Il film: Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna, 2024. Diretto da: Greg Berlanti. Genere: Commedia romantica, satira sociale. Cast: Scarlett Johansson, Channing Tatum. Durata: 131 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima stampa.
Trama: La corsa alla Luna è in calo di popolarità e i finanziamenti rischiano di essere drasticamente tagliati. Così viene assunta Kelly Jones, un’esperta di marketing, che si troverà proprio a dover “vendere la Luna” agli americani.
A chi è consigliato? A chi ama la commedia romantica d’altri tempi e chi segue Scarlett Johansson e Channing Tatum. Ma anche a chi ha amato la serie Mad Men e a chi interessa una riflessione su realtà e finzione e sul cinema.
Chiedi chi era Stanley Kubrick. Per chi ama il cinema il regista di 2001: Odissea nello spazio, probabilmente il più grande di tutti i tempi, non ha bisogno di presentazioni. Forse ne ha bisogno, però, quella leggenda metropolitana – oggi si direbbe fake news – che va in giro da una cinquantina d’anni, secondo la quale lo sbarco sulla Luna del 1969 non avvenne mai, ma fu un film girato in studio, e proprio da Stanley Kubrick. Che, proprio poco prima, aveva girato il suo 2001 informandosi presso la NASA per rendere il suo film più realistico.
Quella che vi raccontiamo nella recensione di Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna, il film di Greg Berlanti al cinema dall’11 luglio, non è la storia dell’allunaggio filmato da Kubrick, anche se un paio di volte cita il cineasta inglese. È però una storia, molto intelligente, che ci parla di finzione e realtà: di marketing e pubblicità, di televisione, di cinema. È uno di quei film che ci piacciono perché, tra una sceneggiatura frizzante e attori in parte, mescola analisi sociologica, satira di costume e la miglior commedia romantica. E ci ricorda perché amiamo tanto il cinema.
La trama: vendere la Luna agli americani
Per la cronaca: niente di tutto quello che dice la leggenda metropolitana è vero: l’uomo è stato davvero sulla Luna e quel video Stanley Kubrick non l’ha mai girato (anche se c’è qualcuno che ancora lo sostiene). La storia di Fly Me To The Moon gioca anche su queste suggestioni per immaginare che cosa sarebbe potuto accadere in un momento storico, quello dello sbarco sulla Luna. Negli anni precedenti alla missione l’immagine pubblica della NASA non è al massimo: la corsa alla Luna è in calo di popolarità, in America ci sono altri problemi, come la guerra in Vietnam, e i finanziamenti rischiano di essere drasticamente tagliati. Così viene assunta Kelly Jones (Scarlett Johansson), un’esperta di marketing, che si troverà proprio a dover “vendere la Luna” agli americani. Da qui l’incontro/scontro con Cole Davis (Channing Tatum), direttore del programma di lancio. E poi l’idea di girare un film, un finto sbarco sulla Luna, come piano di riserva.
Una Rom Com anni Quaranta, ma anche un film su realtà e finzione
A girare quel film, con uno studio allestito in un hangar della NASA, verrà chiamato un eccentrico regista che lavora da tempo con Kelly e che lei chiama “il Kubrick dei pubblicitari”. Sarà il suo film ad andare in onda o no? Non è questo che conta. Quello che conta, in questo film molto intelligente al di là dei dialoghi brillanti, della chimica tra i protagonisti e della struttura da Rom Com anni Quaranta (quella della Guerra dei Sessi) è che questo film ci parla del rapporto tra realtà e finzione. Come avevano fatto altri film, come Capricorn One, Sesso e potere – Wag The Dog e S1m0ne.
Fly Me To The Moon è un film sulla pubblicità
Parlare di realtà e finzione vuol dire parlare di marketing, di pubblicità. “Non dobbiamo mandare queste cose nello spazio, ma solo dirlo”. “Dobbiamo mentire?” “No, dobbiamo vendere”. È un dialogo tra Kelly e un membro della NASA. Kelly Jones, abile pubblicitaria, è allo stesso tempo una venditrice, e un’attrice. Sa cosa vuol sentirsi dire ogni interlocutore e gli porta esattamente quelle parole, quel tono di voce, quello stato d’animo. La pubblicità non è finzione vera e propria, ma è più adattamento della realtà. Non si tratta di mentire, ma di abbellire, di dare a chi si vuole raggiungere, il proprio target, quello che vuole. Vuol dire mettersi sul suo stesso piano. Ricordate il Silvio Berlusconi venditore di Toni Servillo in Loro di Paolo Sorrentino e la telefonata alla casalinga? E ricordate anche il Don Draper di Mad Men? Kelly è un po’ tutti loro. E, a proposito, Fly Me To The Moon piacerà molto a chi ha amato le atmosfere di Mad Men.
Fly Me To The Moon è un film sulla televisione
Realtà e finzione è anche televisione. E qui il rapporto è diverso. La televisione, almeno questo è quello che si crede, quando è diretta o documentario, non abbellisce la realtà, non la reinterpreta, ma la riproduce così com’è. Non è davvero così, perché ogni cosa, quando si passa per un “medium”, è per forza di cose mediata. Ma la televisione ha da tempo questo compito: quello di certificare, statuire una cosa che è accaduta. Si dice che una cosa non accade se non appare in tv. Non è vero, certo, ma a livello di coscienza collettiva è così. La grande cosa dello sbarco sulla Luna, oltre ovviamente al fatto che sia avvenuto, è che lo abbiano visto milioni di persone in diretta tv. E solo così è arrivato a tutti, e per tutti è stato davvero reale. In un passaggio del film c’è proprio questo. Si fa risalire alla nostra Kelly l’idea di portare una telecamera sul modulo per l’allunaggio, a costo di dover ricalcolare pesi e misure di tutto il sistema.
Fly Me To The Moon è un film sul cinema
Se pensiamo che le immagini televisive sono quelle che documentano la realtà, è un paradosso che proprio le immagini – televisive o cinematografiche, perché qui il confine sfuma – possano essere anche quelle che, ricostruite o manipolate, la realtà possano mistificarla. In Fly Me To The Moon, quando si pensa che lo sbarco sulla Luna sia a rischio, si decide di girarne uno alternativo in studio. E qui passiamo a un altro step del rapporto tra realtà e finzione: il cinema. Sì, proprio il nostro amore. Una volta che i vertici degli Stati Uniti decidono che l’allunaggio verrà ricostruito, girato ex novo, si rivolgono al cinema. La Settima Arte è il teatro dei sogni, è la vita come la vorremmo, è il luogo dove ogni desiderio si può avverare. Quello in cui possiamo chiedere la Luna. Il cinema ci fa volare, ci fa sognare. Al cinema tutto è possibile. Per questo lo amiamo tanto. E per questo Fly Me To The Moon è tutte queste cose: un film su realtà e finzione, sulla pubblicità, sula forza della tivù. Ma è soprattutto un grande film sul cinema. Anche se, a un certo punto, la nostra Kelly esclama “dovevamo chiamare Kubrick!”
La recensione in breve
Nella recensione di Fly Me to the Moon - Le due facce della Luna abbiamo parlato di un film che ci piace perché, tra una sceneggiatura frizzante e attori in parte, mescola analisi sociologica, satira di costume e la miglior commedia romantica. E ci ricorda perché amiamo tanto il cinema.
Pro
- La riflessione su realtà e finzione, soprattutto sul cinema
- La struttura da commedia romantica anni Quaranta
- La chimica tra gli attori protagonisti
Contro
- In quanto commedia romantica ha un suo tasso di prevedibilità
- Voto CinemaSerieTv