Il nuovo film di Paolo Genovese, Il primo giorno della mia vita, affronta un tema molto delicato e cioè quello del suicidio. Il regista ha voluto spiegare il motivo per cui ha affrontato un discorso così delicato ed espresso la necessità che si parli anche di argomenti scomodi.
Quando Leggo chiede a Genovese come mai questo tema si tocchi poco nel cinema italiano, il regista spiega: “Perché è un tabù, sia sociale che religioso. Invece devo dire che facendo questo film e incontrando il pubblico ho capito che c’è voglia di parlare di quella condizione estrema che ci porta nel buio. Bisognerebbe parlarne, perché tirare fuori ciò che si ha dentro è il primo passo per provare a reagire. Nessuno può prevedere cosa può dire, quello che direi è ciò che ho messo nel film. Certo la pratica è molto più difficile della teoria, non c’è un manuale pronto per l’uso. Dipende dalla sensibilità del momento, bisognerebbe capire il contesto”.
Secondo l’artista però non si tratta di un film triste: “In verità è un film relativamente cupo, pensate che si doveva intitolare “Felicità” perché si parte da una situazione difficile in cui i quattro protagonisti pensano di aver toccato il fondo. Poi la storia si rivela come la ricerca della felicità, del bello della vita per poter andare avanti con i personaggi che cercano in qualche modo di rialzarsi. L’ispirazione è venuta da un documentario in cui si intervistavano alcune persone che avevano tentato il suicidio e si erano salvate. La cosa che più mi colpì fu che la maggior parte di loro si era pentita”.
Il primo giorno della mia vita di Paolo Genovese è uscito al cinema il 26 gennaio e sta riscuotendo un buon successo di critica e pubblica.