Il film: La società della neve, 2023. Regia di: J. A. Bayona. Cast: Enzo Vogrincic, Matías Recalt, Agustín Pardella, Esteban Kukuriczka e Tomas Wolf. Genere: Drammatico. Durata: 144 minuti. Dove l’abbiamo visto: proiezione stampa alla Mostra del Cinema di Venezia.
La trama: la vera storia dei sopravvissuti del volo 571 delle forze aeree uruguayane, precipitato il 13 ottobre 1972 nel cuore delle Ande.
È J. A. Bayona a chiudere la Mostra del Cinema di Venezia, approdando al Lido con il suo film fuori concorso La società della neve. Dopo The Impossible (2012), un ritorno al genere del survival movie per il regista spagnolo, che con il suo nuovo lavoro porta sullo schermo la vera storia dei sopravvissuti del volo 571 delle forze aeree uruguayane, precipitato il 13 ottobre 1972 nel cuore delle Ande. Una tragica vicenda già precedentemente narrata in Alive – Sopravvissuti (1993) e I sopravvissuti delle Ande (1976), ma questa volta ispirata all’omonimo romanzo dello scrittore uruguaiano Pablo Vierci, compagno di scuola della maggior parte dei superstiti del disastro aereo
Come vedremo nella nostra recensione de La società della neve, la pellicola diretta da J. A. Bayona conduce lo spettatore, con un’intensità e un realismo devastante, in uno dei luoghi più inospitali del pianeta, alla scoperta della reale natura dell’essere umano e di come la cooperazione tra gli individui rappresenti l’unico vero mezzo per la sopravvivenza. Il film sarà disponibile prossimamente sulla piattaforma Netflix.
La società della neve: una storia (vera) di sopravvivenza
13 ottobre 1972, il volo 571 delle forze aeree uruguayane noleggiato dalla squadra di rugby locale Old Christians e da alcuni accompagnatori decolla dalla capitale Montevideo con destinazione Santiago del Cile. Non arriverà mai. Sorvolando la Cordigliera della Ande, infatti, il velivolo con a bordo 40 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio si imbatte in una violenta turbolenza, finendo per schiantarsi proprio nel cuore della catena montuosa, in mezzo a una distesa infinta di neve. I 29 superstiti si ritroveranno così alle prese con una disperata lotta per la sopravvivenza, che li porterà a spingere se stessi oltre ai limiti del corpo umano e ad affrontare un complesso dilemma morale.
La vera natura dell’essere umano
La società della neve ci porta inevitabilmente a riflettere sulla vera natura dell’essere umano. Persi nel mezzo del nulla, in un luogo in cui la vita non è contemplata, i sopravvissuti si ritrovano costretti a doverla reinventare quella vita, rendendo possibile ciò che prima sembrava impossibile. Cosa siamo disposti a fare per sopravvivere? Questa è la domanda che governa tutto il film, la cui risposta muta in continuazione superando ogni volta quei limiti che ritenevamo invalicabili e stravolgendo abitudini e costrutti sociali. La profanazione del primo cadavere per potersi nutrire segna il punto di non ritorno al quale qualcuno, inizialmente, cerca di resistere; ma l’istinto prende presto il sopravvento e l’obiettivo ultimo – proprio come durante una guerra – diventa uno solo, difendere la vita ad ogni costo. Ma essere umani significa ben più che assecondare i propri bisogni primordiali. In quella distesa di neve, dolore e sogni di una casa che forse non rivedranno più, trovano spazio anche la speranza e l’altruismo verso i propri compagni che diventano inevitabilmente famiglia.
Restare uniti
L’unione fa la forza. Un vecchio proverbio che esalta il gioco di squadra e la capacità di cooperare per riuscire a raggiungere uno scopo comune. Sul campo da rugby quell’obiettivo è rappresentato dalla linea di meta; quando sei disperso nel cuore della montagna, si tratta di sopravvivere alla sua ferocia. È un’unione sia fisica che spirituale quella che sperimentano i ragazzi. Stringersi gli uni agli altri permette loro di superare le gelide notti delle Ande, le cui temperature ad ottobre possono arrivare fino ai 30 gradi sotto zero. Ma la vera salvezza risiede soprattutto nel sostegno reciproco: curarsi le ferite a vicenda, preparare la carne di nascosto affinché gli altri non sappiano a quale loro amico appartenesse, partire per spedizioni delle quali il ritorno non è garantito. Sono questi i mezzi che permetteranno a una parte di loro di fare ritorno a casa, diventando quella “società” citata nel titolo del film.
Il grande bianco
Uno degli elementi più affascinanti nel nuovo film di J. A. Bayona è la contrapposizione degli spazi: da un lato abbiamo una distesa accecante di neve che sembra non avere fine, dall’altro la claustrofobica carcassa dell’aereo in cui i sopravvissuti trovano riparo. La montagna è un luogo inospitale che non riserva pietà a chi cerca di sopravviverle, riappropriandosi continuamente dei proprio luoghi e manifestando tutta la supremazia della natura nei confronti dell’irrisorietà della vita umana. Ciò che resta del velivolo rappresenta, invece, la difesa dall’ignoto che regna all’esterno, un luogo in cui, nonostante le avversità, trovano spazio anche le confidenze e le risate.
Intanto lo spettatore è lì, nel cuore delle Ande insieme a quel gruppo di giovani dispersi, vivi e morti insieme. E riesce a sentire tutto questo, sperimentando sulla propria pelle il freddo, la fame, il dolore per gli amici morti ma anche la speranza di poter fare ritorno a casa.
La recensione in breve
La società della neve conduce lo spettatore, con un'intensità e un realismo devastante, in uno dei luoghi più inospitali del pianeta, alla scoperta della reale natura dell'essere umano e di come la cooperazione tra gli individui rappresenti l'unico vero mezzo per la sopravvivenza
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