Il film: Moonage Daydream, 2022. Regia: Brett Morgen. Genere: Documentario, musicale. Durata: 140 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema.
Trama: La parabola professionale e artistica di David Bowie, riproposta e narrata dal regista Brett Morgen, che attinge a filmati di repertorio, esibizioni, interviste e materiali d’archivio inediti.
Ragazzo dello spazio, sei addormentato ora. La tua sagoma è così stazionaria. Sei stato liberato ma il tuo custode chiama. E io voglio essere libero. Tu non vuoi essere libero? Ti piacciono le ragazze o i ragazzi? C’è confusione al giorno d’oggi. Ma la polvere lunare ti coprirà. Ti coprirà.
Sono le parole di Hello Spaceboy, il brano di metà anni Novanta, da 1. Outside, nella versione remix con i Pet Shop Boys, che, con la cassa in quattro quarti, dà il via alle danze di un viaggio fantastico, quello nel mondo di David Bowie che vi raccontiamo nella recensione di Moonage Daydream, il film di Brett Morgen dedicato al Duca Bianco, in esclusiva IMAX dal 15 al 21 settembre e dal 26 al 28 settembre al cinema. Moonage Daydream è molto più di un documentario. È un’esperienza, un’ondata irresistibile di musica, immagini e parole, un film emozionale e impressionista, immersivo e stordente. È forse l’unico modo possibile di racchiudere in due ore David Bowie e tutti i suoi mondi, di fissare i suoi “changes”, i suoi mutamenti. È probabilmente l’esperienza più vicina a un suo concerto che potete vivere oggi.
La trama: un viaggio che comincia da Hello Spaceboy
“La polvere lunare ti coprirà”, canta David Bowie in Hello Spaceboy: il viaggio comincia così, e non poteva essere altrimenti. Moonage Daydream è il Viaggio nella Luna di David Bowie (e non è un caso che il film di Méliès compaia più volte nel montaggio del film). “Chi è? Da dove viene? È una presenza aliena?”. Così una voce introduce David Bowie sul palco prima di un concerto, ed è quello che fa Brett Morgen, che, dopo aver salutato l’artista con quel “ciao ragazzo venuto dallo spazio” ci introduce nella prima fase della carriera, presentandoci subito il Bowie in versione Ziggy Stardust, sul palco in tutta la sua teatralità. Moonage Daydream è un salto nell’iperspazio, un viaggio alla scoperta del pianeta Bowie, per poi farci scoprire che, se ancora non lo sapessimo, che non si tratta di un pianeta, ma di un’intera galassia formata da tante stelle pianeti e satelliti. “Era un miscuglio di tante idee. Ci siamo presi la responsabilità di creare il XXI secolo nel 1971” dice Bowie a proposito del suo personaggio più famoso.
La storia raccontata da Brett Morgen
Ma, accanto alle immagini di Ziggy, con le sue tute attillate e colorate, appare poco dopo, senza che la musica cambi, il Bowie di Let’s Dance e del Serious Moonlight Tour, quello dei completi dalle tinte pastello e dai capelli biondo platino. Poi, dalle immagini di Ziggy si passa a quelle dei video di 1.Outside, negli anni 90, un’altra fase estremamente artistica e sperimentale. E capiamo subito che Moonage Daydream non sarà il classico documentario. Con un montaggio geniale, e maestoso, Brett Morgen sceglie di non raccontare una storia in modo diretto, seguendo un senso prettamente cronologico. O meglio, il viaggio nei tanti mondi di David Jones segue una sua cronologia, la sua evoluzione nel corso del tempo, ma non è in modo cronologico, filologico, classico che vengono usate le immagini. Morgen procede piuttosto per assonanze, affinità elettive.
Una Space Oddity eseguita negli anni Novanta può lasciare spazio, nel finale, a un’esecuzione degli anni Settanta. Grazie al montaggio, alle inquadrature sui suoi sguardi, sembra quasi che il Bowie maturo guardi quello più giovane e viceversa, che anime diverse dialoghino tra loro per poi riunirsi e capire che fanno parte della stessa persona. C’è poco spazio per la vita sentimentale, nessun accenno alla prima moglie e al primo figlio, ma un momento dedicato a Iman. A quell’amore che in un’intervista precedente aveva detto di voler evitare, contro il quale aveva costruito una corazza. E con la vita che ora diventa rosa, sulle note di World On A Wing.
Un montaggio geniale
Il montaggio è il vero tratto geniale di Moonage Daydream. Non solo alterna continuamente le varie età e le varie epoche di David Bowie, ma intorno a lui fa girare schegge di arte, frammenti di senso. Musicisti, film, quadri. Ci sono Lou Reed e John Coltrane, Metropolis e il Kubrick di 2001: Odissea nello spazio e Arancia Meccanica. C’è tutto quello che Bowie amava, quello che gli ha permesso di diventare quello che è. Ci sono i suoi film, L’uomo che cade sulla Terra, ma anche la famosa intervista in auto del documentario Cracked Actor che preannunciava proprio il paranoico alieno di quel film. C’è la versione teatrale di Elephant Man. Tutto è collegato, tutto torna, tutto ha perfettamente senso. Moonage Daydream è agli antipodi di Kurt Cobain: Montage Of Heck, il suo documentario sul leader dei Nirvana.
Un lavoro mirabile, che puntava chiaramente a raccontare una storia. Moonage Daydream invece procede per emozioni, evocazioni. Ascoltate Sound And Vision e quel “blue blue electric blue”, mentre sullo schermo appaiono delle macchie di colore. Brett Morgen qui punta sulle sensazioni, sulle emozioni. Alcune immagini sembrano agire in maniera subliminale, per quanto scorrono veloci e come si legano ad altre. Paradossalmente, il risultato somiglia molto a un altro film su Cobain, Kurt Cobain; About A Son di AJ Schnack, in cui la voce dell’artista scorre come un flusso di coscienza su immagini non necessariamente collegate. Certo, lì mancava la musica dei Nirvana. Qui la musica di Bowie c’è, in tutta la sua bellezza. Il risultato è un’opera monumentale, maniacale, appassionata.
Bowie è polvere di stelle
In Moonage Daydream c’è un caos dove però tutto sembra avere senso. La cosa sarebbe piaciuta a Bowie che riteneva che, lo sentiamo dire anche qui, “il mondo ha deciso di rifiutare il caos, che invece fa parte delle nostre vite”. Moonage Daydream non è il tipo di film che vuole raccontare la vita e la carriera di Bowie a chi non lo conosce (per quello ci sono altre opere, tra cui molti libri eccezionali), ma vuole raccogliere tutto il suo pubblico in un abbraccio collettivo, in un’elaborazione della sua scomparsa, in una celebrazione della sua grandezza. Ognuno di noi troverà i suoi momenti preferiti, lungo il film, e ce ne sono davvero tanti, ma lasciateci dire che la Heroes che sentiamo dalle registrazioni di un concerto dell’Isolar Tour, quello che seguì quel disco, è di una bellezza abbagliante. Assistendo a Moonage Daydream si ha la sensazione che Bowie non ci abbia mai lasciati davvero, che non sia scomparso. Ma che, per dirla alla sua maniera, si sia scomposto in un’infinta stardust, un’infinita polvere di stelle che si è diffusa su tutta la Terra. Oggi ci sembra di ritrovare David Bowie in ogni cosa. Non se n’è mai davvero andato. Ha solo mutato ancora una volta forma.
La recensione in breve
Moonage Daydream è molto più di un documentario. È un’esperienza, un’ondata irresistibile di musica, immagini e parole, un film emozionale e impressionista, immersivo e stordente. È forse l’unico modo possibile di racchiudere in due ore David Bowie e tutti i suoi mondi.
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