Il film: Bullet Train del 2022. Regia di David Leitch Cast: Brad Pitt, Joey King, Aaron Taylor-Johnson, Brian Tyree Henry, Andrew Koji, Hiroyuki Sanada, Michael Shannon, Benito A Martínez Ocasio e Sandra Bullock.
Genere: Azione, thriller. Durata 127 minuti. Dove lo abbiamo visto: in sala, in lingua originale.
Trama: Ladybug è un killer che deve recuperare una valigetta per lavoro, mentre viaggia sul treno più veloce del Giappone. La valigetta è però l’oggetto del desiderio di numerosi altri assassini, provenienti da tutto il mondo, che si trovano sul medesimo treno.
Ricordate Pulp Fiction? Al centro c’era una valigetta nera. E, ancora oggi, a distanza di quasi 30 anni, ancora non sappiamo che diavolo ci fosse là dentro. Come vi raccontiamo nella recensione di Bullet Train, c’è una valigetta anche al centro del film di David Leitch con Brad Pitt, presentato al Locarno Film Festival e in uscita il 25 agosto al cinema. È una valigetta curiosa: color argento, ma con un adesivo con un trenino sul manico. Cosa c’è dentro lo scopriremo ben presto. Ma, come potete immaginare, questa valigetta altro non è che il MacGuffin che muove intorno a lei desideri, ripicche, vendette, e chi ne ha più ne metta. Bullet Train infatti è un gangster movie, uno di quei film d’azione postmoderni nati sulla scia del cinema di Tarantino. Pieno di trovate, senza un minuto di noia, certo, ma anche senza una vera empatia per i personaggi. È intrattenimento puro: diverte, ma si dimentica poco dopo l’uscita dalla sala.
La trama: il treno dei desideri all’incontrario va
Ladybug (Brad Pitt) è un assassino che, a suo dire, ha un conto aperto con la fortuna, e rientra in gioco dopo una pausa, determinato a portare a termine il suo compito senza problemi dopo l’ennesimo ingaggio finito male. Come spesso accade, sembra un lavoro facile facile, quello di recuperare la fantomatica valigetta. Ma il destino sembra avere altri piani: Ladybug si trova, sul treno più veloce del mondo, alle prese con un’antologia di avversari letali provenienti da ogni parte del globo. E ognuno sembra avere a che fare con quella maledetta valigetta.
Un film alla Tarantino, ma senza la scrittura di Tarantino
Non abbiamo nominato la valigetta di Pulp Fiction invano. Bullet Train è uno di quei film che, senza Quentin Tarantino, forse non avrebbe mai visto la luce, non sarebbe mai stato pensato. Perché è da quando il regista americano, con Le iene e Pulp Fiction, ha fatto vedere al mondo che un altro cinema di gangster era possibile, che un nuovo cinema noir postmoderno ha avuto vita. La ricetta di Bullet Train è quella: alto tasso di violenza, ma stilizzato, ironia costante volta a sdrammatizzare il tutto, continui salti avanti e indietro nel tempo, e un’amoralità di fondo, dove non ci sono buoni e cattivi, e allora si parteggia per chi è il più simpatico.
Il fatto è che, si è visto spesso, un film alla Tarantino senza la peculiare scrittura di Tarantino (tragica, brillante, ricercata) non è la stessa cosa. Ed è qui che si sono fermati tutti i suoi eredi, dallo stesso Robert Rodriguez a Joe Carnahan e Guy Ritchie. Bullet Train somiglia più a un film di questi ultimi che a un film del capostipite del genere. Perché, se in Tarantino il B-Movie assurge a cinema di serie A, nei suoi seguaci il cinema di serie B viene nobilitato e riletto, ma resta pur sempre cinema di serie B.
B-Movie, ma di altissimo livello
Sia chiaro, Bullet Train è un B-Movie di altissimo livello, per produzione, realizzazione, fotografia. L’idea migliore del film è prendere una storia nerissima e sanguinosa, una storia di reciproche vendette, e dipingerla con i colori accesi e pastello dei Manga giapponesi, dei neon fluorescenti del Giappone di oggi, immergerlo nella modernità del treno più evoluto e tecnologico che ci sia. Così, una storia di violenza e bassi istinti antichi come il mondo va in scena in un luogo hi-tech, elegante, e smart che più smart non si può.
Tra Assassinio sull’Orient Express e Il trenino Thomas
Il treno è un luogo molto particolare dove fare un film. Dai classici Assassinio sull’Orient Express ad altri prodotti postmoderni come Snowpiercer, è un ambiente chiuso, ma allo stesso tempo dinamico. Non si può scendere, quindi non si può scappare, si è costretti in un luogo. Ma ci si può muovere al suo interno, in un movimento che però è limitato, avanti e indietro, in senso comunque orizzontale. David Leitch usa bene questo movimento e gli ambienti del treno. A proposito di Agatha Christie, Bullet Train funziona come uno dei suoi gialli: pochi personaggi, tutti molto caratterizzati e tutti con un segreto, bloccati in un luogo chiuso. È la versione iperviolenta e postmoderna di un suo giallo, certo, ma la struttura è quella. Leitch, poi, è bravo a ironizzare sul tema dei treni citando di continuo Il Trenino Thomas, famoso cartone animato per bambini, da cui uno dei protagonisti, Lemon, trae insegnamenti di vita.
Brad Pitt in gran forma
Se Bullet Train non è al livello di un film di Tarantino, lo è certamente Brad Pitt, che è davvero in gran forma, ed è quello ironico e beffardo che abbiamo amato nei film dell’autore americano, da Bastardi senza gloria a C’era una volta a… Hollywood. È da un po’ che non lo vedevamo sul grande schermo e lo abbiamo ritrovato al suo meglio, divertente e divertito. Da quando entra in scena, con il suo look da turista per caso, berretto da pescatore, sneakers e vestiti casual, capiamo l’aplomb che porterà nel film. Quel suo essere cialtrone, ma anche gentile, surreale quanto basta per stare in un film iperbolico, ma essere comunque un personaggio credibile. I duetti al telefono con la sua committente, Maria (Sandra Bullock), sono da antologia. E gran parte del merito della riuscita di Bullet Train è proprio suo.
La recensione in breve
Bullet Train è uno di quei film d’azione postmoderni nati sulla scia del cinema di Tarantino. Pieno di trovate, senza un minuto di noia, certo, ma anche senza una vera empatia per i personaggi. È intrattenimento puro: diverte, ma si dimentica poco dopo l’uscita dalla sala. Da ricordare, però, l'interpretazione di Brad Pitt.
- voto ScreenWorld