E.T. – l’extraterrestre, la creatura più famosa creata da Carlo Rambaldi, compie quarant’tanni. Daniela, figlia dell’artista degli effetti speciali, ha ricordato come il padre ha realizzato il “protagonista” del film di Steven Spielberg e i suoi primi pensieri quando lo ha visto per la prima volta. In occasione dell’anniversario, domenica 6 novembre, alla Cineteca Milano-MIC Museo, si inaugura “E.T. LA MOSTRA 1982-2022”.
Carlo Rambaldi ha vinto tre volte l’Oscar e dalla sua fantasia creativa sono nati personaggi come Alien del film di Ridley Scott, King Kong, quello del 1976, oltre che E.T. del film del 1982, con cui vinse l’ambita statuetta consegnata dall’Academy per gli effetti speciali. Daniela Rambaldi, in queste ore, ha raccontato a Repubblica alcuni simpatici aneddoti sulla nascita dell’extraterrestre più famoso del grande schermo.
Fu Steven Spielberg a chiamare l’artista italiano. Il regista gli chiese di dargli una mano, il team americano con cui stava lavorando non riusciva a mettere in pratica le sue richieste. “Si conoscevano, avevano già collaborato per Incontri ravvicinati del terzo tipo – racconta Daniela – dunque si fece mandare la sceneggiatura. Papà chiese dodici mesi per realizzare il tutto, dovette invece realizzarlo in sei mesi consegnandolo addirittura tre giorni prima. Lavorò incessantemente giorno e notte“.
Daniela e suo fratello Victor, a Milano presenteranno un documentario sul restauro di E.T. realizzato dal figlio di Rambaldi. Ma continuiamo con il racconto di Daniela sulla genesi di E.T. “Quando mio padre realizzò la prima scultura in creta, di circa trenta centimetri, chiamò me e i miei fratelli chiedendoci un parere. Io avevo 11 anni. Sulle prime non mi piaceva, quando però l’ha fatto girare su un cavalletto mi ha fatto ridere il suo fondoschiena, ricordava un po’ Paperino. “Brutto, ma simpatico”, pensai, ma non faceva affatto paura. Quella è stata la chiave del successo“.
E.T nasce dalla mente creativa dell’effettista italiano, ma Carlo Rambaldi, come tutti gli artisti, ha preso ispirazione da animali, oggetti, e forse persone, che lo circondavano: “Per gli occhi la prese dal nostro gatto himalaiano, per il collo allungato e la silhouette del corpo da un suo dipinto degli anni 50, Donne del Delta, riprendendo alcune figure femminili ferraresi. Ha messo tutto insieme, ovviamente seguendo i tanti input di Spielberg. C’è molto di lui”, rivela Daniela.