Il film: All the Beauty and the Bloodshed, del 2022. Regia di Laura Poitras. Cast: Howard Gertler, John Lyons, Nan Goldin, Yoni Golijov.
Genere: documentario. Durata: 117 minuti. Dove l’abbiamo visto: alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, in lingua originale.
Trama: Passato e presente di Nan Goldin, celebre fotografa dal passato doloroso. Oggi impegnata in una faticosa campagna contro la famiglia Sackler, colpevole di aver messo sul mercato un farmaco mortale per tante persone.
Immaginate di aprire un album di fotografie. Alcune sono impolverate, col tipico filtro color ocra delle vecchie polaroid. Richiamano un passato doloroso che ritorna inesorabile. Altre sono più nitide, a fuoco, attuali, e immortalano un presente atroce. Non sono foto in ordine cronologico, non seguono un tema preciso, eppure raccontano tantissime storie. È quello che abbiamo provato guardando il nuovo documentario di Laura Poitras, capace di legare la vita di una sola persona (l’artista Nan Goldin) al dramma di un Paese intero (gli Stati Uniti d’America). Nella nostra recensione di All the Beauty and the Bloodshed, in concorso a Venezia 79, sfoglieremo un film che avvolge poco per volta, e invita il pubblico a guardare in faccia il dolore e la rabbia. Un posto scomodo in cui la bellezza emerge con ancora più forza e prepotenza.
La trama: raccontare a scatti
Bellezza e fiumi sangue. Contrasti forti sin dal titolo. Contrasti che tornano anche nella storia messa in scena da Laura Poitras nel suo documentario, personale e collettivo allo stesso tempo. La regista americana ha basato tutto All the Beauty and the Bloodshed sulla sintonia instaurata con Nan Goldin, celebre fotografa e attivista, con la quale è entrata in confidenza a suon di weekend passati assieme. Un’intimità che si avverte dall’inizio alla fine, con l’artista pienamente a suo agio nel condividere orrori e bellezze della sua esistenza. Se parlavamo di contrasti, è perché il film racconta Nan Goldin in duplice veste. Da una parte l’attivista di oggi, la donna che sfrutta la sua influenza culturale per una grande battaglia politica: distruggere l’immagine della famiglia Sackler, colpevole di essersi arricchita a suon di dipendenza, sofferenza e morti. Sono loro i grandi burattinai dietro la Purdue Pharma, azienda che ha causato milioni di overdose da farmaco col suo ossicodone. Una famiglia che va smascherata, sbugiardata e distrutta nell’immagine, visto che prova a ripulirsi la coscienza donando beni culturali ai musei di tutto il mondo. Dall’altra parte, invece, ecco la Nan donna, sorella, figlia. Una persona con un vissuto doloroso, che riemerge con grande tatto. Come si fa chiacchierando tra amiche.
Il ritmo dei ricordi
A colpire è la struttura del documentario: frammentata, sconnessa, mai lineare. Proprio come quella dei ricordi, che riaffiorano in modo confuso. Una scelta stilistica dispersiva, che spesso non lega benissimo il racconto della lotta contro i Sackler e le confessioni di Goldin, ma che riesce comunque a coinvolgere, perché sembra quasi specchiarsi nella personalità di una donna inquieta e irrequieta, il cui passato turbolento sembra scuoterla ancora. E allora Poitras ha creato un film a sua immagine e somiglianza, pieno di salti temporali che passano di continuo da un’epoca all’altra. Ne emerge un grande mosaico in cui poco per volta prende forma il racconto di un’artista che ha fatto della fotografia la sua medicina, il suo appiglio sicuro per fermare un mondo che è sempre andato troppo veloce. Senza mai essere troppo celebrativo, All the Beauty and the Bloodshed mostra il talento spontaneo di una fotografa capace di raccontare vite intere con un solo scatto. Istantanee piene di intimità, solitudine e degrado da cui emerge un’umanità spesso fragile. Fragile come è stata Goldin stessa, marchiata a fuoco da un dolore antico, che non vuole proprio saperne di essere dimenticato.
Famiglie malate
In questo album caotico, però, un filo conduttore c’è. Sfogliandolo con attenzione è facile notare un grande colpevole. Criminale nel passato e nel presente. Le dita di Poitras e Goldin puntano convinte contro un’istituzione sacra come quella della famiglia. Così come gli spietati Sackler hanno creato una legacy fondata sulla morte, conservando lo status quo di un impero senza scrupoli, allo stesso modo la famiglia di Goldin viene vista come la fonte di tutti i mali. Perché non tutti i padri e le madri sono nati per essere davvero genitori. Non tutte le famiglie proteggono la vita che generano. E allora tanto vale sentirsi soli, vagabondi e naufraghi. Come tutte le persone nelle foto scattate da Nan Goldin.
La recensione in breve
Un documentario che segue il ritmo sconnesso dei ricordi, capace di immortalare Nan Goldin in triplice vesti: la donna che soffre ancora, l'artista che ha trovato nella fotografia un'ancora di salvezza e l'attivista caparbia che non vuole smetter di lottare.
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