Il nome M3gan sta per Model 3 Generative Android. È una bambola rivoluzionaria, il giocattolo del secolo, quello che ogni bambino desidererebbe ricevere e ogni genitore sarebbe felice di comprare. Perché, nonostante il costo, sono innumerevoli le capacità e i benefici che tutta la famiglia può trarne. M3gan, infatti, entra immediatamente in collegamento col suo piccolo proprietario, diventandone a tutti gli effetti la migliore amica/babysitter.
Un ruolo che l’androide ricopre andando dal trascorrere il tempo insieme al bambino, fino a istruirlo con i più rudimentali strumenti, portati nel corso del tempo ad aumentare e ampliarsi, così da diventare una vera e propria figura di riferimento e un insegnante che aiuterà a crescere il suo possessore umano.
I due grandi tópoi di M3gan: tecnologia e “maternità”
Una bambola che è l’esempio calzante della sconsideratezza delle persone e dell’eccessiva fiducia che riservano verso una tecnologia che sono i primi a voler sviluppare, portandola quasi all’esorbitanza. Ma nel proprio tramutarsi in autentica figura semi-genitoriale all’interno della relazione che instaura col bambino a cui viene affidata, è il lato più primitivo che l’androide renderà evidente nella propria personalità in continua formazione. Il voler essere a tutti i costi un faro e un riparo sicuro per quei bambini a cui viene assegnata, e che proteggerà perciò fino alla fine, anche arrivando a uccidere.
Nell’horror cinematografico di M3gan, il cui soggetto è ideato da James Wan assieme alla sceneggiatrice Akela Cooper e che viene poi affidato alla regia di Gerard Johnstone, convivono due tópoi che fanno parte tanto della letteratura, quanto di classici della fantascienza o del mondo orrorifico che abbiamo visto nel corso degli anni sullo schermo. L’evoluzione di una tecnologia che si mescola in questo caso a un aspetto prettamente umano, seppur portato all’eccedenza: quella sorta di genitorialità che la bambola rielabora nell’intento di diventare una vera e propria protettrice, cercando di mantenere sotto la propria ala la sicurezza dei bambini.
Dalla zia Gemma al ruolo di M3gan
Il ruolo genitoriale e su come quest’ultimo si articola è proprio alla base del film in quanto vede la sua protagonista Gemma, interpretata da Allison Williams, passare da sola zia a tutrice legale della nipote Cady (Violet McGraw) dopo la morte della madre e del padre. Un incidente in mezzo alla neve che li ha strappati brutalmente alla bambina, unica sopravvissuta, la quale si sente come un’estranea nella casa anti-ragazzini della zia stacanovista, focalizzata solamente sul proprio lavoro.
È dunque un doppio desiderio quello che muove la donna. Da una parte portare di fronte al suo capo un giocattolo innovativo, non puramente commerciale, che dia una vera scossa all’industria tecnologica e ludica. Dall’altra il voler destinare alla sua creazione l’educazione della piccola Cady, a cui non può dedicare il tempo che meriterebbe, delegando quel suo nuovo ruolo familiare alla bambola.
Niente parental control per M3gan
È così che M3gan sostituirà gradualmente l’autorità di Gemma, e nel momento in cui entrerà a contatto col world wide web, scoprirà gli esponenziali pericoli a cui ogni fanciullo può essere esposto, non trovando la maniera adatta per distinguere quali possono essere le effettive minacce, agendo perciò come se qualsiasi cosa rappresentasse un rischio da dover arginare.
Tutto questo per una semplice svista di una zia troppo concentrata a maneggiare fili e cavi nel proprio laboratorio. Come qualsiasi sistema digitale, anche M3gan ha un parental control che Gemma ha però dimenticato di attivare, mettendola a conoscenza di cos’è la morte, come accade e come fare per evitarla. Anche se questo vuol dire provocarla a propria volta.
Imparare per crescere
Nello studio cinematografico e letterario che ha messo da anni al centro l’intelligenza artificiale e la sua maniera di evolversi, distaccandosi dalla mano dell’uomo che l’ha inizialmente generata, M3gan accumulerà da internet un numero talmente elevato di nozioni e notizie da generare così una propria coscienza. La medesima che un Pinocchio come quello di Guillermo Del Toro costruisce grazie all’esperienza empirica, mentre per quel concentrato di titanio e Wi-Fi basta solamente un accesso al panorama digitale a cui è direttamente collegato.
Questo continuo apprendere, che nello scambio con Cady vede entrambi i personaggi crescere e evolversi, porterà la bambola ad allontanarsi sempre di più dai semplici comandi impartiti da Gemma o dalla bambina stessa, cominciando a ragionare per proprio conto e diventando una vigilante sanguinosa e assassina – finché anche la sua “famiglia” non finirà per rivoltarsi contro.
M3gan e le mamme horror
M3gan, nel suo imparare tramite informazioni intangibili come quelle provenienti dalla rete, trasformerà la propria cognizione puramente tecnologica in un’emozione quanto mai reale e riportabile all’umano. A rivestire un ruolo che nel cinema horror abbiamo incontrato assai spesso e che vede in quelle mamme ossessionate dalla sicurezza dei figli dei connotati psicotici che conducono loro e la propria progenie fino all’estremo.
Cos’era la signora Bates se non una madre che non voleva che nessuna donna corrompesse il suo Norman, fin tanto da renderlo pazzo? Cosa voleva fare la Margaret White imponendo gli stilemi della religione cristiana alla sua Carrie se non tenerla lontana dal Diavolo, il quale poteva nascondersi negli impulsi e nelle scorribande giovanili? Seguendo un filone che rimane sempre presente come attesta la mamma di Sarah Paulson nell’horror Run del 2020 la quale costringe sua figlia sulla sedia a rotelle, M3gan mescola al proprio carattere tecnico e meccanico un approccio del tutto riscontrabile negli esseri umani.
L’eccesso della tecnologia nella “umana” M3gan
È un abbondanza di cura, tipico di queste genitrici orrorifiche, che nel cercare di difendere la virtù e di preservare la salvaguardia dei figli, si tramutano a propria volta in mostri che isolano i pargoli sotto fantomatiche campane di vetro, in grado di ferire più di qualsiasi confronto con la realtà. È in questo sentimento che si trova il punto di incontro tra i due grandi temi del film di Johnstone: l’aver dimenticato da parte di Gemma cosa vuol dire prestare attenzione al prossimo, in questo caso “una figlia”, avendolo però insegnato a un’androide senza le dovute precauzioni.
Aver affidato a un’intelligenza artificiale una ragazzina vittima di un trauma e aver fatto entrare talmente tanto in collegamento le due da aver spinto la tecnologia a oltrepassare il proprio compito, diventando un sostituto in tutto e per tutto. È l’essersi deresponsabilizzati e aver lasciato incustodito un posto vagante, che proprio M3gan è andata a riempir giungendo all’eccesso, compiendo la cosa più umana che potesse fare: prendere a cuore Cady. Un’I.A. di un’eccellenza tale che, guardando al futuro, può sostituire chi l’ha creata, mischiando elementi umani e tecnologici e terrorizzando per la mancanza di confini.