Il film: Anna Nicole Smith: la vera storia, 2023. Regia di: Ursula Macfarlane.
Genere: documentario biografico. Durata: 116 minuti. Dove lo abbiamo visto: su Netflix.
Trama: Il film ripercorre, sotto forma, di documentario le principali tappe della vita e dell’ascesa al successo dell’iconica modella e playmate Anna Nicole Smith, dall’infanzia in un paesino del Texas alle copertina di Playboy, fino alla tragica scomparsa per droga avvenuta nel 2007.
A pochi mesi dal rilascio del documentario Pamela, a Love Story, basato sulla vita dell’attrice e playmate Pamela Anderson, Netflix ci riprova con un altro documentario biografico su un’altra biondissima icona degli anni novanta, Anna Nicole Smith (all’anagrafe Vickie Lynn Hogan, classe 1967), prodotto da Alexandra Lacey e diretto da Ursula Macfarlane, già autrice di Untouchable, sul produttore cinematografico Harvey Weinstein condannato per crimini sessuali dopo lo scandolo che coinvolse Hollywood.
Il risultato del lavoro di Macfarlane sono quasi due ore di girato su una delle figure più tristi e tragiche degli ultimi vent’anni, con un epilogo scritto già nel suo prologo, che ci consegna la vita, la morte e la solitudine di una ennesima figura femminile in cui è impossibile non ritrovare l’eco tragico di Marilyn Monroe. Andiamo quindi a scoprire, in questa recensione di Anna Nicole Smith: la vera storia, qualcosa in più di questo ultimo documentario disponibile da oggi su Netflix.
La trama: una storia che si scrive da sola
È davvero una storia che si scrive da sola, quella di Anna Nicole Smith, sfortunata Cenerentola che negli anni ’90 raggiunse l’acme del successo diventando il volto e il corpo della rivista Playboy e posando come modella per il prestigioso marchio Guess Jeans.
Nata a Mexia, una cittadina di circa 6000 anime in Texas, unica figlia di una madre ufficiale di polizia e di un padre che l’abbandona appena nata, Anna cresce bellissima ed esuberante fra la casa materna e quella degli zii, lasciando la scuola a 15 anni per poi sposarsi a soli 17 con un cuoco conosciuto sul posto di lavoro. Dalla loro unione nasce Daniel, figlio amatissimo e faro nella tormentata vita della donna (fino alla morte di lui a soli 21 anni per un mix letale di antidepressivi e metadone). Con un figlio piccolo e senza una lira, Anna si sposta a Houston, dove trova lavoro come ballerina in un nightclub. È qui che conosce Missy, amica, confidente e amante che la accompagna nella sua ascesa esplosiva e inarrestabile. Da Houston alla celebre villa di Hugh Hefner il passo è sorprendentemente breve, e nel giro di pochi anni Smith si ritrova ad essere la playmate di punta della rivista Playboy e, successivamente, l’immagine del marchio Guess Jeans. A soli 26 anni sposa il magnate del petrolio ultra ottantenne James Howard Marshall, dando scandalo e attirandosi le critiche e lo scherno di giornalisti e tabloid, e inimicandosi il figlio di lui, Pierce, con il quale innescò una feroce e drenante battaglia legale per l’eredità che portò avanti fino al giorno della sua morte.
Ma se il repentino successo le valse una visibilità illimitata e l’adorazione di milioni di fan, la vita privata di Smith seguì invece un binario sfortunato che deragliò in molte occasioni, a cominciare dall’agognato incontro col padre biologico, presentato nel documentario come un “mostro” che, secondo le successive dichiarazioni di lei, avrebbe provato ad aggredirla sessualmente. Se mai ci fosse, nella vita di una persona, un punto di rottura interiore, Per Smith sarebbe forse nel definitivo crollo delle illusioni di una figlia in cerca della figura paterna, del suo “daddy”, come lo chiama ricalcando voce e postura di Marylin Monroe, in un gioco di rievocazione del mito che Smith, paparazzi e giornalisti si prestano ad alimentare. Finisce così nel tritacarne di Hollywood, in cui lo iato fra persona e personaggio diventa uno squarcio in cui, dall’esterno, diventa impossibile, da spettatore, capire dove inizia uno e finisce l’altro, e dove l’epilogo tragico sembra essere il tassello conclusivo di una storia al contempo personale ed emblematica.
La fine di un sogno
Quello di Anna Nicole Smith è stato un successo che è esploso e si è consumato in una manciata di anni. Le storture di una carriera spinta al massimo del suo potenziale di immagine, si sono insinuate nella vita privata dell’attrice fin dagli esordi, quando decise di sottoporsi a un intervento (malamente gestito) al seno per aumentare le sue possibilità di successo, a seguito del quale iniziò la sua dipendenza da antidolorifici e metadone. L’aumento del peso, e la pressione di un ambiente tossico e grassofobico che può perdonare molto ai suoi divi, ma non il cambiamento delle forme corporee, portarono Smith a sottoporsi a diete drastiche e a firmare un contratto con un’azienda di pillole dimagranti. A causa di una sconvolgente congiunzione di eventi, poi, la nascita della sua seconda figlia coincise con la morte del primo figlio, deceduto per un mix di farmaci. Poco tempo dopo, venne annunciata la morte della donna per overdose, a soli 39 anni, tre in più della sua icona Marilyn Monroe.
Un documentario che non lascia il segno
Il 2023, evidentemente, è un anno in cui le piattaforme hanno deciso di scommettere sui documentari biografici di donne bellissime, come il già citato Pamela, a Love Story disponibile su Netflix e il più recente Pretty Baby: Brooke Shields, su Disney+. Il fil rouge che lega queste due operazioni è quello di aver restituito, almeno in parte, le redini della narrazione alle dirette interessate. Donne che ci sono state raccontate attraverso il filtro mediatico e che oggi, negli anni della loro maturità, con una consapevolezza acquisita non solo grazie all’età, ma anche grazie a nuovi modelli di sensibilità e di emancipazione, si sono assunte la responsabilità della loro verità, condividendola con il grande pubblico. Possibilità, questa, di cui Anna Nicol Smith non ha potuto beneficiare. Il documentario che la vede protagonista finisce quindi per essere una sorta di compendio di ricordi delle persone che le sono state accanto, in cui da spettatori risulta impossibile grattare la superficie in cerca di qualcosa di effettivamente interessante. La persona dietro il personaggio, alla fine, continua a restare un tragico enigma.
La recensione in breve
In Anna Nicole Smith: la storia vera, la regista Ursula Macfarlane costruisce un documentario in cui i ricordi di amici e conoscenti di Smith restituiscono la storia tragica di una delle icone ipersessualizzate degli anni '90. il risultato finale, però, risulta piuttosto piatto e senza nuovi spunti di riflessione.
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