Il film: Barbie, 2023. Regia: Greta Gerwig. Cast: Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Kate McKinnon, Issa Rae, Michael Cera, Simu Liu. Genere: Commedia. Durata: 114 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima stampa, doppiato in italiano.
Trama: Dopo essersi resa conto di non essere più perfetta come prima, la bambola Barbie lascia Barbieland e viaggia verso il mondo reale accompagnata dal fedele Ken. Un viaggio che avrà conseguenze su entrambi i mondi.
Barbie di Greta Gerwing è un trionfo. E sia chiaro, lo era già prima ancora che il film uscisse e chiunque avesse visto anche solo un minuto di girato: per merito del marketing, delle geniali scelte di casting, dell’high concept che si nasconde nella sceneggiatura a firma della stessa Gerwing insieme al compagno Noah Baumbach. Eppure, solo adesso che l’abbiamo finalmente visto, possiamo davvero tirare un sospiro di sollievo. Perché abbiamo finalmente la certezza che tutte le (altissime) aspettative non sono state tradite e che questo che già da tempo era stato definito il film dell’estate 2023, è davvero degno di questa etichetta e di tutte le attenzioni mediatiche che ha attirato e continuerà ad attirare.
Anche perché, come vedremo in questa recensione di Barbie, il film con Margot Robbie e Ryan Gosling è davvero destinato a diventare un piccolo grande cult, una commedia sui generis che farà divertire spettatori di ogni età e che probabilmente verrà tramandata di generazione in generazione.
La trama di Barbie: molto più che giocare con la bambole
Ma partiamo come sempre prima dalla trama, anche se ammettiamo che detto di un film su Barbie la cosa fa parecchio sorridere: siamo in Barbieland, una terra magica e plasticosa in cui tutto è esattamente come nei giochi che da sempre hanno accompagnato le bambine e le loro bambole preferite. Ci sono case tutte rosa in cui si può vedere l’interno, scivoli per passare da un piano all’altro, piscine e docce senza acqua, frigoriferi vuoti ed esattamente tutto quello che con cui si era soliti giocare. Compresa una gran quantità di Barbie di vario tipo, ognuna con la propria “specializzazione”: c’è la Barbie medico, Barbie avvocato, Barbie presidente etc etc… fino ad arrivare anche a quelle più datate, e per questo messe fuori produzione, come Barbie incinta. Tra tutte queste spicca ovviamente la nostra protagonista, Barbie “stereotipica”, ovvero la Barbie per eccellenza, quella che nei decenni è diventata simbolo di bellezza e perfezione. Praticamente una Margot Robbie più bella che mai, con un sorriso smagliante ed uno stile sempre impeccabile. Talmente bella e talmente eccezionale, da non sembrare vera, da sembrare davvero l’unica Barbie possibile perfino in un mondo in cui di Barbie ce ne sono letteralmente a decine.
In Barbieland però non esistono solo le (tante) Barbie, ognuna con il proprio lavoro e obiettivo, ma anche una marea di Ken, tutti differenti tra loro per aspetto ed etnia, ma tutti con una caratteristica comune: ciascuno di loro vive solo in funzione della propria Barbie, di luce riflessa. Un aspetto che non sfugge al corrispettivo “stereotipico” interpretato da Ryan Gosling: altrettanto perfetto nel look e negli addominali scolpiti, il suo personaggio tradisce però un’infelicità ed un’insoddisfazione che nessuna delle Barbie sembra avere, troppo prese dai loro lavori così importanti, dai continui pigiama party e dal divertirsi e godersi la loro vita impeccabile ogni singolo giorno.
Tutto questo fino a che anche la Barbie di Margot Robbie non tradisce alcune “debolezze” che in Barbieland non dovrebbero proprio esistere: può una bambola dalla vita perfetta e sempre uguale avere pensieri sulla morte? O addirittura la cellulite? È evidente che c’è qualcosa che non va, che probabilmente si sia aperto un qualche “portale” tra il mondo reale e quello delle bambole. Ed è per questo che sia Barbie che Ken si avventurano verso il mondo reale, il nostro mondo, dove incontreranno dei veri esseri umani, le loro/nostre imperfezioni, e anche i loro creatori/capi della Mattel.
Life in plastic… it’s not fantastic.
E cosa succede quando il mondo perfetto della Barbie incontra il nostro? A differenza di quello che ci si potrebbe aspettare, la brillante sceneggiatura non si sofferma sull’impatto che una Barbie in giro per il mondo potrebbe avere su di noi, ma l’esatto opposto. E quindi, cosa potrebbe accadere a Barbieland se alcuni aspetti, magari anche solo residuali, della nostra società tornassero indietro insieme ai due giocattoli scappati? Il cambio di prospettiva (e di aspettativa) è tanto semplice quanto funzionale, perché non solo rende il film molto meno banale e già visto di quel che si potesse immaginare, ma al tempo stesso permette alla regista di trattare temi a lei cari (come quello del femminismo e del patriarcato) in modo particolarmente originale e divertente, confezionando un film che funziona su molteplici livelli e su un pubblico particolarmente vasto e variegato.
Barbie è quindi una commedia satirica, e non un musical come alcuni avevano erroneamente predetto, nonostante la presenza di una divertente scena cantata e ballata da Gosling. Un film in cui si ride e si sorride spesso grazie alla sagacia di alcune battute; ma soprattutto è un film che piacerà tanto ai bambini quanto ai genitori, perché dietro ad ogni eccesso, dietro ogni trovata bizzarra e situazione paradossale, si nasconde un qualcosa di più profondo, che magari sfuggirà al pubblico più giovane ma sicuramente non passerà inosservato ai più grandi. È un film che rimane sempre fedele alla sua premessa e che non cambia quasi mai di tono pur affrontando, nella sua durata, temi ed argomenti sempre più seri. Ma soprattutto che ha il grande merito di regalare progressivamente più spessore ai propri (bravissimi) protagonisti ma senza mai snaturarli: sia la Barbie di Margot Robbie che il Ken di Ryan Gosling rimangono sempre degli stereotipi, ma questo non vieta loro di crescere sempre di più, scena dopo scena.
Allo stesso modo il film acquista sempre più consistenza, ma lo fa mantenendo un equilibrio invidiabile che permette a chiunque di godersi anche solo il semplice spettacolo o la semplice linea comica. Barbie, insomma, è l’esempio più puro di blockbuster d’autore.
Una commedia che gioca sulle contraddizioni e le aspettative
Pur essendo a tutti gli effetti un’opera autoriale, Barbie di Greta Gerwing, l’avrete già capito, è anche un film che fa di tutto per non prendersi mai troppo sul serio, pur proponendosi comunque di trattare argomenti tutt’altro che banali o semplici. Ma la premessa importante è appunto quella di capire fin da subito che ci troviamo in una commedia a tutti gli effetti, in cui persino la voce narrante (in originale nientepopodimeno che Dame Helen Mirren) si prende gioco tanto dell’argomento del film che dei suoi realizzatori e interpreti. Anche perché la stessa Gerwig sceglie di iniziare il film con quell’omaggio (già diventato cult grazie alla clip mostrata sul web con il primo teaser trailer) a 2001: Odissea nello spazio di Kubrick: in cui al posto delle scimmie, ossa e del monolite ci sono bambine, bambole e una gigantesca e statuaria Barbie.
Ed è per questo che tutto è incredibilmente “finto” e grottesco, che Gosling è irresistibilmente stupido e la Robbie tanto bella e perfetta da sembrare davvero di plastica. O, se preferite visti i tempi, realizzata da un’intelligenza artificiale. Un mondo talmente finto e paradossale che nella prima mezz’ora viene quasi da pensare che il film voglia quasi prendersi gioco del mondo dei social di oggi, tutto patina e finzione, in cui tutto è straordinario, esattamente come lo è stato ieri e come lo sarà domani. Una vita costruita a tavolino, di plastica.
Ma quella che forse è la sorpresa più grande del film della Gerwig giunge nel momento in cui la prima grande stoccata non arriva tanto a noi spettatori, ma al grande marchio che si trova alle spalle del film: la Mattel stessa. L’azienda di giocattoli che negli anni ’60 divenne un colosso proprio grazie all’introduzione della storica e rivoluzionaria bambola qui nel film viene tanto celebrata quanto presa in giro per i suoi insuccessi e per le sue trovate più assurde e ridicole, che non a caso regalano anche i momenti più divertenti del film.
Ma soprattutto viene costantemente criticata per le sue contraddizioni e per la sua ipocrisia proprio nella gestione della Barbie, che ora magari potrà essere anche considerata un’icona femminista (se non addirittura queer) ma in realtà ha radici molto profonde nel patriarcato e in una visione del mondo che è l’esatto opposto rispetto a quanto oggi la stessa Hollywood – anche e soprattutto guidata da registe e produttrici come Gerwig e Robbie – sta cercando di portare avanti, con non poca fatica.
Barbie è quindi un film a tesi, un film femminista? Assolutamente sì, ma lo è senza andare a discapito del divertimento o dello spettacolo, ed è qui la sua grande rivoluzione. Perché la Gerwig riesce a trasformare le contraddizioni in momenti di riflessione, gli errori del passato in momenti esilaranti e gli ostacoli del presente in occasioni di crescita. Si perde un pochino giusto nel finale, quando appunto si devono tirare le somme e il film dovrebbe spiegarci chi è veramente Barbie e quale sarà il suo futuro. O meglio, quale sarà davvero il futuro per le donne in una società che è ancora molto lontano dall’essere giusta, ancor prima che perfetta. Ma d’altronde chi è che potrebbe rispondere a questa domanda? Così come Barbie, è una cosa che dovremo scoprire da soli. Di certo, però, con film del genere sarà più piacevole e più facile farlo.
La recensione in breve
Barbie è una commedia a tratti irresistibile, che funziona su molteplici livelli grazie ad una sceneggiatura brillante e intelligente, a costumi e scenografie impeccabili e a due interpreti davvero ottimi. Se Ryan Gosling ruba spesso la scena con situazioni particolarmente divertenti e la sua autoironia, Margot Robbie aggiunge profondità e spessore ad una perfezione estetica che qui poteva essere tanto caratterizzante quanto limitante. Si ride, si riflette, si lascia il cinema soddisfatti. Grazie Barbie, chi l'avrebbe mai detto.
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