Il film: Orphan: First Kill, 2022. Regia: William Brent Bell. Cast: Isabelle Fuhrman, Julia Stiles, Rossif Sutherland, Matthew Finlan, Hiro Kanagawa. Genere: Horror, Thriller. Durata: 99 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix.
Trama: Dopo essere fuggita da una struttura psichiatrica in Estonia, Leena Klammer – trentunenne affetta da una patologia che la rende fisicamente identica a una bambina ma con la maturità di un’adulta – si reca negli Stati Uniti per fingersi la figlia scomparsa di una ricca famiglia.
Nel 2009, Orphan di Jaume Collet-Serra era diventato un vero e proprio cult horror, inquietando milioni di spettatori nonostante le recensioni non sempre entusiastiche della critica. 13 anni dopo, è arrivato un prequel – ora disponibile su Netflix – diretto da William Brent Bell in cui Isabelle Fuhrman torna a vestire i panni della machiavellica Leena, trentunenne affetta da una patologia che altera la sua crescita, rendendola fisicamente identica a una bambina di 10 anni. Come vedremo nella nostra recensione di Orphan: First Kill, il nuovo film sulla diabolica finta bambina narra gli eventi precedenti all’incontro con Kate e John Coleman (Peter Sarsgaard e Vera Farmiga), mostrando la sua fuga dall’istituto psichiatrico in Estonia nel quale era ricoverata e raccontando le origini del male che si cela dietro il volto fanciullesco di Leena.
Un prequel tutto sommato interessante che, malgrado l’inizio piuttosto cauto, ritrova la propria forza grazie a un colpo di scena sconvolgente che arriva proprio a metà pellicola. Lascia invece perplessi la discutibile scelta di far riprendere il ruolo di Leena a Isabelle Fuhrman, ora realmente nelle vesti di un’adulta che cerca di spacciarsi per una bambina, con risultati talvolta alienanti.
La trama: dove tutto ha avuto inizio
Estonia, 2007. Leena Klammer è una pericolosa paziente dell’Istituto psichiatrico Saarne affetta da un disturbo al sistema endocrino che ne altera la crescita, facendola assomigliare a una bambina di 10 anni nonostante, in realtà, sia una donna di 31. A di là del suo aspetto fanciullesco, Leena ha una personalità machiavellica ed è una vera e propria artista della truffa: solo due anni prima degli eventi narrati, era stata capace di insinuarsi in una ignara famiglia fingendosi una fuggitiva e – come possiamo facilmente intuire – mettendo in atto una mattanza. Un giorno, approfittando delle proprie capacità manipolatorie, riesce a evadere dall’istituto e, compiendo una ricerca all’interno della lista dei bambini americani scomparsi tra i 9 e i 12 anni, trova un’incredibile somiglianza con una certa Esther Albright, scomparsa 4 anni prima dal Connecticut.
La donna fa quindi in modo di essere rintracciata dalla polizia, dichiarando poi di essere Esther, di essere stata rapita e portata in Russia. Arrivata negli Stati Uniti, Leena inizia la sua nuova vita al fianco della “ritrovata” famiglia, composta dalla madre Tricia (Julia Stiles), dal padre Allen (Rossif Sutherland) e dal fratello maggiore Gunner, cercando di tenere a bada i segni del proprio squilibrio e di interpretare al meglio la parte della figlia amorevole. Ma il suo ritorno non convince tutti e la donna dovrà presto fare i conti con una realtà dei fatti che non aveva preventivato.
Pane per i denti di Leena
Una cosa è certa: dopo il colpo di scena del film originale del 2009 – nel quale venivamo a scoprire che Leena/Esther non era una bambina di 9 anni ma un’adulta disturbata affetta da una patologia endocrina – la sceneggiatura di Orphan: First Kill doveva fare in modo di presentare un colpo di scena altrettanto sconvolgente. E possiamo dire che, in questo, il film di William Brent Bell se la cava piuttosto bene, regalando allo spettatore un plot twist decisamente inaspettato proprio a metà pellicola, che coglierà di sorpresa anche la nostra protagonista, mettendola nelle condizioni di ricalibrare tutto il proprio piano di azione. Si tratta di una svolta tanto imprevedibile quanto necessaria per conferire vigore a una pellicola altrimenti dall’incipit piuttosto cauto e uno sviluppo perlopiù lineare. A rendere possibile questo cambio di registro è soprattutto la talentuosa Julia Stiles nel ruolo della madre Tricia che, lungi dall’interpretare il personaggio passivo che possiamo immaginarci, passa dall’essere una madre in lutto a un personaggio senza scrupoli, dando vita alle sequenze più entusiasmanti del film.
Una scelta discutibile
Come ha potuto Isabelle Fuhrman, che a 12 anni è riuscita ad essere convincente nei panni di (quella che doveva essere) una bambina di 9, a riprendere il medesimo ruolo dopo aver compiuto un quarto di secolo? Attraverso un’abile combinazione di controfigure (quando è ripresa da lontano o di spalle), giochi di prospettiva e trucchi cinematografici, come ad esempio il fatto che il volto e i piedi dell’attrice non si vedano quasi mai in maniera chiara nella stessa inquadratura. Così, 13 anni più tardi, la Fuhrman resuscita il personaggio omicida e psicopatico che l’ha resa famosa, riproponendo il medesimo look austero con le trecce legate in un nastro, l’immancabile girocollo e il miniabito dalle maniche lunghe a lanterna e colletto. Il problema è che, nonostante tutti gli escamotage tecnici messi in campo in Orphan: First Kill, la nostra protagonista è ora evidentemente un’adulta che finge di essere una bambina, con risultati artificiosi, spesso alienanti e al limite del ridicolo. Il pubblico non può che essere portato a chiedersi – nonostante la sospensione di incredulità che questo genere di film richiede – come è possibile che gli Albright possano davvero credere che si tratti di una ragazzina e, per di più, di loro figlia.
Dal canto suo, la Fuhrman – proprio come nel 2009 – regala un’interpretazione algida e carica di inquietudine, anche se, la sceneggiatura minimale che non lascia spazio all’approfondimento dei personaggi, la costringe a interpretare Esther quasi fosse uno di quei personaggi cult dei film horror – come Jason o Michael Myers per intenderci – senza ovviamente avere la medesima risonanza.
La recensione in breve
Orphan: First Kill è prequel tutto sommato interessante che, malgrado l'inizio piuttosto cauto, ritrova la propria forza grazie a un colpo di scena del tutto inaspettato che arriva proprio a metà pellicola. Lascia invece perplessi la discutibile scelta di far riprendere il ruolo di Leena a Isabelle Fuhrman, ora realmente nelle vesti di un'adulta che cerca di spacciarsi per una bambina, con risultati talvolta alienanti.
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