Il film: Hatching – La forma del male, 2022. Regia: Hanna Bergholm. Cast: Siiri Solalinna, Sophia Heikkilä, Jani Volanen, Reino Nordin, Oiva Ollila. Genere: Orrore. Durata: 91 minuti. Dove l’abbiamo visto: al cinema.
Trama: Una giovane ginnasta cerca disperatamente di compiacere una madre perfezionista ed esigente. Quando scopre un misterioso uovo, lo nasconde e inizia a curarlo ma, una volta schiuso, la creatura che emergerà ribalterà completamente gli equilibri famigliari.
Laddove Petite Maman (2021) di Céline Sciamma ci ha regalato un’esperienza puramente empatica nei confronti del rapporto madre-figlia, dalla Finlandia arriva la controparte orrorifica con Hatching – La forma del male di Hanna Bergholm, che confeziona una gelida critica del perfezionismo auto-imposto in un’atmosfera famigliare nauseante. Assurdità stilistica, gore, satira al vetriolo e una pungente riflessione sull’abiezione del mostruoso femminile sono gli elementi che rendono la premesse della pellicola di Bergholm piuttosto intrigante, come vedremo nella nostra recensione di Hatching – La forma del male.
La trama di Hatching – La forma del male: fai la brava
Al centro della storia di Hatching – La forma del male c’è una ragazzina di 12 anni di nome Tinja (Siiri Solalinna). In apparenza, è l’epitome di un certo tipo di ideale nordico, con i lunghi capelli biondi e lisci che ne incorniciano i lineamenti spigolosi. Quando non indossa la calzamaglia da ginnastica, la vediamo in scena con un candido abito di pizzo. Vittima di un’esistenza al contempo opprimente e affascinante, Tinja deve adattarsi ai dettami di una madre (Sophia Heikkilä) che pretende un nucleo famigliare perfetto da poter costantemente immortalare sui suoi canali social, descrivendo questi momenti come di “adorabile vita quotidiana”.
Tinja idolatra la madre ed è disposta a compiacerla in ogni istante, anche se questa la porta letteralmente all’ossessione, volendosi assicurare che lei sia la migliore nell’ambito delle gare di ginnastica. Ma i calli sulle mani e le ferite sul corpo di Tinja sottostanno a quelle ancora più dure che ne atterriscono il cuore. Un giorno la ragazza scopre l’uovo di un corvo a cui la madre aveva spezzato il collo dopo essersi introdotta in casa e aver distrutto alcuni utensili durante la fuga. Tinja decide di portarlo in camera sua e di tenerlo al caldo dentro un orsacchiotto. Quando l’uovo si schiude, emerge un essere mostruoso che si nutre del vomito della ragazza e si trasforma gradualmente in un suo doppelgänger, compiendo atti abominevoli nel tentativo di aiutarla.
Cercare una famiglia nell’horror
Narrativamente parlando, Hatching si configura come un racconto arthouse ibrido, che combina la riconoscibile firma nordica nel cercare di ritrarre gelidamente una famiglia e il periodo della pre-adolescenza a elementi orrorifici che vanno ben oltre la mera metafora, partendo dall’apparizione sullo schermo di questo uccello-mostro cronenberghiano e una moltitudine di riferimenti a classici racconti del genere surreale/grottesco. Riconoscibilissimo è l’archetipo della trasformazione kafkiana, in cui l’io oscuro della protagonista assume la forma di una origin story da villain, dove è la propria “bestia interiore” a essere risvegliata.
Stucchevoli tinte vivaci e carta da parati floreale rivestono gli interni sterili di questa casa da favola di periferia, trasformata da una madre comicamente irredimibile in un nido artificiale, che evidenzia il presagio della creatura orrorifico-fiabesca che piomberà in casa. I momenti più riusciti di Hatching sono forse proprio quelli in cui la macchina da presa cerca di catturare la facciata volutamente artefatta di un’immagine di famiglia inesistente, in contrasto con la sua reale disfunzionalità. L’angoscia perpetrata continuamente ai figli tramite lo sharenting (genere di vlog che predilige la mamma di Tinja, basato sulla ripresa e sulla condivisione di dettagli dei propri figli a loro insaputa) giustifica il desiderio non solo da parte dei figli, ma anche degli spettatori, della rottura di questo nucleo famigliare opprimente, prefigurata ottimamente dall’arrivo di un misterioso uovo, su cui Tinja proietta il desiderio di tenerezza e amore materno che le è sempre negato dalla madre naturale.
Tinja è vittima della sua stessa voce (o dello stile)
Benché la premessa di Hatching sia piuttosto intrigante, non ci troviamo di fronte a una sceneggiatura particolarmente innovativa: la prevedibilità prende il sopravvento dal secondo atto in poi e, al di là di qualche intuizione visiva che sovrasta perfino la voce della protagonista della storia, si procede a un’involuzione – piuttosto che evoluzione – di un conflitto emotivo che affoga le sue radici, tra le altre cose, anche nella spinosa questione dei disturbi alimentari nel periodo della pre-adolescenza. Passiamo dalla giocosità della pure serie B alla trascendentalità del cosiddetto “high horror”, forse troppo frettolosamente, ed è qui che la messa in scena di Bergholm ne risente, soprattutto nel voler dare vita a una creatura che cambia nel corso del tempo, assecondando i cambiamenti del fisico di Tinja, ma inserita all’interno di una produzione che deve fare inevitabilmente i conti con un budget limitato.
Non sempre il design della produzione riesce a tenere il passo con una storia che vorrebbe impregnare ogni elemento di una fisicità intensamente dettagliata; il montaggio altalenante di Hatching – La forma del male pregiudica un equilibrio fragilissimo, in cui il punto di vista della povera Tinja viene completamente sommerso dalla veracità di un simbolismo forse troppo eccessivo. Hatching si perde dove la stessa madre malefica di Tinja ama vivere: nell’esasperazione visuale, negli orpelli stilistici di un racconto che trova le sue radici in un conflitto emotivo, oltre tutto ciò, assolutamente degno di nota.
La recensione in breve
Hatching - La forma del male cerca di trasfigurare tramite la cornice horror l'esistenza opprimente di una ragazzina costretta alla perfezione. Il mezzo - in questo caso l'eccessività stilistica - non giustifica il fine, ma il racconto si muove da una premessa davvero interessante.
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