Il film: Ardente Pazienza, 2022. Regia: Rodrigo Sepúlveda. Cast: Andrew Bargsted, Vivianne Dietz. Genere: Sentimentale. Durata: 96 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix.
Trama: Mario diventa il postino personale del poeta Pablo Neruda, il quale gli insegnerà cos’è la poesia, la stessa con cui proverà a conquistare la sua amata Beatrice.
Sebbene nella nostra recensione di Ardente pazienza vedremo come il film di Rodrigo Sepúlveda abbia preso il titolo dell’omonimo libro a cui si ispira, a mancargli è la poetica che nel 1994 aveva messo il cineasta Michael Radford ne Il postino, ma ancor più le tante mani che avevano collaborato per la realizzazione della sceneggiatura basata sul romanzo di Antonio Skármeta. C’erano Anna Pavignano, con Furio e Giacomo Scarpelli. E c’erano poi il regista stesso insieme al suo protagonista Massimo Troisi, che aveva dichiarato che “questo film lo voglio fare con il mio cuore”.
Il primo adattamento prendeva il soggetto del romanzo e lo allungava, rivisitava, riempiendolo della magia di un’opera che ha dato l’ultimo saluto all’attore napoletano, in una bellissima chiosa che è poi quella che lo stesso Il postino riserva ai suoi personaggi. Tutto ciò che manca nella versione Netflix della casa di produzione Fabula di Pablo Larraín, ben più conforme agli standard della piattaforma, seppur anche questa in cerca di una propria identità.
La trama: il postino e il poeta
È dalla stesura della storia che si notano tutte le differenze sia dal romanzo del 1986, che dalla variante cinematografica della metà degli anni Novanta. Il protagonista ha sempre il nome di Mario (Andrew Bargsted) ed anche lui intraprende la carriera del postino. Le sue consegne però sono molto specifiche: diventerà il messaggero ufficiale del poeta Pablo Neruda di Isla Negra. Sarà così che il giovane, prima pescatore e poi futuro amante dei versi, comincerà a imparare i rudimenti di un’arte come quella della poesia e quali possono essere i suoi effetti sulle persone.
Proprio tramite la scrittura Mario proverà a conquistare la bella Beatriz (Vivianne Dietz), seppur contro la volontà della madre della ragazza. Un amore che sembra proibito perché volatile come sanno essere le parole. Ma nonostante gli ostacoli e la lontananza, nonostante le incomprensioni e le piccole menzogne, il sentimento dei due giovani rimarrà troppo grande, tanto da non poter essere contenuto solamente nelle loro lettere.
L’adattamento dal romanzo
Cercando un’identità che sia totalmente personale, anche Ardente pazienza prova a far risaltare un’anima che sia solamente la propria e che possa dare dignità e trovare un posto ai suoi personaggi nel panorama cinematografico. Ciò su cui dunque punta il regista Rodrigo Sepúlveda, su sceneggiatura di Guillermo Calderón (realizzatore inoltre di un’altra opera sul poeta quale proprio Nedura di Larraín), è un romanticismo che si abbina al fare carezzevole dell’impostazione del racconto.
È un’aria rarefatta, dove i conflitti non sembrano mai realmente tali, e in cui ogni protagonista saprà ottenere ciò che si era prefissato. È un’estrema calma quella che si respira nella pellicola, che sceglie di farsi a tutti gli effetti un’operazione più tenera, preferendo concentrarsi sui desideri dei suoi freschi poeti piuttosto che sulla potenza e la responsabilità delle parole.
Troppa poca poesia
Ardente pazienza non riesce a raggiungere non tanto lo spirito, quanto la mente degli spettatori. Il film espone solo superficialmente il proprio ragionamento sull’utilizzo delle parole, sul loro poter essere infuocate e sul marchio che possono lasciare sulle persone. Un tentativo troppo blando di spiegare come un versetto possa significare il mondo: un mondo che non riesce a venir contenuto nei dialoghi o nei discorsi sulla poesia della pellicola.
Una prova che invece riporta alla mente proprio lo splendido lavoro di semiotica operato da Il postino, a come alla parola il film univa i rumori del male e dell’isola su cui era in esilio Pablo Neruda. Poesie abbacinanti, su cui appoggiare l’orecchio e comprendere cosa significa amare. Un’opera non solo superiore, ma una metafora di cosa vuol dire conquistare con l’arte, una passione che manca nella produzione Netflix, esente anche di musiche meravigliose come quelle rimaste iconiche di Luis Bacalov e Sergio Endrigo, vincitori del Premio Oscar.
Una storia d’amore, ma senza passione
Se il Mario di Ardente pazienza non riesce a trovare la maniera di comporre la sua ode alla propria Beatrice, così il film non riesce a trasmettere come un sonetto possa smuovere un animo predisposto all’arte. Parole che non vengono mai decantate, ma solamente recitate per un’opera anonima, che tende semplicemente a diventare una storia d’amore. Una pellicola perciò dimenticabile, come un verso lasciato al vento.
Conclusioni
Ardente pazienza prende la figura di Pablo Neruda e una storia d'amore che si consuma grazie alle parole, ma non riesce a inserire nessuna passione né nei rapporti, né nell'atmosfera della pellicola.
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