Il film: Aftersun, del 2022. Regia di: Charlotte Wells. Cast: Paul Mescal, Frankie Coco.
Genere: Drammatico. Durata: 96 minuti. Dove lo abbiamo visto: in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2022.
La trama: Aftersun ripercorre l’estate in vacanza passata insieme di un giovane padre e della figlia di undici anni.
Sul finale di Aftersun la Sophie adulta punta la telecamera verso lo schermo. Un televisore su cui passano le immagini di quando era bambina, di quando in quell’estate passata col padre iniziava a sbirciare gli adolescenti e a cercare di capire com’era la vita dei grandi. Un momento passato assieme al genitore e che la protagonista può osservare grazie ai momenti immortalati. È poi un movimento di macchina, già in moto per dare allo spettatore la sensazione di una finta panoramica, che porta lo spazio e lo sguardo del pubblico su di un corridoio lungo, bianco, asettico, in cui in piedi c’è quel padre incredibilmente giovane che, a sua volta, la sta riprendendo.
Un doppio obiettivo che mostra l’istante della registrazione e lo amplifica ponendo Sophie su di un divano con quella telecamera poggiata sulle gambe come se lei stesse inquadrando a propria volta. Un’immagine che vogliamo ben fissare nella mente prima di cominciare la recensione di Aftersun, per percorrere a ritroso – come i personaggi – quella vacanza trascorsa insieme e che una scatoletta contenente i nostri ricordi può proiettare.
Una telecamera per riprendere l’estate
La medialità è il filo diretto con cui la regista e sceneggiatrice Charlotte Wells crea un contatto tra i personaggi, che li unisce a un tessuto ancora più grande che è quello dell’integrità del film stesso a cui appartengono. Aftersun non ha solo gli elementi del presente e del passato a legare quel padre e la sua bambina di nove anni, in un ritorno della memoria che si ripresenta incisivo e consistente nella Sophie diventata madre a propria volta, ma rende la materia filmica centrale per restituire la frammentarietà di quel rapporto e i chiari/scuri che lo hanno caratterizzato.
È con una sequenza anche qui tra ciò che è reale e ciò che è espressione di un sentimento a farsi emblema di quella condivisione che negli anni dell’infanzia di Sophie è stata viva e fervente anche per la giovane età del proprio padre. Un genitore scambiato per fratello, ma potenzialmente amico più che figura autoritaria. Una persona che ha abbracciato la genitorialità, eppure l’opera lo mostra con quante più inquietudini possibili, derivanti proprio dal suo essere così giovane, dal dover prendersi cura di qualcun altro su questo mondo, in un periodo in cui scarseggiano i soldi ed è in cerca di un lavoro più stimolante.
Ma di cosa parla Aftersun?
Una scena psichedelica suddivisa in più parti, che si ricompongono gradualmente con l’avanzamento della pellicola e li restituisce in un quadro più espanso che possa spiegare quella fotografia in movimento tra musica e danza, in cui una Sophie adulta scruta e si avvicina lentamente al padre, sempre giovane e scalmanato, sulla pista da ballo. Un riscoprire come si era, chi e come erano i nostri genitori, che per Charlotte Wells non si riducono semplicemente a quel ruolo da ricoprire, ma ne permette un’estensione che vada descrivendoli e guardandoli oltre, in quanto esseri umani.
Nella persona di Callum dell’attore Paul Mescal, l’autrice incanala un’irrequietezza velata dalla dolcezza e dall’amore genuino e fanciullesco del padre. Le interazioni con la Sophie della piccola attrice Frankie Corio, nelle attività svolte insieme o anche nei luoghi del racconto in cui l’uomo viene lasciato solo, sono il ritratto di un’esistenza che la cineasta fa comprendere già alla sua protagonista da ragazzina, in un mostrare una vicinanza anche in questa sua fase adulta, ora che anche lei è diventata madre.
Paul Mescal e Frankie Coco in una cornice da cartolina
Nella cornice di una cartolina estiva anni Novanta, Aftersun illumina di tenerezza un racconto che traspira un affetto pieno di una sincerità innata, ma anche una malinconia che preannuncia la rottura di qualcosa. Forse la fine dell’ingenuità pre-adolescenziale, forse l’ultima estate prima di chiudere i ponti con un padre. O, in alternativa, semplicemente la tristezza di un tempo che non c’è più e che è bello ogni tanto poter ricordare. Rivedersi con i propri stessi occhi durante quell’età di scoperta in cui si cominciano a condiscendere e comprendere davvero i propri genitori, rendendosi conto di quanto anche loro possano essere fragili.
La schiettezza puerile di Sophie, che è poi la capacità di Frankie Coco di interagire spontaneamente con la macchina da presa, e l’alternanza umorale del Callum di Paul Mescal immortalano una vacanza che anche gli spettatori porteranno dentro. La sinergia tra gli attori, il loro suggestionare con le proprie emozioni prima ancora di essere semplici personaggi nati dallo script di una pagina, arrivano dirette come un flash che balena in un attimo nella mente e ti riporta a quel posto in cui sei stato in villeggiatura quando eri bambino. È la sostanza della memoria che Charlotte Wells rende viva e empatica. È una figlia che ama il proprio padre e un padre che vuole essere bravo per la propria figlia.
Cosa significa essere genitori
In un abbraccio che si consuma sulle note contaminate e rivisitate di Under Pressure, Aftersun si conclude e ci restituisce quel momento di confronto della protagonista Sophie con quella parte della sua vita andata. Sul ricordo di com’era suo padre a trent’anni. Lei che quell’età l’ha appena compiuta e l’aspetta un inedito percorso. Quello di una genitorialità che è unica per ognuno, mentre la pienezza che lascia Aftersun è quella con cui Charlotte Wells ha deciso di voler graziare tutti i suoi spettatori.
La recensione in breve
Con una cornice estiva che richiama i ricordi e la memoria, Aftersun è un viaggio a ritroso nella vacanza di un padre e di una figlia in cui viene esplorato il loro rapporto tra momenti di crescita e di emotività.
- Voto CinemaSerietv