Il film: Il sol dell’avvenire, 2023. Regia: Nanni Moretti.
Cast: Nanni Moretti, Silvio Orlando, Barbora Bobulova, Margherita Buy. Genere: Commedia. Durata: 95 minuti.
Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima stampa.
Trama: Un regista gira un film ambientato nel 1956, a Roma, durante l’invasione Russa a Budapest. Nel frattempo, attorno a lui c’è la vita reale.
“Chi se ne frega della politica, questo è un film d’amore”, esplode, a un certo punto del film, l’attrice interpretata da Barbora Bobulova. Ve lo raccontiamo nella recensione de Il sol dell’avvenire, il nuovo, bellissimo film di Nanni Moretti, al cinema dal 20 aprile in attesa di passare al Festival di Cannes. Barbora Bobulova sta mettendo nel suo personaggio delle tenerezze verso il partner che non ci sono in sceneggiatura e Giovanni, il regista interpretato da Nanni Moretti, la corregge. E allora lei dice la sua. È un momento che racchiude il senso del film di Moretti. Che, come ogni suo film, è amore, ma è anche politica. È amore per la politica e una politica dell’amore. Amore per il cinema vero, per gli ideali, per una visione, un’utopia che un tempo c’era e oggi non c’è più. Spassoso, geniale, commovente, Il sol dell’avvenire è grande cinema, è un Caimano 3.0, ma anche l’8 e ½ di Moretti. Ma più concreto e politico. E anche profetico: in qualche modo ha anticipato l’invasione russa in Ucraina. E anche la storia dell’orso in Trentino…
La trama: 1956, Budapest, il Quarticciolo e il PCI
Elio (Silvio Orlando) è un redattore de L’Unità, e anche il responsabile della sezione del PCI del Quarticciolo, a Roma. Sua moglie, Vera (Barbora Bobulova), è una sarta, ed è anche una fervente militante comunista. Siamo nel 1956, mentre l’Unione Sovietica sta per invadere l’Ungheria, con i carri armati che entrano a Budapest. E la sezione del PCI ha deciso di invitare gli artisti del circo Budavari in segno di solidarietà. Ma questa è solo la trama del film che sta girando Giovanni (Nanni Moretti), regista in crisi di identità che torna sul set dopo 5 anni, mentre la moglie (Margherita Buy), che è anche la produttrice del suo film, per la prima volta produce il film di un altro regista. E la figlia, ormai grande, annuncia di avere un fidanzato…
Un altro capitolo di quel “Caro diario” con cui si racconta
Quello de Il sol dell’avvenire è Il Nanni Moretti che amiamo, quello che ci piace di più. Che, come ne Il caimano e Mia madre, trova la sua formula collaudato del film nel film, di una storia che prende vita sul set mentre, al di fuori, la vita privata del regista è a uno snodo altrettanto cruciale. In questo modo Moretti ci parla di più cose insieme: di argomenti a cui tiene, e allo stesso tempo anche di sé e dei tempi che stiamo vivendo. Il sol dell’avvenire, in fondo è un altro capitolo di quel “Caro Diario” con cui, periodicamente, da anni, ci racconta la sua vita. Basti pensare alla sua esperienza di padre, con un neonato in arrivo (Aprile), poi diventato un bambino che ama i Lego e il calcio (Il Caimano), un’adolescente (sì, una ragazza) che gira in motorino (Mia madre) e ora una giovane adulta alle prese con una reazione seria. Passano gli anni, cambia il modo di essere genitore, il ruolo nella famiglia, cambia il mondo e cambiamo noi.
Non c’è più la vespa ma ci sono i monopattini elettrici
Sì, cambia il mondo. E così, 30 anni dopo Caro diario, non c’è più la vespa ma ci sono i monopattini elettrici, mania del momento (che, ci ha assicurato Moretti, ha guidato solo per girare il film, ma resta fedele alla vespa), al centro di una spassosa sequenza a Piazza Mazzini e anche finiti nell’immagine del manifesto francese del film. Cambia il mondo del cinema, con le piattaforme che dettano legge, e che sono al centro di una delle gag più spassose del film, quella nella sala riunioni di Netflix (una gag nata anni fa, dopo il Festival di Cannes, nella trasmissione Hollywood Party). E cambia con la nuova tendenza che vede avere sempre più successo certi film crime, violenti. Nanni ce lo dice con una scena “cult”, in cui interrompe una scena di violenza, in uno dei film prodotti dalla moglie.
Uno di quei film che non sono come Breve film sull’uccidere di Kieślowski, con una scena che fa passare ogni voglia di uccidere, ma sono film che rendono la violenza quasi affascinante. Se la prende con questo tipo di film (che spesso, come alcune serie, in fondo sono legati alle piattaforme) come in Caro diario se la prendeva con Henry, pioggia di sangue. E se la prende con altre piccole cose, come i sabot (quelle scarpe in cui non vedi le dita dei piedi, ma vedi il tallone), come se la prendeva con chi non conosceva la torta Sacher in Bianca. È un “continuiamo così, facciamoci del male” 3.0, aggiornato ai nostri tempi.
Chi ha detto che la storia non si fa con i se?
E allora si vuol bene a Nanni, quando se la prende con queste cose, con quel suo modo unico di arrabbiarsi che ha. Come quando dice “Nel mio film un dittatore non ce lo voglio, Stalin strap!”, prima di strappare il suo manifesto nella sezione del PCI del suo film. Si arrabbia anche con la sua prima attrice, Barbora Bobulova, quando nel rapporto con il primo attore, Silvio Orlando, improvvisa, mettendo in scena sensualità e tenerezze che non c’erano in sceneggiatura. “Chi se ne frega della politica, questo è un film d’amore”, dice allora lei. Ed è vero.
Ma, con Nanni Moretti è sempre così, è anche politica. Ed è bellissima la svolta che prende il film, quel finale che cambia rispetto allo script, perché il cinema è anche questo. Ma, in quel momento, c’è anche tutto il senso politico del film di Moretti. Stavolta è diverso. Stavolta c’è il cinema che prova a cambiare la storia, come in quei film di Tarantino, c’è l’ucronia, c’è l’utopia. Non possiamo svelarvi troppo, perché in quel sottofinale c’è un colpo al cuore, che emoziona, che lascia senza fiato. “Chi ha detto che la storia non si fa con i se? Io voglio farla proprio con i se”. E allora ecco la sorpresa, e la voglia di scelte che, allora, avrebbero portato la politica a stare davvero dalla parte di “un mondo più giusto”, come dice uno degli iscritti al PCI che Silvio Orlando intervista nel film dentro al film.
Perché, in Italia c’erano i comunisti?”
Il privato è politico, si diceva un tempo. Come si diceva anche che tutto è politica. E quello de Il sol dell’avvenire è un Nanni Moretti privato e politico insieme. Che non punta il dito contro un obiettivo preciso, come il Berlusconi de Il Caimano, ma fa un discorso più sottile, e forse per questo ancora più intenso. Parla ancora di ideali, quando ormai nessuno, neanche chi dovrebbe, lo fa più. Parla di memoria, è chiaro, quando oggi nessuno sa e nessuno ricorda. Come quel giovane attore che, alla lettura del soggetto, dice candidamente “perché, in Italia c’erano i comunisti?” Pensavo fosse un modo di dire: comunista!”. È un Moretti che ci scalda il cuore, che, con il suo modo di fare cinema sempre uguale e sempre nuovo, ci dà certezze, e ci instilla dubbi. Il suo è un grande cinema, grande per le sue trovate sorprendenti e perché, cosa che ormai fanno in pochi, ci stimola la riflessione. Tocca il cervello, il cuore, e la serotonina, perché il suo è un film che diverte. E tanto.
Un film con le grandi canzoni italiane
Ed è anche quello che sempre voluto fare, “un film con le grandi canzoni italiane”, che nei suoi film ci sono sempre state, ma che qui trovano davvero la fusione perfetta tra musica e immagini. Da Lontano lontano di Luigi Tenco e La canzone dell’amore perduto di De André. E poi Think di Aretha Franklin e Voglio vederti danzare di Franco Battiato, al centro di una sequenza bellissima, che ci fa capire che il film prenderà un’altra direzione rispetto a quella che ci aspettavamo. Il sol dell’avvenire è anche un film di attori. Di Silvio Orlando e Margherita Buy, ormai morettiani fin nel midollo, non serve scrivere nulla; Barbora Bobulova, commossa, è un nuovo ingresso in famiglia. Ma ci piacciono anche certi ruoli minori. Come quello di Francesco Brandi, scenografo che si dimentica sempre gli oggetti di oggi sul set, a Blu Yoshimi, protagonista di una storia d’amore di un altro film ideale che Moretti vorrebbe girare e che rappresenta la speranza nelle nuove generazioni, il lieto fine; radiosa e con un viso unico, è una vera sorpresa. Come Valentina Romani, fiera, intensa, nel ruolo della figlia di Giovanni.
È l’8 e ½ di Moretti
Lo capirete dal circo e dalle riunioni di sceneggiatura, e poi dalla parata finale che Il sol dell’avvenire è Fellini che incontra Boris (inteso come un complimento) è l’8 e ½ di Moretti, ma un 8 e ½ più concreto e politico. È un film che trasuda vita ma in cui si parla anche di cinema, di Kieslowski e Cassavetes, de La dolce vita e Lola, dove tutto il cinema di Nanni Moretti ci passa davanti, letteralmente, come in una parata. Nanni, sornione, ci saluta con la mano. È un saluto alla prima fase della carriera. E l’augurio di altri cinquant’anni vissuti alla grande per questo splendido settantenne.
La recensione in breve
Come vi abbiamo raccontato nella recensione de Il sol dell'avvenire, come ogni film di Moretti, anche questo è amore, ma è anche politica. Spassoso, geniale, commovente, Il sol dell’avvenire è grande cinema, è un Caimano 3.0, ma anche l’8 e ½ di Moretti. Ma più concreto e politico.
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