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Home » Film » Rambo, la recensione: Sylvester Stallone e la negazione del sogno americano

Rambo, la recensione: Sylvester Stallone e la negazione del sogno americano

La recensione di Rambo: il film con Sylvester Stallone è la storia di un reduce del Vietnam che non riesce più a ritrovarsi nella società.
Maurizio ErmisinoDi Maurizio Ermisino30 Settembre 20225 min lettura
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una immagine di Rambo
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Il film: Rambo, 1982. Regia: Ted Kotcheff. Genere: Azione, guerra, drammatico. Durata: 93 minuti. Dove l’abbiamo visto: In televisione.

Trama: Un reduce del Vietnam viene arrestato e torturato dallo sceriffo di una cittadina americana. Fuggito, si rifugia nella vicina foresta e ingaggia una guerriglia solo contro tutti.

“Mi sono cacciato in un piccolo pasticcio nella mia città. Così mi misero un fucile tra le mani. Mi inviarono in una terra straniera. Per andare a uccidere l’uomo giallo”. La recensione di Rambo, il film con Sylvester Stallone del 1982, si apre con una canzone, che solo in apparenza non è legata al film. È Born In The U.S.A. di Bruce Springsteen, una canzone che era nata proprio per un film dallo stesso titolo, di Paul Schrader. Il Boss poi decise di tenerla per sé e divenne un successo. Racconta proprio la stessa, identica, storia di Rambo. Quella di un reduce del Vietnam che, tornato a casa, non riesce a rifarsi una vita e a trovare lavoro. Ma Born In The U.S.A. e Rambo hanno in comune anche un’altra cosa: il fraintendimento. La canzone del Boss fu vista come un inno patriottico, e usata addirittura da Ronald Reagan. E anche Rambo divenne, nei suoi sequel, un personaggio simbolo di un certo edonismo reaganiano e dell’imperialismo americano degli anni Ottanta. Quando entrambe le opere sono proprio il contrario. Nella recensione di Rambo (First Blood, in originale) vogliamo allora rendere giustizia al primo, ottimo film della saga, quello che aveva in sé il vero messaggio contro la guerra.

La trama: la storia di John Rambo

Tratto dal romanzo First Blood di David Morrell, Rambo racconta la storia di John Rambo, veterano della guerra del Vietnam che ha fatto parte delle forze speciali e ha guadagnato la medaglia d’onore. Tornato negli Stati Uniti, si reca a Hope, nello Stato di Washington, per andare a trovare uno dei suoi compagni d’armi. Ma l’umo è morto di tumore, in seguito all’esposizione all’Agent Orange, un esfoliante usato in Vietnam. Prima di ripartire, si reca nella cittadina di Hope per mangiare, ma lo sceriffo, che lo vede con i capelli lunghi, crede che sia un vagabondo. Rambo viene così arrestato e malmenato dalla polizia. Tutto questo gli fa tornare in mente le torture subite in Vietnam. Quando scappa e si rifugia nella foresta della montagna vicina, si scatena una caccia all’uomo, che degenera in una guerriglia.

Un war movie in tempo di pace

una immagine di Rambo

Parlare di Rambo oggi, a quarant’anni dalla sua uscita, permette di vedere le cose in prospettiva, di capire cosa è avvenuto prima, e cosa è venuto dopo. Di contestualizzare, insomma, Rambo, in un mondo. Era il 1982, e l’America rifletteva da tempo su quel nodo scoperto che era la guerra del Vietnam. Lo aveva fatto con dei film che la mostravano, come Apocalypse Now e Il cacciatore. Aveva fatto vedere le conseguenze dei reduci nella vita dopo la guerra, con film come Taxi Driver. Rambo, in qualche modo, segue questo filone, ma è ancora qualcos’altro. Il film di Ted Kotcheff ci racconta quali sono le condizioni di vita dei reduci, qual è la (inesistente) gratitudine dello Stato nei loro confronti, le conseguenze della guerra sulla loro mente. Lo fa con un film che non mostra la guerra, ma è una sorta di war movie in tempo di pace.

La negazione del sogno americano

una immagine di Rambo

È questo che rende Rambo, il primo Rambo, un film unico. È un film che funziona come un action serrato, adrenalinico, violento. Con una serie di sequenze rimaste nella storia, e con un personaggio, Rambo, diventato icona, la seconda nella carriera di Sylvester Stallone. Ma, a differenza dei tanti sequel che sarebbero stati realizzati, è un film reale, sanguinante, con dentro tanto dolore.

C’è un uomo che, tornato dalla guerra, e dopo aver servito il proprio Paese, sente di non essere apprezzato. E non ritrova, nella società americana, quel “io copro te, tu copri me” che trovava nell’esercito. Anzi, la situazione che trova è proprio il contrario. Se Rocky è un film sul sogno americano, Rambo è la sua negazione.

Rambo, la seconda icona di Stallone

una immagine di Sylvester Stallone

Rambo è la seconda icona, il secondo ruolo simbolo per Sylvester Stallone, dopo Rocky. A quei tempi, l’attore era famoso per il ruolo del pugile italoamericano, che aveva anche avuto i suoi sequel. Aveva avuto successo, ma non era ancora considerato un grande attore. Con Rambo, che inizialmente non avrebbe dovuto fare (in predicato c’erano altri attori, come Clint Eastwod, Al Pacino, Robert De Niro, Michael Douglas), avrebbe trovato anche lo status di attore drammatico apprezzato.

Paradossalmente, però, proprio Rambo lo avrebbe ingabbiato per anni nel ruolo di action hero. Diventato un simbolo e un’icona, il personaggio di Rambo sarebbe stato svilito poi da sequel che sarebbero diventati pura azione, e avrebbero portato quel personaggio sofferto molto lontano da dove era venuto, una sorta di macchina da guerra senza molta anima. Ma il primo Rambo, quello sì, è un film che ha ancora un senso vedere oggi.

La recensione in breve

8.0 Ferito

Rambo è un action movie serrato, un war movie in tempo di pace, che ha un messaggio durissimo che ribalta il sogno americano. Ha reso ancora una volta Sylvester Stallone un'icona, ma ha finito per ingabbiarlo nell'eterno ruolo di action hero..

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