Il film: Autumn Beat, 2022. Regia: Antonio Dikele Distefano. Cast: Hamed Seydou-Tito, Abby 6ix, Geneme, Juliet Joseph. Genere: Drammatico, musicale. Durata: 102 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Prime Video.
Trama: Due fratelli hanno un sogno: riuscire a svoltare grazie alla musica rap. Paco è sfrontato, sembra nato per essere il frontman. Tito è timido, ma sa scrivere come nessun altro.
“Anche se non capivo le parole, quella musica ha cambiato la mia vita per sempre”. Si parla di musica rap, di hip-hop, un suono e uno stato d’animo che sono al centro di Autumn Beat, il nuovo film Prime Video Original italiano che vede il debutto alla regia dello scrittore, autore e sceneggiatore Antonio Dikele Distefano. Il film, scritto da Antonio Dikele e Massimo Vavassori, è un profondo e commovente ritratto della seconda generazione di neri italiani ed è disponibile su Prime Video dal 10 novembre. Nella recensione di Autumn Beat vi raccontiamo quello che è un doppio romanzo di formazione, una storia di riscatto attraverso la musica rap, che riprende una storia archetipica del cinema ma la reinterpreta con la sensibilità delle seconde generazioni italiane.
La trama: Tito e Paco, due fratelli e il rap
Tito e Paco sono due fratelli cresciuti a Milano e hanno un sogno. Riuscire a svoltare grazie alla loro musica, che è il rap. Paco è sfrontato, sicuro di sé, sembra nato per essere il frontman. Tito è quello timido, quello ferito: è balbuziente, ma sa scrivere come nessun altro, Nel loro futuro si intravede il successo. Ma nella storia non c’è solo questo. C’è l’amore per la stessa donna e il rapporto con la madre, e con il loro passato. I due fratelle dovranno fare i conti anche con questo, per poter andare avanti.
Una storia archetipica
Autumn Beat è, in fondo, una storia archetipica. Ci sono, in scena, i “tipi” che abbiamo visto in tanti film, in quelli americani ancora più che nei nostri. C’è il ragazzo sicuro di sé, il tipo “popolare”, e c’è il ragazzo timido. C’è una ragazza innamorata del primo, ma che è molto legata anche al secondo. Ma la cosa interessante è che questa storia accade qui e ora, in un’Italia che è sempre più come l’America. Dove l’hip-hop e la cultura black stanno trovando spazio tra tutti e soprattutto tra i ragazzi di origine africana, le seconde generazioni che, giustamente, sentono il rap come la loro musica, e quelle canzoni come la loro voce.
Antonio Dikele Distefano, un’altra storia di integrazione dopo Zero
Autumn Beat, in fondo, ci parla ancora una volta di integrazione, come è nelle corde di Antonio Dikele Distefano, scrittore e sceneggiatore che qui debutta anche alla regia, e che ha fatto dell’integrazione il nodo centrale della sua poetica. Lo aveva già fatto in Zero, la serie tv disponibile su Netflix, un prodotto dall’impatto e dal messaggio molto potente, che purtroppo – causa visualizzazioni e algoritmi – si è fermata alla prima stagione. Ha fatto bene Prime Video ad accaparrarsi questo talento con cui, oltre a questo film, continuerà a lavorare in una collaborazione più strutturata.
Zero e Autumn Beat, nel nome dell’invisibilità
Pur essendo due prodotti completamente diversi – una serie e un lungometraggio, un cinecomic e un film musicale – Zero e Autumn Beat hanno molto in comune. Sentite cose dice Tito: “Paco ci metteva la voce, io le parole. Io ero un fantasma”. Come era invisibile Omar, il protagonista di Zero, il ragazzo che consegnava le pizze e che passava inosservato. Che l’invisibilità sia personale, frutto del proprio carattere, o sociale, a causa della propria etnia, è sempre un punto cardine nel racconto di Antonio Dikele Distefano. E allora sia Omar che Tito, per uscire dal guscio, devono trovare il loro superpotere. È l’invisibilità vera e propria, il potere di scomparire alla vista a proprio piacimento per Omar; sono le parole, i testi da veicolare con la potenza del fratello Paco, per Tito. Per questo le opere di Distefano sono motivazionali e universali. Perché ogni ragazzo, a suo modo, deve riuscire a capire qual è il suo superpotere per trovare il proprio posto nel mondo.
Un moderno Cyrano De Bergerac
Ma al di là delle similitudini tra le due opere, Autumn Beat affascina per la storia di Tito, questo moderno Cyrano De Bergerac che sa trovare la poesia, le parole, e le affida a un altro, alla voce del fratello rapper e che, come Cyrano, osserva da lontano la donna di cui è innamorato. Questa storia viene raccontata con una delicatezza e un tatto che non siamo soliti associare a un racconto a base di musica rap. Come suggerisce il titolo, i colori di Autumn Beat sono autunnali, tenui: in scena di cono i grigi, i beige, toni lievemente dorati. Anche il ritmo del racconto non è esasperato, ma scorre calmo, rilassato. C’è, in tutto il film, un senso di malinconia, di nostalgia, soprattutto nei flashback che guardano al passato e raccontano la loro storia da bambini. E la patina seppiata del film rende tutto questo più evidente.
Come 8 Mile, riscatto a ritmo di hip-hop
Autumn Beat ha qualche difetto, certo. È a volte brusco e drammatico in certe svolte narrative, che stridono con il tono del film come era stato impostato. E a volte l’equilibrio tra passato e presente non ci sembra dosato nel modo giusto. Ma è un film da guardare con attenzione. È elegiaco, lirico, nostalgico. E allo stesso tempo è ritmato, hip-hop, orgoglioso. Sembra quasi un ossimoro, eppure è possibile. Proprio a vent’anni dall’uscita del film con Eminem, possiamo dire che Autumn Beat sia il nostro 8 Mile. Se ce lo avessero detto vent’anni fa che in Italia sarebbe stata girata una storia di riscatto a ritmo di hip-hop, non ci avremmo creduto. E invece si può fare.
La recensione in breve
Nella recensione di Autumn Beat vi abbiamo raccontato quello che è un doppio romanzo di formazione, una storia di riscatto attraverso la musica rap, che riprende una storia archetipica del cinema ma la reinterpreta con la sensibilità delle seconde generazioni italiane.
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Voto CinemaSerieTv