Il film: Intruders, 2011. Regia: Juan Carlos Fresnadillo. Cast: Clive Owen, Ella Purnell, Pilar López de Ayala, Izán Corchero, Carice van Houten, Daniel Brühl. Genere: Horror. Durata: 100 minuti. Dove l’abbiamo visto: In DVD.
Trama: John Farrow (Clive Owen), patriarca di una famiglia inglese, deve affrontare il fantasma che abita gli incubi della figlia dodicenne (Ella Purnell), che sembra essersi materializzato e minaccia la stabilità della famiglia. Dall’altro lato, seguiamo in Spagna la storia di Luisa (Pilar López de Ayala), una giovane madre che vive in un quartiere povero di Madrid, incapace di impedire che un intruso senza volto aggredisca il figlio di 7 anni (Izán Corchero).
L’horror spagnolo Intruders (2011) è ambientato nel regno in cui nascono i mostri, nel passato semisepolto e negli incubi di due bambini temporalmente e geograficamente scollegati, vittime di un’ombra notturna che invade i loro sogni e li ingloba gradualmente nella loro vita reale. Con questo film, il regista Juan Carlos Fresnadillo promette di realizzare un arazzo perfetto tra il buio infantile della storia e l’evidente sordidezza del mondo degli adulti, e depone le chiavi dell’intreccio in modo che lo spettatore non si trovi a suo agio né nella fantasia né nella realtà. Come vedremo nella nostra recensione di Intruders, seppur il Fresnadillo continui a dimostrare una certa abilità nel creare immagini inquietanti, la trama del film arriva purtroppo a rasentare il ridicolo e consegnarci una storia di fantasmi che parla di paure infantili in modo molto fuorviante.
Intruders, la trama: un duplice incubo
A Madrid, Juan (Izan Corchero) è un bambino di 8 anni incredibilmente brillante che ama raccontare storie. Sua madre, Luisa (Pilar López de Ayala), teme che la fertile immaginazione del figlio alimenti i sogni vividi e sempre più allarmanti che ogni notte turbano il suo sonno. Ma per Juan, l’orribile creatura senza volto che entra nella sua camera da letto nelle ore più buie è terribilmente reale. A Londra, Mia (Ella Purnell), una ragazzina di 11 anni sull’orlo dell’adolescenza, scopre il potere della narrazione quando affascina i suoi compagni di classe con l’inquietante storia di un demone dalla faccia vuota, l’Uomo Nero, che cerca di rubare le fattezze dei bambini perché desidera il contatto con il mondo umano.
Anche Mia si convince che la sua storia sia passata dal regno dell’immaginazione alla realtà e che abbia involontariamente scatenato una forza maligna nel mondo. Di notte, la ragazza è perseguitata da incubi di dimensioni spaventose. All’inizio, il padre John (Clive Owen) crede che Mia sia minacciata da un intruso fin troppo reale che irrompe nella camera da letto della figlia, lasciandola senza parole per la paura. Scaccia lo stalker e poi diventa ossessionato dalla sicurezza nel tentativo di proteggerla, installando telecamere e sofisticate apparecchiature di sorveglianza nella loro casa.
Una messa in scena parlante
La doppia narrazione di Intruders ricorda il modo in cui Takashi Shimizu ha utilizzato una tattica simile in Ju-On: Rancore (2002) per raccontare una storia che mette in risalto la natura ricorrente di spiriti e fantasmi. C’è la sensazione generale che questi due fili siano in qualche modo legati tra loro: la tavola è imbandita per uno sguardo altamente simbolico su come il trauma infantile si manifesta e ci costringe ad affrontarlo. Il film contiene immagini alquanto potenti, quasi tutte con Carahueca come protagonista, come le inquadrature dell’armadio nella stanza della ragazza, dalla cui oscurità emerge una presenza, la stessa che in un’altra sequenza si vede entrare nella stanza del ragazzo protagonista in una notte di pioggia.
Clive Owen fa un buon lavoro nel ruolo del padre affettuoso ma un po’ cupo di Mia, ma è la Purnell che finisce per essere la più grande rivelazione nel ruolo della figlia. Sull’orlo dell’adolescenza, è bloccata tra la vulnerabilità infantile e una maturità in erba e, in un universo alternativo, forse esiste una versione di Intruders che esplora l’impatto della paura e dell’immaginazione quando si affronta la maturità. A parte l’impeccabile Daniel Brühl e un divertente cameo di Héctor Alterio, nessuna performance di Intruders è particolarmente memorabile: dopotutto, ci troviamo di fronte a personaggi cliché che gli attori sembrano interpretare con il pilota automatico. Uno dei punti a favore del film è senza dubbio la messa in scena, in cui il terrore si fa strada senza stridore (la fotografia di Enrique Chediak è adeguata ai due estremi così lontani dallo stesso filo conduttore, la paura e l’infantilismo). La maestria di Fresnadillo, nel controllo e nel dosaggio della suspense, della curiosità e del terrore, emerge soprattutto grazie al world-building sapientemente creato attorno ai suoi personaggi.
Quando l’horror ripiega sui cliché
Sulla carta, il terzo film di Juan Carlos Fresnadillo non manca di ambizione; anche se affronta il terreno ben noto dei traumi infantili e il tropo dell’uomo nero, lo fa in gran parte con un obiettivo serio. Intruders non vuole proporsi solo come l’ennesimo film sui mostri nell’armadio che si aggirano nella notte, bensì è più interessato a ciò che quei mostri potrebbero rappresentare e a come queste leggende vengano trasmesse dalle generazioni. Il problema arriva quando Fresnadillo inizia a perdere la presa su questo equilibrio, mentre il film degenera dalla sua intrigante impostazione in una serie di cliché nutriti di plot twist, immagini raccapriccianti e un ovvietà che indebolisce la potenza della storia raccontata.
Il grande problema di “Intruders” è il tratto finale, in cui il film crolla completamente. La sceneggiatura scritta da Nicolás Casariego e Jaime Marqués, che con questo script fanno il loro debutto nel cinema fantastico, è piena di trappole. A Fresnadillo va sì riconosciuto il merito di non essersi servito nella messa in scena degli espedienti tipici di questo genere di film e di aver sostenuto una certa sobrietà narrativa. Nonostante ciò, Intruders punta troppo sui plot twist, sullo scioccare lo spettatore cercando di unificare le due storie in una sola, e così facendo il film non fa altro che rivelarsi privo di risorse. La storia di fantasmi cessa di essere tale e i traumi infantili prendono il sopravvento: alcune possibilità vengono lasciate in sospeso, mentre il film finisce per cadere nel ridicolo. E questo giocare ad essere Hitchock o Shyamalan, costa caro quando l’inganno dello spettatore viene portato avanti senza convinzione e senza coerenza.
La recensione in breve
Ripiegando su classici cliché dell'horror, Intruders racconta una storia interessante nelle sue premesse, ma completamente annullata da un marasma di plot twist e rivelazioni che annientano la sua inquietudine di fondo.
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Voto CinemaSerieTv