Il 16 maggio 2024, a Cannes 77, è stato il giorno di Megalopolis, progetto coltivato per oltre 40 anni da Francis Ford Coppola e che finalmente ha visto la luce, polarizzando in maniera anche più estrema dell’atteso le opinioni dei suoi primi fortunati spettatori. Leggendo le prime reazioni al film, una cosa appare chiara; nel giudicarlo non sembra esserci spazio per le vie di mezzo e le prese di posizione moderate: l’arditezza narrativa e il gusto per la sperimentazione la fanno da padroni nelle 2h e 20 della pellicola, esaltando alcuni e lasciando altri con un amaro in bocca difficilmente celabile.
“Non c’è niente in Megalopolis che sembri uscito da un film “normale”. L’opera possiede logica, cadenza e vernacolo propri. I personaggi parlano con frasi e parole arcaiche, mescolando frammenti di Shakespeare, Ovidio e, a un certo punto, latino non adulterato. Alcuni personaggi parlano in rima, altri in una prosa aulica che sembra più adatta a un componimento in versi“. Così ci presenta il film il critico Bilge Ebiri.
Damon Wise di Deadline è categorico: Megalopolis è un film che “reinventa le possibilità [espressive] del cinema: un capolavoro moderno di follia. Coppola si serve dell’Imax come Caravaggio della tela, per uno sfrenato e sregolato pastiche che sconvolge per la sua nuda sfrontatezza“.
Gli fa eco David Ehrlich, su Twitter: “Un autoritratto da 120 milioni, vistoso e appariscente, che è sciocco e sa di esserlo, pronto per poter salvare il Cinema e la civiltà“. Connotazioni filosofiche tornano anche nel giudizio di David Fear, per Rolling Stone: “Autenticamente epico; finché ci sarà qualcuno che ama i film fatti di sostanza, capaci di guardare indietro ai 6000 anni della civiltà umana, opere come queste avranno un pubblico“.
![Frame dal trailer di Megalopolis (Fonte: Francis Ford Coppola - Youtube)](https://cinemaserietv.it/wp-content/uploads/2024/05/megalopolis-trailer-1024x576.jpg)
Fin qui, i giudizi positivi. Come detto, però, non tutti si sono lasciati conquistare dalla visionarietà senza mezzi termini che la pellicola ha deciso di mettere in campo, e inevitabili sono arrivate le stroncature, vivide e sentite, come quella dello stesso Bilge Ebiri su Vulture, che pure ha apprezzato il film nella sua follia: “Megalopolis, il testamento (finale?) di un artista ottantenne, rassomiglia molto al delirio febbricitante di un bambino geniale, rapito irretito e trascinato via dalle bellezze confuse del mondo che si pone al suo cospetto“.
Cosa dire dopo cotanto lirismo? Forse che Megalopolis “è un progetto megagonfiato e meganoioso, allo stesso tempo iperattivo e senza vita, gravato da una recitazione terribile“? (The Guardian), oppure che “questo progetto personale tanto agognato è un completo fallimento che lascerà molti spettatori con un punto di domanda sopra la testa“? (Vanity Fair)?
Sicuramente, però, nessun giudizio potrebbe essere più fraintendibile del seguente, che ci arriva da Jason Gorber (The AV Club): “Questo film è Roma, la serie HBO, riscritta da un migliaio di scimmie, alcune analfabete, altre meno. Più che l’epica romana, questo progetto richiama concetti ellenici come l’hubris e l’ironia tragica; nulla di nuovo per chi segue da tempo la carriera di Coppola. Alcuni resteranno storditi dalla sua follia, per altri sarà solo uno spreco di talento. Per molti, l’unico sentimento provato sarà invece l’indifferenza: un film da vedere in sala, senza smartphone in mano”.
Megalopolis, da una sceneggiatura dello stesso Coppola, con Adam Driver, Giancarlo Esposito e Aubrey Plaza, è ambientato in un futuro devastato da un gravissimo disastro nucleare; la megalopoli del titolo è al centro delle mire di due personaggi antitetici; l’idealista Cesar, che vorrebbe farne una città utopica, e il pragmatico sindaco Cicero (Giancarlo Esposito) che vorrebbe ricostruirla con in mente un solo scopo, il profitto. Ago della bilancia sarà Julia, la figlia di Cicero, alla ricerca del suo posto nel mondo, dopo una vita vissuta da non protagonista grazie alle ricchezze paterne.