Il film: Night Swim, 2024. Regia: Bryce McGuire. Genere: Horror. Cast: Wyatt Russell, Kerry Condon, Amélie Hoeferle, Gavin Warren, Jodi Long.. Durata: 116 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima stampa in originale.
Trama:Una famiglia si trasferisce in una nuova casa con una bellissima piscina in giardino, senza sapere che proprio lì si nasconde una forza maligna che decide di prenderli di mira…
Vi sarà sicuramente capitato, magari sovrappensiero, di osservare un corpo immerso nell’acqua, o al di là di un vetro bagnato. E di aver capito allora quale sia il potere deformante dell’acqua rispetto a un’immagine. L’acqua agisce come una specie di lente che cambia la nostra percezione di quello che è immerso o è al di là del liquido. Ed è quello che fa anche il film che vi raccontiamo nella recensione di Night Swim, il nuovo horror targato Blumhouse, la casa di produzione di Jason Blum, diventato in poco tempo un vero Re Mida del genere. È una storia che si svolge attorno a una piscina di una villa, continuamente dentro e fuori l’acqua. C’è qualcosa, in quella piscina, e l’acqua rende tutto più confuso, meno definito, intelligibile. Come guardando attraverso una lente deformante, allora, i protagonisti della storia vedono tutto sfumato, poco chiaro, anche i contorni tra il bene e il male. E così vediamo anche tutto deformato e sfumato noi. Il risultato è un buon horror, che forse non rimarrà nella storia, ma assicura un paio d’ore (in realtà meno, è un’ora e quaranta) godibili. E, per una volta, con un finale coerente che funziona.
Villa con piscina, e sorprese…
Ray Waller (Wyatt Russell) è un ex giocatore di baseball. Costretto a ritirarsi, forse per un po’ forse per sempre, dallo sport a causa di una malattia, insieme alla moglie Eve (Kerry Condon) decide di mettere radici e fermarsi in una tranquilla cittadina, comprando una casa con la piscina, dove potrà, volendo, fare anche riabilitazione. La piscina è una novità accolta molto bene dalla moglie, grande nuotatrice, e anche dai figli: la più grande, Izzy (Amélie Hoeferle) e il più piccolo, Elliot (Gavin Warner). Inaspettatamente, Ray comincia a guarire piuttosto velocemente dal suo male, da quando si immerge in quell’acqua. Ma gli altri membri della famiglia, quando sono lì dentro, sentono che c’è qualcuno che li osserva…
Blumhouse: il perturbante per fare paura
La Blumhouse di Jason Blum era salita alla ribalta con un film molto particolare, Paranormal Activity, diventato poi il primo di una serie. La cosa particolare di quel film, che ricorre anche qui, è che riusciva a far paura con cose comuni, familiari. Una casa, la propria casa, delle videocamere di sorveglianza, suoni e rumori. Anche qui, seppur in maniera più complessa, l’idea è quella: la piscina di casa, un luogo che dovrebbe essere familiare e rilassante, le luci soffuse che la circondano. E ancora, cose comuni come una barchetta giocattolo (che ha un po’ l’effetto del palloncino di It). È il senso del perturbante, quello che accade quando qualcosa di inaspettato e di innaturale irrompe nella sicurezza della propria casa, della propria quotidianità. E proprio per questo fa paura.
L’acqua è morte, come nei film giapponesi
Dall’altro lato, Night Swim sembra essere una continua citazione e un omaggio a tutti quei film giapponesi in cui la paura arriva dall’acqua, da Dark Water a The Ring. Per la cultura giapponese, infatti, l’acqua ha un significato molto diverso dal senso di purificazione che ha nella nostra cultura. Il Giappone è un’isola, è circondata dal mare: da qui la paura dell’acqua, sinonimo di morte, in quanto portatrice di inondazioni, tsunami, alluvioni. Il film ha qualcosa di tutte queste pellicole, anche se, ovviamente, le rileggere con un gusto prettamente americano per l’horror. Il film si segue con una discreta tensione: non è uno di quegli horror che spaventano a morte. È più che altro un gioco al gatto col topo, che la piscina fa con i personaggi. e che il regista, a sua volta, fa con noi spettatori, spaventandoci per poi lasciarci andare, e per rispaventarci di nuovo. Oltre ai chiari riferimenti di horror legati all’acqua, Night Swim ha anche qualcosa di Final Destination, in quanto, in fondo, c’è un nemico invisibile che è ovunque e in nessun luogo. Per cui la morte può avvenire in ogni modo, e dai dettagli più disparati.
Wyatt Russell, in bilico tra bene e male
La regia gioca bene con l’acqua, e proprio con quel potere deformante delle immagini, che permette di dare un effetto ulteriormente straniante alle immagini. Gli oggetti dentro la piscina, gli oggetti fuori visti da chi è sott’acqua, le gocce di pioggia sul cruscotto della macchina. Tutto concorre a confondere la nostra vista, come quella dei protagonisti. Che sono tutti poco noti, ma comunque efficaci e in parte. A partire da Wyatt Russell che era stato il Capitan America “cattivo” del mondo Marvel, e anche qui ha la giusta capacità, e fisicità, di giocare su un doppio ruolo, in bilico tra bene e male, riuscendo a rendere un personaggio ambiguo che è una delle cose più interessanti del film. Accanto a lui, Kerry Condon è una Naomi Watts meno appariscente, ma con una forza molto simile a quella che è stata una tipica eroina di tutta una serie di film. La soluzione ha a che fare con un antico mito del folclore europeo, il pozzo dei desideri. E il finale del film, legato a questo, per una volta non è il solito finale ad effetto, ma è coerente e ha perfettamente senso.
La recensione in breve
Nella recensione di Night Swim vi abbiamo parlato di un buon horror, che forse non rimarrà nella storia, ma assicura un paio d’ore (in realtà meno, è un’ora e quaranta) godibili. E, per una volta, con un finale coerente che funziona.
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