Modelle, attrici e registi: le gemelle Lea e Vera Borniotto sono tra le voci più interessanti del cinema “young” italiano. Classe 2000 e originarie di Genova, si sono fatte conoscere attraverso progetti sperimentali, che scavano a fondo nelle profondità dell’animo umano sfidando lo spettatore con una forte adesione all’immaginario onirico e surrealista. Appassionate di cinema fin da piccole, tra i loro pilastri ci sono Guillermo del Toro, Terry Gilliam e Tim Burton, che hanno per loro rivoluzionato il concetto di “mostruoso”, su cui è incentrata gran parte della loro produzione, dal corto Innermind, che tratta il disturbo alimentare dell’anoressia, ai lavori di attivismo e denuncia sociale, come il progetto Their Voice.
Le gemelle hanno appena terminato le riprese del documentario Così come sono, realizzato in collaborazione con Tommaso Cennamo e prodotto da Edoardo Margotti per Blooming Flowers. Questo nuovo progetto esplora la vita del Senatore Antonio Guidi, medico, politico e accademico italiano, noto per il suo impegno nel sociale e per le sue attività politiche: una figura rivoluzionaria che ha saputo affrontare le sfide imposte dalla sua disabilità con straordinaria determinazione. Nato il 2 settembre 1945 a Roma, Guidi è specializzato in neuropsichiatria infantile e ha dedicato gran parte della sua carriera alla tutela dei diritti delle persone con disabilità. È affetto da tetraparesi spastica dalla nascita, condizione che ha influenzato il suo approccio umano e professionale nei confronti delle tematiche legate all’inclusione.
Nel corso della sua carriera politica, è stato deputato e senatore, oltre a ricoprire il ruolo di Ministro per la Famiglia e la Solidarietà Sociale nel primo governo Berlusconi (1994-1995). Ha contribuito a promuovere politiche volte a migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie. È stato anche membro di Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi, e successivamente del Popolo della Libertà.
Per le sorelle Borniotto, si tratta della prima esperienza in un progetto documentaristico dedicato a un tema sociale che hanno sentito profondamente vicino, punto di partenza della nostra chiacchierata.
Come avete pensato al salto tra film di finzione e forma di racconto che meglio si adatta alla realtà?
Quella del senatore Antonio Guidi è una storia importantissima che merita di essere raccontata e conosciuta il più possibile, non solo in Italia. Per noi, è stata anche una nuova esperienza per poter crescere ancora di più a livello registico: sicuramente è un approccio diverso, ma allo stesso tempo si noterà che ci mettiamo sempre qualcosa di cinematografico. È il nostro lavoro più emozionante: la storia del Senatore Guidi ci da tanta responsabilità, ci siamo riviste in lui subito a livello emotivo perchè è una persona che ha lottato tanto per il sociale, ed è davvero un onore poterne parlare.
Quali sono state le sfide principali di questa nuova direzione registica?
Il fatto che con un documentario c’è sì un soggetto di base, ma non c’è una sceneggiatura. A livello di scrittura, di narrazione, è qualcosa di completamente diverso, però anche in questo progetto abbiamo la fortuna di condividere la regia con un grande regista, Tommaso Cennamo che, sotto questo punto di vista, ci ha guidato con consigli e dritte. Ci riteniamo molto fortunate anche per l’opportunità di condividere la regia con una persona che ha già fatto altri documentari: questo sicuramente ha aiutato proprio ad aprirci mentalmente su qualcosa che non avevamo mai provato.
La maggior sfida per noi è stata affrontare per la prima volta un prodotto che non fosse di finzione, essendo abituate a generi di tutt’altro tipo: è stato come mettersi in gioco da capo, ma trasportando anche nel documentario i nostri gusti estetici. Affrontare il tutto è stato comunque semplice, poiché siamo state mosse subito dalla volontà di far emergere il messaggio importante legato alla vita del Senatore. Abbiamo sempre fatto lavori a tema sociale. È stato di nostro grande aiuto, come dicevamo, poter condividere la regia con Tommaso Cennamo, da anni nel settore documentari, che ci ha insegnato tantissime cose nuove e molto importanti dal punto di vista tecnico.
Come è stato entrare in Senato e avere la possibilità di girare in luoghi che solitamente non vengono ripresi?
Essere state le prime a riprendere aule e luoghi del senato è stato un grandissimo privilegio oltre che un grande gesto di fiducia nei nostri confronti e nei confronti del nostro lavoro. Aver la possibilità di mostrare per la prima volta luoghi che non sono visibili al pubblico ci ha consentito di raccontare al meglio il documentario arricchendolo di preziose opere d’arte.
La passione per il cinema di Lea e Vera nasce da quando erano piccolissime: a 19 anni, hanno prodotto il cortometraggio Innermind sul tema dell’anoressia, proseguendo i propri lavori a tema di denuncia con Their Voice, contro gli allevamenti intensivi, realizzato con il supporto di Animal Equality, e Vindex Flamma, distribuito da Premiere Film nel 2022, sul tema del femminicidio nella storia.
Nella vostra produzione, puntate molto sull’idea di realismo magico, l’onirico che si fonde con la fascinazione ma anche con il terrore, tematiche cardine dei vostri registi preferiti, giusto?
Esattamente. Secondo noi questi registi hanno cercato di avvicinare il pubblico per la prima volta all’orrore e alla morte in un modo completamente diverso, esorcizzando un po’ le paure e, al tempo stesso, rendendole molto più visibili alle persone di tutte le età in maniera naturale e anche educativa. In Del Toro, appunto, il mostro è usato come metafora educativa, è uno dei motivi per cui lui e Tim Burton sono diventati i nostri registi preferiti, che riteniamo abbiano aiutato a “eliminare” questa paura del diverso. Come può essere anche Edward Mani di Forbice, che in realtà è un film di palese denuncia del bullismo.
Crescendo, oltre a queste ispirazioni, ne avete poi incontrate delle altre, non per forza al cinema, ma anche nella moda, nella letteratura, in qualsiasi forma di arte?
Oltre a qualsiasi regista che appunto ci ha formato mentalmente già da bambine, ne abbiamo poi incontrati altri a livello artistico: tra i più recenti, c’è Alice Rohrwacher, un punto fisso di ispirazione, e Luca Guadagnino. Indubbiamente, poi, la moda a livello di look ci aiuta tanto, anche a comporre i costumi per i personaggi. A noi piace tanto curare l’estetica di ogni personaggio, questo pensiamo derivi dall’influenza della moda su di noi, che è un po’ di anni che ci accompagna. Di base, abbiamo fatto anche studi artistici, quindi a priori le opere d’arte ci piacciono molto, ci ispiriamo sempre anche a molti quadri per elaborare look e spunti visivi.
Facendo anche un cinema di forte denuncia sociale, vi occupate di tematiche importantissime e che tra l’altro stanno a cuore tantissimi giovani soprattutto. Secondo voi qual è la chiave per parlare di tematiche quanto mai attuali? Farle arrivare ai giovani a un pubblico che in realtà fatica ad andare al cinema e che si è progressivamente allontanato un po’ dall’idea del film, del lungometraggio, dell’andare in un posto.
A volte, si ha paura di raccontare determinate metafore con il linguaggio della fiaba, il linguaggio fantasy, mentre spesso è proprio tramite questo che può arrivare un messaggio molto più forte, rispetto a qualcosa che è simile alla realtà. Questo è anche uno dei motivi per cui puntiamo molto sul genere, che reputiamo un metodo per esprimersi molto profondo e molto più realistico di quanto le persone possano pensare.
Film come La Chimera si rifanno sì a dei generi particolari, ma sono comunque storie di denuncia, raccontano delle realtà interessanti che possono aiutare a smuovere qualcosa nel pubblico. Soprattutto, secondo noi, in quest’epoca che è molto consumista, si perdono un po’ i valori, ed è importantissimo che il cinema dia dei messaggi d’animo proprio perché si sta sgretolando tutto. Il ruolo del regista è anche quello di raccontare una fiaba, una storia. Quando non esisteva ancora il cinema, molto spesso venivano raccontate fiabe per educare i figli ad una morale, quindi pensiamo che il cinema possa veramente ancora dare questo tipo di messaggio come quando si raccontavano le storie. Deve aiutare il prossimo, smuovere le coscienze, che è sempre utile per migliorare un po’ il pianeta.
Quali sono i benefici, gli aspetti vincenti e le ipotetiche difficoltà del lavorare così tanto in osmosi?
A volte, vogliamo dire la stessa cosa ma la diciamo in maniera diversa e, quindi, spesso ci scontriamo su punti che in realtà pensiamo che siano molto simili. Lea è la parte molto più tecnica, è la più artistica, quindi riusciamo comunque a compensarci bene, siamo molto bilanciate su quello che dobbiamo fare.
Vi piacerebbe anche esplorare di più magari il tema del doppio, proprio in virtù anche di questa sinergia che avete dalla nascita?
Sì, non escludiamo un giorno di affrontare questa nostra dualità, è un tema che ci interessa molto, però dobbiamo ancora approfondirlo negli anni. Dobbiamo conoscerci ancora di più per parlarne nella maniera più corretta possibile.
Ci sono altri generi che vi piacerebbe esplorare?
Ci piacciono tutti i generi cinematografici e sperimentare con diversi stili e direzioni registiche, che può sempre essere una sfida per arricchire il nostro lato artistico, professionale e tecnico. Sicuramente, non vogliamo rimanere fisse su un solo genere ma sperimentarne tanti diversi, sempre tenendo però ben salda la nostra chiave onirica esoterica. Ci piace molto cambiare, non facciamo solo horror e vorremmo puntare anche altrove, mantenendo sempre di base l’esoterismo, il mito.
Ci sono delle creature mostruose nello specifico a cui vi ispirate, che vi sono rimaste nel cuore, oppure in linea generale visualizzate l’idea del mostro più come qualcosa di astratto a cui date forma successivamente?
Sicuramente, ci rifacciamo alla mitologia antica, alle varie storie medievali, le creature che sono state descritte nell’antica Grecia o nel Medioevo: tutto ciò che è considerato antico fa parte del nostro percorso creativo. Partendo da queste, che siano sirene, centauri o draghi, cerchiamo poi di renderle accattivanti e plasmarle il più possibile in modo originale.
Lea e Vera Borniotto hanno iniziato il loro impegno attivista durante gli anni del liceo, concentrandosi principalmente sulla cultura vegana e sui diritti LGBTQ+. La loro partecipazione a numerose manifestazioni di protesta le ha portate a concretizzare il loro attivismo con il cortometraggio Their Voice, un’opera animalista realizzata con il supporto di Animal Equality. Recentemente, hanno collaborato come autrici di alcuni episodi per il programma culturale Focus Lo Sapevi Che?, disponibile on demand su Mediaset Infinity, ideato e diretto da Tommaso Cennamo.
Siete anche vegane e attiviste. Come è nato il progetto Their Voice?
Innanzitutto, con la vecchia collaborazione con Alienside Studio e per dare voce agli animali grazie, appunto, anche al supporto di Animal Equality che ci ha aiutato tantissimo con le immagini di repertorio. Noi siamo vegane e volevamo parlare da tempo di questo argomento, non con uno stile classico, ma nella maniera più orrorifica possibile.
Per questa direzione di forte denuncia, avete qualche voce che vi ispira particolarmente? Non necessariamente nel mondo del cinema: degli attivisti, delle personalità influenti che secondo voi stanno effettivamente parlando al pubblico e facendo qualcosa di concreto, innescando qualche cambiamento effettivo per quello che sarà il nostro futuro?
In realtà ce ne sono tanti di attivisti, anche lo stesso Joaquin Phoenix, è stata la prima persona agli Oscar che ha parlato anche proprio degli animali, poi in generale anche tutte le associazioni animaliste seguiamo, ne seguiamo talmente tante che sono tutte fonti di ispirazione. Sicuramente, Joaquin Phoenix parla in modo molto esplicito di ciò che succede nell’industria della carne, del latte, quindi è veramente un grande esempio di coraggio anche nel parlare di queste determinate cose che molto spesso sono considerate scomode, è una grande fonte di ispirazione.
Siete giovanissime e siete anche molto coraggiose nel proprorre un’idea di cinema con una funzione pedagogica, che educhi, è qualcosa che nel cinema italiano manca molto e, soprattutto, raramente viene fatto da giovani. Siete molto legate al genere e alla cura estetica delle vostre immagini: secondo me, al giorno d’oggi, è essenziale fare film di genere, perché ende visivamente le idee, quella che dovrebbe essere la funzione del cinema è l’immagine che è universale per trasferire dei concetti. Vi trovate d’accordo?
Siamo assolutamente d’accordo sull’importanza di promuovere il cinema, indipendentemente dal genere. L’Italia, a nostro avviso, ha bisogno di giovani che si dedichino a creare un cinema innovativo, andando oltre il surrealismo. Spesso c’è una certa reticenza nel raccontare metafore utilizzando il linguaggio della fiaba o del fantasy, quando invece proprio questi strumenti possono trasmettere messaggi molto più potenti rispetto a narrazioni strettamente realistiche.
Questo è uno dei motivi principali per cui puntiamo molto sul genere: crediamo che sia un mezzo espressivo profondo e più realistico di quanto possa sembrare a prima vista. Film come La Chimera e Titane, pur appartenendo a generi particolari, sono incredibili proprio perché riescono a denunciare realtà significative e a scuotere il pubblico. In un’epoca così dominata dal consumismo, in cui i valori sembrano perdersi, il cinema ha il compito fondamentale di trasmettere messaggi di grande spessore emotivo, aiutando a preservare ciò che conta davvero.
Crediamo che il ruolo del regista sia, in fondo, quello di raccontare una storia, una sorta di fiaba. In passato, prima dell’avvento del cinema, le fiabe e i racconti fantasy venivano spesso utilizzati per trasmettere una morale e insegnare valori ai più giovani. Allo stesso modo, pensiamo che il cinema possa ancora svolgere questa funzione, veicolando messaggi importanti proprio come facevano le storie di una volta. Anzi, riteniamo che debba farlo. Il cinema ha il potere di sensibilizzare, di scuotere le coscienze, e questo è fondamentale per ispirare un cambiamento positivo e contribuire, nel suo piccolo, a migliorare il mondo.
Per quanto riguarda il vostro processo di scrittura, come lavorate solitamente? Visualizzate già delle immagini, prima ancora di quello che sarà poi il testo scritto, i dialoghi?
Abbiamo sempre imparato da autodidatti, anche per quanto riguarda la sceneggiatura. Una cosa particolare che ci succede spesso è vivere flussi creativi intensi tra mezzanotte e le tre del mattino. Di solito, scriviamo le sceneggiature quasi sempre di notte, spesso di getto. A volte le idee arrivano all’improvviso, e sentiamo il bisogno di trascriverle immediatamente per trasformarle in una sceneggiatura. È un processo molto istintivo, quasi come se fossimo un tramite per queste informazioni che ci raggiungono. È così che funziona per noi.
Di solito, quando lavoriamo a una sceneggiatura, tutto avviene quasi simultaneamente: creiamo bozzetti, storyboard e persino i costumi quasi subito, procedendo di pari passo. Durante la scrittura, ci immaginiamo già il film montato. Includiamo automaticamente i movimenti di macchina e le inquadrature direttamente nella sceneggiatura. È un processo che ci viene naturale, come se il film prendesse forma nella nostra mente mentre scriviamo.
Quanto è importante secondo voi che il cinema di oggi racconti i mostri?
Il l fatto di empatizzare tramite il mostro è veramente un metodo di approccio nel far capire anche la psicologia, a volte è incredibile, come per esempio può anche essere stato Joker, che nonostante compia azioni terribili, in realtà non abbiamo mai incontrato persone che ritengono che Joker sia cattivo, anzi tutti hanno empatizzato quasi con lui: questo perché è caratterizzato benissimo e quindi cogli tutte le sfumature, l’essere umano nel bene o nel male. Tramite i mostri in realtà si fa vedere l’umanità e questa è la cosa bella appunto di questi registi che sono stati coraggiosissimi, che tramite i mostri hanno fatto vedere la vera umanità e la disumanità, come è giusto che sia, perché poi ognuno ha la propria visione ed è giusto che sia così.
Tra i loro futuri progetti, il cortometraggio La costituzione del buffone, che ci trasporterà nel cuore del Medioevo, dove due giovani giullari vengono esiliati nel bosco per volere del boia del re. Sopravvivono all’esperienza e intraprendono un viaggio, sia fisico che spirituale, che li porta a riflettere sul ruolo che hanno svolto a corte. Scoprono così che il compito del giullare non si limita a divertire con storie comiche, ma cela un significato più profondo legato alla loro funzione all’interno del regno. Oltre a questo, il thriller fantasy L’inganno del palco, attualmente in fase in sviluppo e pre produzione, e previsto per il 2025.