Il film: Polite Society, 2023. Regia: Nida Manzoor. Cast: Priya Kansara, Ritu Arya, Nimra Bucha, Akshay Khanna, Seraphina Beh, Ella Bruccoleri, Shona Babayemi, Shobu Kapoor, Jeff Mirza. Genere: Commedia action. Durata: 103 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima stampa.
Trama: Ria è una giovane studentessa pakistana che frequenta una scuola femminile privata, con grandi sacrifici da parte dei genitori. Sogna di diventare una stunt-woman. In famiglia l’idea non piace e solo la sorella maggiore Lena la sostiene nel suo sogno. Quando Lena lascia la scuola d’arte e comincia a frequentare Salim, il ricco figlio mammone di un’amica della madre, Ria è sconvolta, furiosa e confusa. Decisa a porre fine a questa unione con ogni mezzo, Ria finisce per litigare con la sorella e cacciarsi nei guai. Forse però i suoi sospetti su Salim e sulla madre di lui non sono del tutto infondati…
Un tempo le terribili adolescenti dall’accento britannico sognavano di giocare come Beckham, oggi di riuscire ad atterrare uno spettacolare calcio rovesciato volante come la loro stunt-woman preferita. C’è tanto del passato di un certo cinema adolescenziale britannico in Polite Society, il film d’esordio con cui Nida Manzoor si è subito collocata sulla mappa delle cineaste contemporanee. La pellicola infatti ha conquistato il Sundance Film Festival 2023.
Un pubblico migliore Polite Society non poteva davvero trovarlo, considerando che per livello d’inventiva, budget ristretto e certe ingenuità di fondo spande costantemente profumo di cinema indie, di sogni e promesse, di voglia di esserci e raccontarsi, spesso però adombrata dall’impellente desiderio di omaggiare chi ti ha portato a essere lì.
Non è difficile immaginare che una buona parte del pubblico lo adotterà tra i suoi film del cuore del 2023. Specie quello più giovane e femminile messo al centro dalla pellicola, a cui questo film parla, descrivendo un rapporto tra due sorelle in cui si sostituiscono zuccherosi scambi familiari a immaginarie mazzate in versione kung fu durante i litigi. Polite Society è un pastiche brillante, contemporaneo, femminile e femminista, che però proprio quando sembra pronto a decollare per davvero rivela molte debolezze, atterrando con qualche difficoltà i colpi micidiali con cui voleva stupire. Scopriamo perché nella nostra recensione di Polite Society.
La trama: Bollywood incontra Jackie Chan
Priya Kansara interpreta la giovane protagonista Ria, un’adolescente che frequenta una scuola privata inglese per signorine. Tutti proiettano su di lei il sogno di una carriera rispettabile come quella di medico, a parte la sorella Lena.
Ria invece vuole fare la stunt-woman e con le amiche e la sorella non parla d’altro. Il rapporto con le figure femminili della sua vita è giocoso, affiatato ma mai idealizzato. Lo capiamo sin dalle prime scene. Lena, colta dalla fame mentre gironzola per la città, entra in un ristorante cinese e ne esce addentando il cosciotto ancora attaccato a un pollo intero, suscitando lo sconcerto delle amiche della madre.
Anche se narrato dalla prospettiva di Ria, più giovane e spensierata, è evidente come Manzoor suggerisca una prima crisi identitaria per la sorella più grande Lena. La scuola d’arte a cui si è iscritta non sta andando come sperato, si ritrova senza rotta e improvvisamente i tentativi della madre di combinarle un fidanzamento non sembrano poi così indesiderabili.
Polite Society fotografa con grande fedeltà un rapporto tra sorelle che stanno crescendo e che devono rinegoziare il loro rapporto. Per Ria è un passaggio traumatico, dato che è protettiva verso Lena e non vuole vedere cambiare lo status quo della sua vita. Le due litigano e lo fanno dandosele di santa ragione in una lunga scena di combattimento che omaggia un po’ tutti: da Scott Pilgrim a Jackie Chan, passando per Matrix e Tarantino. Il film trasforma in una action comedy brillante un concetto che il cinema non esplora mai abbastanza: nessuno ti conosce bene come tua sorella, nessuno se vuole può farti male toccando tutti i tuoi punti deboli.
Polite Society non manca d’entusiasmo, ma spesso è superficiale
Polite Society ha una facilità d’entusiasmo che ricorda davvero l’adolescenza, ma al pari della sua protagonista Ria tende un po’ troppo a saltare a conclusioni semplicistiche, sia a livello tecnico sia a livello narrativo.
Comprensibile e perdonabile è la resa non sempre esaltante della parte di combattimento e danza; d’altronde uno dei riferimenti geografici del film è Bollywood. Singapore e Pakistan tentano un’unione visiva, ma spesso i tagli e il montaggio rivelano la difficoltà di raggiungere certi risultati con tante idee ma pochi soldi. Sono limiti perdonabili: più che altro suscita un po’ di dispiacere immaginare che sequenze sarebbero venute fuori con un giusto apporto economico dietro.
Mi è invece più difficile soprassedere ai difetti imputabili alla scrittura stessa della storia. Alcuni sono più che prevedibili in un lungometraggio d’esordio e derivano da una certa immaturità stilistica. Nida Manzoor lancia il suo film al galoppo sin dall’inizio, ma fatica a tenerne le redini, soprattutto nel finale.
Aver concepito Polite Society come un pastiche di tantissimi generi non aiuta. Il film inizia come una deliziosa commedia adolescenziale popolata da inarrestabili adolescenti inglesi, ma poi sembra voler diventare una storia adulta e quasi horror, con un forte messaggio femminista e politico. Polite Society muta in un quasi Get Out ambientato nella comunità pakistana trapiantata nel Regno Unito. Lo stesso titolo fa riferimento a una riflessione sulla disparità economica tra la famiglia Khan e quella del promesso sposo Kalim, che però non viene che esplorato superficialmente.
I riferimenti cinematografici della regista e sceneggiatrice sono tanti e tutti palesi. Come tanti colleghi, Nida Manzoor tenta di frullarli nel suo film, ma ne esce sconfitta. Tende più a replicarli che a farli suoi: considerando l’economia con cui è costretta a girare, il risultato non è sempre soddisfacente.
Se è vero che Polite Society esplora un punto di vista ancora non così comune nel cinema contemporaneo per età, sesso e origini della famiglia protagonista, non si può tacere come risulti troppo didascalico nei suoi messaggi. Nella seconda parte del film c’è tutta una riflessione sul corpo delle donne, sulle aspettative tradizionali che le generazioni adulti rivolgono a quelle più giovani che, pur condivisibile, ha la profondità di un tweet di 140 caratteri.
La recensione in breve
Polite Society è un esordio brillante che ritrae senza filtri un vero rapporto tra sorelle, ricco d’affetto a tratti brutale. Il suo pastiche di generi, riferimenti e omaggi però rischia di diventare un pasticcio per mancanza di budget e per una certa difficoltà a veicolare messaggi articolati con l’intrattenimento che regala.
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