Colin Farrell, fresco vincitore del Golden Globe 2023 come Miglior attore protagonista per Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh, ha rivelato di aver affrontato un momento di profonda crisi professionale nel 2004, dopo l’uscita nelle sale di Alexander di Oliver Stone, apparentemente destinato a riscuotere molto successo, e a ricevere molti riconoscimenti, e che invece ricevette fortissime stroncature dalla critica, oltre ad essere largamente ignorato dal pubblico (incassò infatti soltanto 167 milioni a fronte di un budget dichiarato di 155).
L’epico film, le cui riprese durarono sei mesi e si svolsero in tre continenti diversi, narra la vita del condottiero macedone Alessandro, poi destinato a passare alla storia come l’imperatore Alessandro Magno (o “il Grande”) e vede nel cast oltre a Farrell come Alessandro, Angelina Jolie nel ruolo della regina Olimpiade, Anthony Hopkins nel ruolo di Tolomeo e Christopher Plummer nei panni di Aristotele, che di Alessandro è stato mentore ed insegnante.
Durante una tavola rotonda di The Hollywood Reporter dedicata al tema dell’aspettativa, cui hanno partecipato molti noti attori, Farrell ha ricordato così la genesi della sua crisi: “Le aspettative sono una cosa pericolosa: girare quel film era il sogno di Oliver sin dai tempi del college, quindi sia per lui che per me, era una questione personale, in tutto che il progetto fosse magniloquente, globale, politico, violento ed eccitante. Io quando parlo di aspettative, parlo del fatto che tutti noi avevamo già comprato i frac da indossare alla serata degli Oscar, e non sto scherzando.. eravamo sicuri di andarci.”
La verità, però, si rivelerà presto ben diversa, e Farrell ricorda cosa significò per lui doverne sopportare l’enorme peso: “Poi comincia a girare la voce che no, il film non va bene e il mio agente mi conferma questa cosa; allora io gli chiedo cosa intendesse dire: all’epoca non esisteva Rotten Tomatoes, le critiche che leggevi erano solo quelle della carta stampata; bene, io mi sono ritrovato tutte queste recensioni che mi dicevano di fare le valige, e che ero stato finalmente scoperto, come fossi un impostore, insomma; mi chiamavano Alessandro il noioso, Alessandro il mediocre, Alessandro il farfugliatore, Alessandro il debole. Porca puttana, mi sono detto in quel momento: e adesso cosa faccio? Provavo una grande vergogna… Sono arrivato al punto che ad ogni persona che incontravo, chiedevo se avesse visto Alexander, e se mi diceva di sì, le chiedevo scusa. No, non sto scherzando.”
Farrell ricorda poi come, di ritorno da una vacanza di decompressione sul lago Tahoe, i pensieri di forte autocritica fossero ancora predominanti: “Ero davvero convinto, in quel momento, di essere un attore di merda, un incapace, un impostore; sì, agli inizi della mia carriera ero stato molto determinato, di quella determinazione tutta irlandese, ma cosa cazzo me ne fregava in quel momento? Avevo 23 anni, e quando hai 23 anni e tieni davvero tanto a quello che fai, spesso non sei in grado di articolare correttamente tutto quel trasporto, non riesci ad averci un rapporto sano, e allora la cosa più facile da dire in quei momenti è “Non me ne frega più un cazzo di niente, basta!”. Non mi sto scusando, ero giovane, ma davvero, Alexander mi aveva riempito di dubbi.”
Farrell conclude poi, raccontando il momento della svolta: “Ho dovuto tornare indietro con la mente a quando avevo 17 anni, al mio primo corso di recitazione, anzi al mio secondo workshop;.. non ero più quella persona lì… ero stato sparato a dritta fuori da un cannone… mille opportunità, un sacco di soldi, la possibilità di accedere a questo o quell’altro privilegio; essere riuscito a rimettermi in contatto con la semplicità, è qualcosa per cui mi considero molto fortunato.”