Il film: Il piacere è tutto mio, 2022. Regia: Sophie Hyde. Cast Emma Thompson e Daryl McCormack. Genere: Commedia, drammatico. Durata: 97 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema.
Trama: Nancy Stokes, vedova in pensione, contatta un giovane gigolò di nome Leo Grande, nella speranza di trascorrere una notte di piacere e di riscoperta di sé dopo una vita matrimoniale poco appagante.
Dopo l’acclamata partecipazione a festival come il Sundance, Berlino e Tribeca, arriva nelle sale italiane Il Piacere è tutto mio (Good Luck To You Leo Grande), una commedia che racconta due psicologie agli antipodi per età, origini e background, tramite il più intimo degli incontri umani: quello sessuale. Nella nostra recensione de Il Piacere è tutto mio, vedremo come il film della regista australiana Sophie Hyde riesce a catturare la pluralità di significati dell’esperienza sessuale servendosi del carisma di un’attrice poliedrica come Emma Thompson e del talento di Daryl McCormack, attore ancora poco conosciuto, ma che trova un’incisività tutta sua in questo incontro-scontro generazionale.
Il piacere è tutto mio, la trama: un inedito risveglio sessuale
Nancy (Emma Thompson) è vedova e in pensione (in passato, era un’ex insegnante di religione) e, durante il suo lungo matrimonio, ha sperimentato una vita sessuale di routine, incostante e, a detta di tutti, frustrante. Dopo molte esitazioni, viene incoraggiata ad avvalersi dei servizi del Leo Grande del titolo (Daryl McCormack), un giovane irlandese che, grazie ad un carismatico mix di arguzia e seduzione, emana sicurezza in ogni sua mossa. Attraverso tre incontri prenotati da Nancy, i due arriveranno a mettere in mostra i lati più vulnerabili delle loro personalità, confessando i traumi e i pensieri che li affliggono ma anche le fantasie e i desideri che conservano nel cuore. La cornice di una camera d’albergo situata in una Londra che scorgiamo solo distrattamente da una finestra, dà vita a una peculiare storia d’affetto tra due individui improbabili, sospesa tra un presente in cui il concetto di sessualità diventa sempre più fluido e un passato in cui il pudore e il ricordo di chi abbiamo amato ha paura di essere macchiato.
Il primo sguardo a Nancy e a Leo, che ci vengono presentati in due brevi sequenze speculari, prive di dialogo, ci dicono molto di chi sono e che posto occupano nel mondo, ma non tutto. Sono i novanta minuti di conversazione di più ampio respiro che aiuteranno a risolvere l’enigma di un rapporto nato per caso ma che vuole dirci molto del tempo in cui viviamo. Così, Il piacere è tutto mio assume i contorni e la profondità di un lungometraggio che ha come fulcro tematico la ricerca di un legame affettivo tra una vedova che fatica a dialogare col proprio passato e con un presente in cui si sente perduta, e un giovane “sex worker” che si trascina dietro un’esperienza di fondamentale abbandono. In un mondo in cui l’argomento sessuale non è più un taboo, forse le “frustrazioni di una donna ormai anziana” possono trovare un loro posto, ma non senza prima cercare di capire chi siamo effettivamente diventati, come sono mutati i nostri desideri e che significato assume per l’arco della nostra vita l’incontro sessuale.
Una regia lucida per leggere il cuore
Con piccoli ma incisivi accorgimenti registici – richiami fotografici, la reiterazione di gesti e movimenti del corpo che avvicinano lo spettatore alle dinamiche tra i protagonisti e, contemporaneamente, accrescono la loro sintonia – Sophie Hyde riesce a tessere le fila di una storia mai banale nella sua semplicità di racconto, che trova il giusto equilibrio tra la comicità di un improbabile incontro e la tensione drammatica che la solitudine di una conoscenza che non può esistere al di fuori di una camera d’albergo porta inevitabilmente con sé. Più ci avviciniamo alla scoperta del legame tra i nostri protagonisti, più la cinepresa cerca di sondarne l’anima e i corpi, alla ricerca del nocciolo della sessualità – l’istinto primario che può essere ritenuto “un momento di follia“, un desiderio carnale o il frutto di un innamoramento – e l’oggettiva discrepanza tra menti e corpi che hanno vissuto esistenze differenti.
In questo senso, la colonna sonora risulta fondamentale nel delineare le discromie tra le nostre esperienze passate e ciò che avremmo desiderato provare, ogni speranza incompiuta e ogni traguardo che sembra ormai irraggiungibile. Si fatica a comprendere chiaramente quale sia la funzione attribuita alle tracce sonore nella prima parte del film ma, dal secondo atto in poi – o meglio, dal secondo incontro in poi – questa inizia ad accompagnare l’andamento del rapporto tra i due, il suo intensificarsi sia nella sincerità che nella chiarezza delle intenzioni diegetiche.
Comprendere per vivere
Con Il piacere è tutto mio, Sophie Hyde costruisce il suo punto di vista sull’empowerment femminile e sulla sessualità oggi allo stesso modo in cui i protagonisti solidificano la fiducia reciproca: con semplicità e naturalezza, lasciandosi andare, piuttosto che attenendosi alle imposizioni. Comprensione è la parola chiave in questo film, che non vuole mai giudicare, bensì stabilire una sorta di ponte tra paradigmi apparentemente inconciliabili e che Nancy/la meravigliosa Emma Thompson cercherà di ribaltare con la forza del piacere, della scoperta di sé e della riconciliazione col proprio corpo: non si è mai troppo vecchi per cercare di trovare un posto nel presente.
La recensione in breve
Il piacere non è solo di Nancy, ma anche di noi spettatori che troviamo nell'improbabile legame tra una vedova e un gigolò una maniera contemporanea di leggere l'incontro sessuale.
- Voto CinemaSerieTv