Il film: Crimes of the Future (id.) del 2022. Regia di David Cronenberg Cast: Viggo Mortensen, Léa Seydoux, Kristen Stewart.
Genere: fantascienza, orrore durata 107 minuti. Dove lo abbiamo visto: in sala, in lingua originale.
Trama: In un imprecisato futuro, l’essere umano sta mutando, tanto da aver perso la possibilità di provare dolore. Una coppia di artisti, Saul e Caprice, si esibisce mostrando operazioni chirurgiche che richiamano attenzioni su di loro. La loro storia si incrocerà con quella di bambino ucciso dalla propria madre, e che il padre vuole mostrare in un’autopsia di fronte al pubblico.
Che la vittoria di Titane al Festival di Cannes 2021, abbia in qualche modo abbattuto un muro che sembrava ergersi sempre più alto e maestoso lo si nota nella rinnovata attenzione rivolta a un tipo di cinema che sembrava essere scomparso. Non ci sorprende che, in un’epoca come la nostra, molto attenta all’immagine, soprattutto del corpo perfetto che s’intende mostrare, il body horror possa venire considerato dall’industria come qualcosa di distante e di cui aver paura. E non sorprende allo stesso modo che, con la Palma d’Oro al film di Julia Ducournau, si siano riaperte le porte al Maestro canadese che del body horror ne è sempre stato il (migliore) portavoce.
Sembra quasi naturale trovarsi di fronte a un film di David Cronenberg a un anno di distanza da Titane, ma non lo è per niente. Otto anni sono passati dall’incompreso (e non del tutto riuscito, ammettiamolo) Maps to the Stars che sembrava l’epilogo di una lunga carriera, punto conclusivo di una nuova fase della filmografia del regista, più attenta alla funzione della parola, più intellettuale e concettuale, se non filosofica, che all’impianto visivo. È un aspetto che approfondiremo nella nostra recensione di Crimes of the Futurez, il film che vede il ritorno di Cronenberg alla sua poetica più pura, che sembra quasi un compendio della sua poetica, tra vecchio e nuovo stile di scrittura. Nel bene e nel male.
Una trama tra sesso e chirurgia
“La chirurgia è il nuovo sesso“: è questa la frase di lancio del film, quella con cui si è deciso di presentare l’ultima opera di David Cronenberg. Eppure, la trama di Crimes of the Future sembra molto distante da questo concetto. In un futuro indefinito e distopico, gli esseri umani sono cambiati (o meglio, evoluti, anche se nessuno vuole usare questa parola): non provano più dolore, vivono in simbiosi con dei macchinari biotecnologici e sono vittime di strani e inspiegabili mutamenti dell’organismo. Fiorisce l’arte performativa di praticare chirurgie di fronte al pubblico. Saul Tenser (Viggo Mortensen) e Caprice (Léa Seydoux) sono due di questi artisti. Lui attende la crescita di organi imprevisti e tumorali, lei li tatua per poi estirparli dal suo corpo in uno spettacolo d’arte concettuale. I tagli, le mutilazioni e l’alchimia tra i due è quanto di più vicino a un’esperienza sessuale e affascina molti spettatori, tra cui una giovane segretaria (Kristen Stewart) che registra tutti gli organi mutati di Saul. Le cose cambieranno, però, quando il padre di un bambino assassinato spingerà Saul a praticare un’autopsia del figlio in uno spettacolo, per mostrare come l’organismo umano sia radicalmente cambiato. Così tanto che può, anzi deve, mangiare la plastica.
Mutazioni e conferme di una poetica ferma
A David Cronenberg interessa la carne, lo sappiamo. Crimes of the Future, film che condivide lo stesso titolo del secondo lungometraggio del regista anche se non ha legami narrativi, riporta in scena tutto ciò che l’autore canadese ha ampiamente dimostrato nel corso della sua lunga carriera. Forse sin troppo. Sia chiaro: non si può non apprezzare la coerenza artistica di Cronenberg, così pura da risultare una certezza, così ferma e decisa da lasciare di stucco. Bastano pochi minuti (ma a voler essere onesti basterebbe anche solo il trailer) per sentirsi di nuovo nel mondo cronenberghiano, abbandonato nelle ultime opere solo da un punto di vista visivo, che ben conosciamo, tra oggetti biomeccanici e una particolare attrazione al sangue e alla pelle.
Il rovescio della medaglia di questa fermezza è nel risultare forse addirittura troppo bloccata. Da eXistenZ, ultimo film che portava sullo schermo questo tipo di immaginario che mescolava l’orrore con la fantascienza, sono passati vent’anni, eppure Crimes of the Future sembra non tenerne conto. Colpa forse di un budget non troppo importante, il film sembra rivolgersi a un pubblico di appassionati del regista, ma fatica ad aggiornare la visione di un mondo distopico e decadente di qualche decennio fa. La forza espressiva ne viene sacrificata, anche se, più ci si inoltra nelle vicende del film, più ci si rende conto che, forse, non è più l’immagine ciò che interessa al regista, ma la parola.
Parole, dialoghi, spiegazioni
In linea con la sua ultima fase di carriera, anche Crimes of the Future risulta un film densissimo di parole e dialoghi, che sovrastano l’impianto visivo e danno vita a un’opera concettuale e intellettuale. A rischio di diventare sin troppo verbosa e poco immaginifica. Poche le location, quasi tutte spoglie, poche le immagini che dovrebbero disturbare e affascinare: l’attrazione maggiore del regista è sul dialogo, a tratti davvero letterario e che non si sposa benissimo con la grammatica cinematografica. I personaggi spiegano le loro azioni, enunciano il loro pensiero, dando vita spesso e volentieri a dialoghi artificiosi che tengono lo spettatore distante dalle sensazioni più viscerali che la pellicola vorrebbe – almeno sulla carta – consegnare.
È la fredda mano di un chirurgo quella di Cronenberg che, a dispetto di quanto viene espresso dai personaggi, sembra volerci dire che no, la chirurgia non è il nuovo sesso, se non puramente di testa, erotismo intellettuale che stimola la mente, ma non il sangue. Così il nostro pensiero non può fare a meno di tornare al body horror dell’anno scorso, proprio quel Titane che colpiva i sensi in maniera fiera, con quello strabordante menefreghismo giovanile, imperfetto forse, ma che non vuole lasciare indifferenti. Crimes of the Future, a confronto, sembra l’opera di un regista che non ha molta voglia di scioccare né di colpire allo stomaco, che ha perso l’interesse nel mostrare, ma intende continuare a raccontare.
Un cast dissonante
L’effetto più straniante di tutto il film è dato dal cast, che racchiude un trio di fuoriclasse che, vuoi per scelta, vuoi per i dialoghi, sembrano doversi frenare costantemente. È un mondo incapace di dolore, quindi di piacere, quindi di empatia quello raccontato in Crimes of the future e la coppia formata da Viggo Mortensen e Léa Seydoux ne è l’esempio migliore. Il primo tende a nascondersi, coperto da abiti neri, si muove con fatica, complice una mutazione interna al suo corpo che lo sta debilitando pian piano. Tossisce, si schiarisce la gola, sembra quasi vittima della sua stessa scelta di performer. Léa Seydoux è solo di facciata un personaggio capace di portare calore al film, yang del suo partner, a prima vista figura materna e femminea. Kristen Stewart, invece, appare la più dissonante del trio, la più esposta alle critiche del pubblico, ma coerente col personaggio che deve interpretare.
Eppure, una volta entrati nel meccanismo del film, una volta abbracciata la natura dell’opera, per quanto sia impossibile provare empatia con il trio di protagonisti, non si può fare a meno di trovare una perversa armonia che funziona. Lontana dall’essere un’opera punk, Crimes of the Future è un componimento di musica atonale, destinato a un pubblico d’élite che possa apprezzare l’inaspettato e lo sfuggente.
Crimini del futuro, martirio del presente
Perché, poi, alla fine di tutto, conta ciò che il film vuole raccontare. E se è vero che non sempre Crimes of the Future sembra equilibrato, è altrettanto vero che il messaggio al suo interno più che il futuro sembra raccontare il presente. A partire dal prologo in cui una madre uccide il proprio figlio perché inumano divoratore di plastica, il film di Cronenberg sembra mettere in scena un discorso ambientalista che passa anche attraverso la mutazione del nostro corpo. Dall’immancabile critica non troppo velata alla cultura dell’immagine e alla mancanza di bellezza interiore (ormai caratteristica di una certa generazione di registi) al cambiamento sociale e biologico, il film ruota comunque tutto intorno a un concetto quasi di martirio messianico, in cui il corpo “di una volta” va costantemente tagliato perché continua vittima di tumori.
Il mondo cambia e noi cambiamo con lui, tanto che l’inumano divoratore di plastica non sembra più mostruoso di chi prosegue imperterrito al non accettare il futuro sia del luogo in cui vive che del proprio organismo. Ed è così che Cronenberg, nel discorso più interessante e stimolante del film, ci regala un’ultima inquadratura perfetta, che si collega sì al passato, del cinema e della storia. In un improvviso bianco e nero, il primo piano di un personaggio che richiama quello di Renée Falconetti in La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer, in un momento estatico, epifanico, ambiguo, che chiude il film lasciandoci sì stavolta un taglio bruciante sulla nostra pelle.
La recensione in breve
Crimes of the Future riporta in cabina di regia David Cronenberg, immutabile nella sua poetica mentre racconta un futuro di mutazioni e cambiamenti. Troppo incentrato sulla parola (mettendo a dura prova il cast) a scapito delle immagini, il film non aggiunge poi molto alla filmografia del regista canadese. Manca una vera e propria emozione, ma gli argomenti trattati, una volta entrati nel meccanismo del film, non sono da sottovalutare.
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