Il film: Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, 2023. Regia: Francis Lawrence. Cast: Tom Blyth, Rachel Zegler, Peter Dinklage, Hunter Schafer, Jason Schwartzman, Josh Andrés Rivera, Viola Davis. Genere: Fantascienza, azione. Durata: 158 minuti.
Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima.
Trama: Coriolanus Snow vorrebbe risollevare le sorti della sua famiglia caduta in disgrazia nel dopoguerra di Capitol City: mentre si avvicina la decima edizione degli Hunger Games, il giovane Snow viene nominato mentore di Lucy Grey Baird, la ragazza tributo del poverissimo Distretto 12. I due uniranno le forze per sopravvivere in un mondo duro e senza speranza…
“O muori da eroe, o vivi così a lungo da diventare il cattivo”. È la frase rimasta scolpita nella pietra de Il cavaliere oscuro, rilettura di un personaggio come Batman prima a fumetti e poi nel film di Cristopher Nolan. Evidentemente Coriolanus Snow, il cattivo della saga di Hunger Games è vissuto a lungo, molto a lungo. Lo ricordate? Aveva il volto beffardo di Donald Sutherland ed era il dittatore di Panem, il distopico mondo del futuro che rappresentava un’America divisa dopo una guerra civile. Come vi raccontiamo nella recensione di Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, prequel della fortunata saga tratta dai libri di Suzanne Collins che arriva al cinema il 15 novembre, torniamo indietro nel tempo e lo vediamo all’opera quando era ancora giovane. E quando sembrava essere l’eroe. Il nuovo film della saga di Hunger Games è la storia dell’ascesa di Coriolanus Snow, il suo romanzo di formazione, il suo passaggio al Lato Oscuro. Più duro e più cupo, anche visivamente, rispetto ai film della saga principale, recupera solo in parte il fascino dei quattro film di Hunger Games, e il tono scelto non ci sembra adatto al pubblico young adult che è il suo riferimento.
La trama: Coriolanus Begins
Prima di diventare il tirannico presidente di Panem, il diciottenne Coriolanus Snow (Tom Blyth) prova a risollevare le sorti, economiche e di prestigio, della sua orgogliosa famiglia caduta in disgrazia nel dopoguerra di Capitol City. Mentre si avvicina la decima edizione degli Hunger Games, il giovane Snow viene nominato mentore di Lucy Grey Baird (Rachel Zegler), la ragazza tributo del poverissimo Distretto 12. Ma quando Lucy Grey tiene incollata alla televisione l’intera nazione di Panem cantando con aria di sfida alla cerimonia della mietitura, Snow comprende che essere il suo mentore, e farlo con cognizione di causa, potrebbe aiutare lei ma anche lui stesso. Unendo i loro istinti per lo spettacolo e l’astuzia politica, Snow e Lucy proveranno prima a sopravvivere, e poi ad emergere in un mondo duro e senza speranza.
Coriolanus Snow come Anakin Skywalker
“O muori da eroe, o vivi così a lungo da diventare il cattivo”, dicevamo. Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente è proprio questo, la storia di un eroe vissuto troppo a lungo da diventare il cattivo. È l’origin story di un villain. Non è quella di un Batman, comunque riuscito a fermarsi prima di passare dall’altra parte, ma è molto simile a quella del giovane Anakin Skywalker, raccontata nella trilogia prequel di George Lucas (gli episodi I, II e III) che, da eroe positivo, lo hanno visto scivolare verso il Lato Oscuro e diventare l’opposto di quello che era. Coriolanus Snow sembra essere molto simile ad Anakin: è giovane, bellissimo, biondo, e animato da nobili sentimenti. Ma, già nel corso di questa storia, nei suoi ideali, nelle sue azioni, cominciano a crearsi delle crepe, delle ombre. Coriolanus sta cambiando. E avrà bisogno di altri film per compiere questo arco narrativo.
Tom Blyth è Coriolanus Snow, Rachel Zegler è Lucy Grey Baird
A interpretare il giovane Coriolanus è Tom Blyth, attore aitante, biondo, con gli occhi azzurri. Perfetto per interpretare il ruolo di angelo caduto. Probabilmente ancora un po’ acerbo, un po’ legnoso, ma capace di portare in sé quella grazia che sarà destinato a perdere. Si chiama Coriolanus, come Coriolano, il generale romano che si ribellò contro la sua città e guidò i volsci contro la propria patria. E nel suo nome sembra esserci un destino di rivolta e di comando. C’è un destino nel nome anche di Lucy Grey Baird, il personaggio di Rachel Zegler. Lucy come Santa Lucia, martire e protettrice della vista, in un mondo in cui il vedere prima degli altri è fondamentale; Grey come grigio, il colore del disastrato Distretto 12; Baird come bardo, cantore. Perché la cosa che la contraddistingue è la sua voce, che ha venature blues, soul e graffi punk nel finale di alcune canzoni. Rachel Zegler è agli antipodi di Jennifer Lawrence, l’eroina della saga di Hunger Games: capelli scuri, pelle ambrata, viso spigoloso e corporatura minuta.
È brava, ma ci sembra costantemente in overacting, una recitazione sopra le righe con troppe mossette e troppe faccine. È uno dei problemi del film. Tra i due protagonisti, però, la chimica funziona, e la sceneggiatura li tiene sospesi in un rapporto ambiguo che è una delle chiavi della storia. Ti odio, poi ti amo, poi ti amo, poi ti odio, poi ti amo, come diceva quella canzone. A completare il cast ci sono una Viola Davis folle e violenta (anche lei in overacting?), e un machiavellico Peter Dinklage.
Orwell, 1984, la Seconda Guerra Mondiale
Hunger Games è sempre stata una saga che nascondeva importanti riferimenti. Una delle basi su cui si fonda il racconto è l’illuminante libro 1984 di Orwell, un romanzo che, scritto nel 1948, risulta ancora profetico e attualissimo. Hunger Games, come il libro di Orwell, parla di totalitarismi, di politica e comunicazione, di realtà e di finzione creata ad arte. In molte delle sequenze della saga, e anche qui, in particolare nei distretti, sembra di essere davvero immersi nel grigiore di quel libro (e nel relativo film di Michael Radford che ne fu tratto). 1984 era nato proprio dopo la Seconda Guerra Mondiale, ed è spesso da queste parti che ci porta il racconto di questo film. Le uniformi e gli elmi dei soldati, quei treni che portano i “tributi” in città e che sembrano tanto quelli delle deportazioni naziste, rendono questo gioco molto, molto vicino alla realtà, una realtà tutto sommato ancora viva. Per questo tutto ciò è più inquietante rispetto agli Hunger Games tradizionali. È così, perché la storia si svolge una sessantina di anni prima i fatti della saga di Hunger Games, e Panem è appena uscito dalla guerra. Per questo molti riferimenti visivi, oltre alla Seconda Guerra stessa, sembrano essere agli anni Quaranta e Cinquanta, quelli dell’immediato dopoguerra. Quelle tivù, quegli studi televisivi, sembrano rifarsi a quel tempo, dando al film un’immagine retrofuturistica.
Enjoy the show
“Enjoy the show”, “godetevi lo spettacolo”, sentiamo dire in alcuni punti del film. Che ci racconta come gli Hunger Games, quei giochi che erano nati come una punizione per i distretti che si erano ribellati a Capitol City, siano diventati uno spettacolo. Nella sua ingenuità, il film (come in fondo tutta la saga), raccontando la natura mediatica che, soprattutto a partire dalla Seconda Guerra, hanno preso i conflitti, racconta il giorno d’oggi, in cui la spettacolarizzazione riguarda ogni cosa: la guerra, la morte, il dolore. Ma non solo: in Hunger Games si viene messi l’uno contro l’altro. E questa è la polarizzazione, il mettersi su due fronti contrapposti ogni volta che c’è una questione in ballo. E, anche in questo nuovo film, Hunger Games è si conferma una metafora del difficile passaggio all’età adulta dei giovani d’oggi, lasciati senza speranze, a lottare l’uno contro l’altro in una contesa senza fine.
È ancora una saga young adult?
Già, i giovani, anzi i giovanissimi. La saga di Hunger Games era stata pensata per loro, Per gli young adult, i ragazzi che vanno dai 12 ai 18 anni. E proprio loro hanno dimostrato di amarla. Il nuovo film è molto più duro, più violento, più cupo, rispetto alla saga originale, sia come temi, sia come forma visiva. Non ci sono gli archi e le frecce di Katniss Everdeen, ma coltelli, lance, asce. Come detto, siamo molti anni prima degli Hunger Games come li conoscevamo, subito dopo una guerra, in un mondo più primitivo, incattivito. È vero che questo nuovo film potrebbe attrarre quello che era il pubblico della saga cinematografica di Hunger Games una volta cresciuto, con dieci anni in più. Ma è anche vero che quel pubblico per cui era nata la saga, gli young adult, così rischia di perderlo. Perché, se la saga cinematografica originale riusciva a sublimare in qualche modo la violenza e la morte, qui è tutto più esplicito, dichiarato. E per quel pubblico potrebbe essere troppo forte. E così il nuovo Hunger Games è pieno di buone idee, ma forse non realizzate come avrebbero potuto. È un film però che ci dice qual è il senso degli Hunger Games. “Il mondo intero è un’arena. E abbiamo bisogno degli Hunger Games per capire chi siamo”. Lo dicono loro. E noi?
La recensione in breve
Nella recensione di Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente vi abbiamo parlato di un film più duro e più cupo, anche visivamente, rispetto ai film della saga principale, che recupera solo in parte il fascino dei quattro film di Hunger Games; ma il tono scelto non ci sembra adatto al pubblico young adult che è il suo riferimento.
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