresa. A quel punto Don Aniello affida a Ciro una nuova missione, ma lontano da Napoli.
Nell’arco narrativo di Gomorra, L’immortale si colloca parallelamente alla quarta stagione della serie per raccontare con una struttura circolare quello che è successo a Ciro dopo che Gennaro gli ha sparato, ma anche per per esplorare il racconto della sua infanzia, dagli episodi leggendari che ci erano stati accennati (quello del terremoto dell’80) a quelli meno conosciuti, che rappresentano i tasselli della sua formazione criminale fino al suo ingresso ufficiale nella corte del boss Pietro Savastano, e sotto l’ala protettiva di Attilio, che ci viene mostrato nel finale del film
Due metà di una storia, dagli anni ’80 ad oggi, sulla scia di una Stella
La storia de L’immortale è concepita come due metà di un cerchio che arrivano a congiungersi dopo molti anni. La prima metà è l’infanzia di Ciro di Marzio, che a pochi giorni di vita sopravvive miracolosamente al crollo del pavimento della sua casa, durante il terremoto dell’80. Ciro sprofonda nella voragine che si apre sotto i piedi di sua madre e resterà sotto le macerie per giorni, protetto dal corpo della donna, che gli ha fatto da scudo. All’età di circa 10 anni, orfano di entrambi i genitori, Ciro inizia a far parte di una paranza di ragazzini guidati da Bruno, un contrabbandiere che per lui diventerà una figura paterna.
Ancora più importante di Bruno, per Ciro, sarà la fidanzata dell’uomo, Stella. Voce d’angelo e tempra da quartierana, Stella è una cantante che si esibisce nei locali e per Ciro rappresenta al tempo stesso una figura materna e la prima cotta, ovviamente platonica. A vedere il piccolo Ciruzzo innamorato perso della cantante si fa fatica a credere che da adulto ucciderà sua moglie Debora a mani nude e arriverà a uccidere anche una ragazzina innocente e il padre di un ragazzo disabile, eppure il suo è un destino già segnato.
Stella verrà uccisa a sangue freddo fuori da un locale a causa di Bruno e del suo atteggiamento incauto nei confronti di ‘o Merlo, il suo “capo”, un boss molto potente. Ciro non dimenticherà mai il suo primo amore e la sua voce, e per motivi opposti, non ha dimenticato neanche Bruno. Il destino farà in modo che Ciro e Bruno si ritrovino in Lettonia, trent’anni dopo, per motivi di lavoro.
Oggi Bruno è invecchiato, sembra un signore come tanti, curvo e remissivo. Ha perso la strafottenza di un tempo e ha dovuto mettere da parte le sue ambizioni per accontentarsi di guidare una piccola comunità di magliari a conduzione familiare. Ciro non riesce a credere ai suoi occhi quando Bruno lo accoglie a Riga, su incarico di don Aniello, e gli illustra con soddisfazione le attività della comunità che lo ospiterà nelle settimane a venire. Sin dal loro incontro (e dallo sguardo di Ciro) intuiamo che tra i due ci siano delle questioni in sospeso, che ci verranno svelate nel corso del film.
La guerra tra Russia e Lettonia
Ciro in realtà è a Riga per altre questioni, e si trova coinvolto in una guerra tra criminali russi (guidati dal boss Yuri Dobeshenko) e lettoni per il controllo del traffico di cocaina sul territori. Lui chiarisce di essere solo un broker, ma viene messo alle strette da Emils, il capo dei lettoni e dal suo vice, Andris, un criminale tatuatissimo, con lo sguardo da esaltato.
L’Immortale riesce a tendere una trappola ai lettoni, ma Emils sopravvive all’agguato. Nel frattempo gli uomini e le famiglie della comunità di Bruno vengono portati (con un sostanzioso carico di droga) nel quartier generale dei russi, perché stiano al sicuro. Ciro convince le famiglie a “svoltare” mettendo da parte il loro tranquillo lavoro di contraffazione per dedicarsi al narcotraffico, più redditizio ma anche più pericoloso.
Tra di loro, ci sono Virgilio (Gennaro di Colandrea) e sua moglie Vera (Marianna Robustelli) entrambi affascinati da Ciro, per motivi diversi. Virgilio vede Ciro come un esempio di coraggio, come un fratello maggiore (un po’ come Ciro vedeva Bruno, da bambino) mentre Vera, più razionale del marito, è divisa tra l’affetto per Virgilio e la sua infatuazione per il nuovo arrivato.
Il tradimento di Bruno e l’agguato nel capannone
La novità porta molto entusiasmo nella vita della comunità di Bruno, che decide di organizzare una festa in un locale, alla quale Ciro è invitato. Ed è proprio alla fine della serata, che Bruno annuncia a Ciro di voler andare via da Riga per far ritorno a Napoli e lasciare a lui la guida della comunità. “Io ormai sono vecchio e loro ti vogliono bene, ti ascoltano”. Ciro però intuisce che ci sia qualcosa sotto, anche perché Bruno sembra aver fretta di andarsene, come se volesse sottrarsi tempestivamente ad una situazione per lui scomoda. Di Marzio, che da ragazzino era stato già tradito una volta da Bruno – quando lo aveva utilizzato come esca per attirare ‘o Merlo nella sua trappola – intuisce che Bruno voglia fregarlo di nuovo e si muoverà di conseguenza.
La resa dei conti finale si avvicina dopo l’agguato al capannone in cui gli uomini di Bruno lavorano la droga che verrà smerciata in tutta Europa. Mentre sono al lavoro, vengono sorpresi dagli uomini di Emils, che picchiano tutti con delle mazze e portano via 150 kg di cocaina. Ad una successiva visione del film, allo spettatore non sfugge che i lettoni, durante l’agguato, riservano due colpi più leggeri a Bruno, il quale finge di accasciarsi a terra, mentre gli altri (tra cui il povero Virgilio) sono ridotti a maschere di sangue.
Dobeshenko, che sopraggiunge al capannone dopo l’agguato, è furibondo. Uccide Virgilio a sangue freddo e concede a Ciro poche ore per recuperare il carico di droga, con l’aiuto di Bruno.
Il finale de L’immortale: nessun padrone
La resa dei conti che rievochiamo nella spiegazione del finale de L’immortale è più “spettacolare” che logica. Ciro di Marzio fa fuori (quasi) tutti. Durante un tragitto in auto con Bruno, questi confessa a Ciro che è stato lui ad organizzare e agevolare l’agguato nel capannone: “Non volevo che morisse Virgilio, volevo che morissi tu! Perché ti sei preso la mia vita. Sei diventato quello che io volevo essere e non sono mai stato. Quando sei arrivato avevo solo un pensiero, quello di fotterti”
In quel momento, le auto con i lettoni (che seguivano la vettura di Ciro) saltano in aria, e dopo l’esplosione di Marzio intima a Bruno di uscire dall’auto. Inaspettatamente, non lo uccide, ma lo lascia andare via, con la certezza che Bruno continuerà a vivere con i suoi fantasmi (tra cui quello di Stella). Quando Ciro viene raggiunto dai russi, spara a Dobeshenko. “Nessun padrone”, ricorda agli uomini del boss russo, che non intervengono, evidentemente in accordo con Ciro nel far fuori il loro capo.
La fine del film però, riserva altre sorprese, tra la testa nella scatola e l’incontro con Genny Savastano.
Di chi è la testa nella scatola?
Negli ultimi minuti del film Ciro riceve un pacco. L’immortale si concede un finale alla Seven, con l’apertura della scatola che svela il suo orrido contenuto, la testa di don Aniello Pastore. Pochi istanti dopo, in lontananza vediamo arrivare una macchina e a seguire appare Genny Savastano. Un incontro sancito da uno sguardo carico di rabbia e lacrime, che al momento dell’uscita del film, rappresentò un momento molto atteso da parte dei fan, che non vedevano l’ora di rivedere sullo schermo i due amici – nemici fraterni, gli unici sopravvissuti ad una lunga epopea di sangue. Si suppone che la testa di don Aniello sia proprio un dono di Gennaro a Ciro.
la ricostruzione storica: il terremoto, ‘o Merlo e lo scudetto
In conclusione, vogliamo spendere due parole sulla efficace ricostruzione storica della Napoli anni ’80, ne l’Immortale. La breve e concitata sequenza del terremoto, realmente accaduto il 23 novembre 1980 e che ebbe epicentro in Irpinia, ma scosse anche Napoli e quasi tutto il Sud, descrive bene quei momenti di panico (e chi scrive li ha vissuti, come tante altre persone di quella generazione).
I costumi di Veronica Fragola, le scenografie di Carmine Guarino e i volti dei protagonisti, rievocano una Napoli che non esiste più, e lo fanno con precisione. In particolare, i nastri bianchi e azzurri che attraversano i vicoli, e che vediamo in diverse scene, ci permettono di collocare le vicende della prima giovinezza di Ciro nel 1990, l’anno in cui il Napoli vinse il suo secondo scudetto.
Anche il casting rievoca volti di quel periodo, e che ritroviamo in Bruno e Stella (Giovanni Vastarella e Martina Attanasio) ma soprattutto in ‘o Merlo, le cui fattezze lasciano intendere che sia ispirato al boss di Forcella Luigi Giuliano, oggi collaboratore di giustizia. L’accuratezza del casting si rivela soprattutto nell’aspetto del piccolo Ciro (interpretato dal piccolo Giuseppe Aiello) molto somigliante a Marco d’Amore quando era bambino.
Non mancano poi riferimenti interessanti alla serie di Gomorra. La storyline dei magliari (seppur in modo diverso) viene trattata nel saggio di Roberto Saviano e nel film di Garrone, ma è rimasta fuori dalla serie targata Sky. Altre inquadrature e scene rievocano altri momenti indelebili nella memoria dello spettatore: quando Ciro viene sequestrato dai Lettoni, all’inizio del film, il suo sguardo nell’auto crivellata di colpi, ricorda quello di sua figlia Mariarita, uccisa in circostanze simili. Anche L’inizio della storia di Ciro, con lui che sprofonda nel pavimento di casa per poi riemergere dalle macerie, è speculare all’inabissarsi del suo corpo nel mare di notte, dopo il colpo di colpo di pistola e il successivo ritorno alla vita.
Dei personaggi che avevamo già conosciuto nella serie, oltre a don Aniello e Genny, ritroviamo anche Attilio ‘o trovatello: è il ragazzo che accompagna Ciro da don Pietro negli ultimi istanti del film. Diventerà il mentore di Ciro, ma morirà ucciso all’inizio della prima stagione.