Al termine di Patch Adams, film del 1998 con Robin Williams e Monica Potter, Patch, con un toccante discorso, riesce a convincere la commissione disciplinare della facoltà di Medicina a non espellerlo; pur praticando la professione senza la necessaria abilitazione, infatti, l’aspirante medico dimostra agli esaminatori la qualità dei risultati raggiunti dalla sua clinica, dove, per curare efficacemente il corpo, si guarisce prima di tutto lo spirito. Il film si chiude con la cerimonia di laurea di Adams che, sollevata la toga, si mostra completamente nudo.
Una chiusura nel segno dell’umorismo per un film che dell’umorismo fa il suo punto focale; il giovane Patch Adams, afflitto da pensieri suicidi, decide, nel 1969, di ricoverarsi in una struttura per l’igiene mentale dove, grazie al rapporto con altri pazienti, scopre il potere taumaturgico della risata.
Una volta ritrovato il suo equilibrio, l’uomo decide di iscriversi a Medicina, convinto di poter fare del bene al prossimo utilizzando il suo innovativo metodo; egli è però malvisto da Walcott, il rigido Preside di facoltà, che invece propugna un approccio decisamente più tradizionale nel rapporto tra medico e paziente.
Grazie alle pressioni del dirigente, Adams viene espulso una prima volta dal corso, salvo esserne immediatamente reintegrato, dopo che le interazioni con alcuni pazienti portano effettivamente a decisi miglioramenti della loro qualità di vita.
Adams, nel frattempo, stringe una forte amicizia, destinata poi a diventare amore, con la collega di corso Carin Fisher: i due presto decideranno di aprire insieme una clinica dove accogliere pazienti privi di assicurazione medica, nel segno del rivoluzionario approccio empatico propugnato da Adams. Presto, tuttavia, la vita metterà a dura prova questa sua convinzione.
Carin, infatti, verrà uccisa da Larry, un paziente della clinica affetto da problemi mentali. Perso l’amore della sua vita, Patch ricade vittima degli antichi fantasmi; deciso a togliersi la vita, sta per gettarsi da un burrone quando, vedendo una farfalla accanto a sé, ricorda l’amata, che avrebbe voluto le ali per potersi librare in cielo, e recede dai suoi propositi.
Infuso di nuova linfa, Adams si getta a capofitto nella crescita della clinica, ma deve di nuovo scontrarsi con Walcott, il quale, dopo aver scoperto che il suo alunno gestisce una struttura sanitaria senza licenza, si muove per farlo espellere dall’Università. Nel corso dell’udienza presso la commissione disciplinare, Adams predica ancora una volta l’empatia nei confronti del paziente come valore fondante della professione, al di là del semplice superamento della malattia.
Congedandosi, l’aspirante medico dichiara come a prescindere dal risultato della valutazione, la vocazione di medico che lo contraddistingue non verrà mai meno, e che quindi sarebbe meglio per tutti averlo come collega piuttosto che come ‘elemento di disturbo’ al di fuori dei ranghi consolidati. La commissione decide di non espellere Adams, pur considerando i suoi metodi di lavoro poco ortodossi, e l’uomo può così finalmente ricevere il suo diploma, non rinunciando comunque a un’ultima burla.
Patch Adams è liberamente ispirato alla storia vera di Hunter Adams (ve l’abbiamo raccontata qui); il medico, all’uscita del film, criticò l’approccio estremamente superficiale con cui era stata riportata su schermo la sua vicenda personale.