Il film: Pepe, 2024. Regia: Nelson Carlo de los Santos Arias. Cast: Jhon Narváez e Sor María Ríos. Genere: Drammatico. Durata: 122 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Berlinale in anteprima stampa in lingua originale.
Trama: Una voce che si dice appartenere a un ippopotamo. Una voce che non comprende la percezione del tempo. Pepe, il primo e ultimo ippopotamo ucciso nelle Americhe, racconta la sua storia con la travolgente oralità di questi luoghi.
Pablo Escobar è stato un simbolo per la Colombia come per la Repubblica Dominicana, non necessariamente uno negativo. Il criminale, divenuto celebre a livello mondiale per i suoi traffici di droga e la sua brutalità ha infatti dato alla sua nazione un potente mezzo d’identificazione, d’orgoglio. Escobar lo conoscono ovunque nel mondo e, per estensione, finalmente parlano dei dominicani.
Pepe è a sua volta un simbolo, quello che il regista Nelson Carlo de los Santos Arias usa per narrare il recente passato della sua nazione. L’ippopotamo di Escobar, la sua vita e la sua morte, sono al centro del film più sperimentale del concorso della Berlinale numero 74, come sottolineiamo nostra recensione di Pepe.
Il soliloquio dell’ippopotamo d’America
Nel 2009 le autorità dominicane hanno ordinato l’abbattimento di un animale alieno al habitat locale, suscitando lo sdegno della popolazione. L’ippopotamo in questione infatti era stato portato in Repubblica Dominicana dal celebre trafficante di droga Pablo Escobar. Al momento dell’arresto del criminale, aveva fatto scalpore la presenza di alcuni esemplari di ippopotami nel suo zoo casalingo. La popolazione aveva rinominato l’esemplare ribelle e incline alla fuga Pepe. Un piccolo omaggio all’ippopotamo protagonista di un noto cartone animato latinoamericano.
Pepe è dedicato alla vita e alla morte di un animale che, con le sue fughe e i suoi attacchi alla popolazione locale, è diventato un simbolo dominicano, pur venendo da lontano.
Pepe è il film più sperimentale della Berlinale
Il regista colombiano Nelson Carlo de los Santos Arias ha dato fondo a tutta la sua immaginazione di creativo per realizzare un film che sfugge ai generi e cambia continuamente pelle. In teoria Pepe è un film che tenta di essere documentaristicoo. Da subito però la voce interiore del personaggio prende la parola, alternando vari idiomi africani e lo spagnolo. In un’atmosfera onirica, trasognata, Pepe racconta il suo viaggio dalle terre africane alla Colombia, alludendo alla certezza della propria morte.
Inframezzando immagini naturalistiche a spezzoni storici a soluzioni da video-installazione artistica, Pepe cambia continuamente formato, supporto visivo, scala cromatica. Nel suo eterno mutare rimane costante la presenza della voce di Pepe, che pure scivola tra più lingue. Così come la colonna sonora del film, il voice over è stato accuratamente effettato per realizzare una voce straniante, vagamente disturbante, non umana.
L’interesse del regista però si estende chiaramente oltre al bizzarro animale totem che mette al centro del lungometraggio. Inframezzate alla storia di Pepe, che ci porta prima in Africa e poi in America Latina, ci sono una serie di filmati storici e di messe in scena. Piccoli spaccati, scorci del carattere della popolazione locale e delle sue contraddizioni. La parabola discendente di Pepe ed Escobar s’intreccia a quella della nazione, che sembra avere una traiettoria simile. Il racconto nazionale e locale procede di pari passo all’assimilazione di Pepe come simbolo dominicano, sempre accompagnati dalla voce fuori campo dell’ippopotamo.
Alla lunga il suo acuto sperimentalismo può pesare un po’, ma nel complesso Pepe è un film sempre sorprendente per un pubblico ricettivo alle sue scelte creative. Scatta un’istantanea storica mossa, ma vivida, di un paese tormentato, ricchissimo di contraddizioni e pulsioni distruttive. Una nazione per cui un re della droga come Escobar – e per estensione Pepe – è un simbolo in cui identificarsi, un uomo da piangere, come accade in apertura di film.
La recensione in breve
Cosa ci lascia lo sperimentalismo spinto di Pepe? Sicuramente un film di nicchia, lontanissimo dai registri a cui ci ha abituato il cinema mainstream. Per chi ha la pazienza di seguirlo e lasciarsi sedurre dal suo replicare per suoni e immagini la stazza e la pericolosità del suo protagonista (Pepe o Escobar?) c’è un film che sintetizza una nazione poco raccontata al cinema. Una realtà che il regista si rifiuta di sintetizzare con codici standardizzati altrove, cercando soluzioni sue.
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