Il film: Quasi orfano, del 2022. Regia di: Umberto Carteni Cast: Riccardo Scamarcio, Vittoria Puccini, Antonio Gerardi, Grazia Schiavo, Chiara Di Benedetto, Nunzia Schiano, Adriana Pappalardo, Bebo Storti, Paolo Sassanelli.
Genere: Commedia Durata 90 minuti Dove lo abbiamo visto: in anteprima stampa.
La trama: Valentino è un pugliese trapiantato a Milano. Negli anni il suo spirito si è adattato sempre di più ai territori nordici, tanto da rinnegare anche il suo cognome e la propria famiglia. Le cose però cambieranno quando i suoi parenti gli faranno una visita inaspettata.
Difficile trovare qualcosa di positivo da dire nella nostra recensione di Quasi orfano. Il film è diretto da Umberto Carteni e sceneggiato dallo stesso assieme al collaboratore Herbert Simone Paragnani. Più che scritta, però, la commedia sembra un ammasso di cliché e di luoghi comuni di cui il cinema italiano sembra continuare a riempirsi, ripetitivo e privo di originalità anche nell’utilizzo di quegli stereotipi utili come canovacci su cui poter costruire le proprie storie.
Trovate canoniche su cui l’opera invece affonda malamente, facendone l’ancora che lo mantiene saldo a una provincialità che non è quella che i suoi personaggi dal Sud vanno a portare direttamente nella schematicità di Milano, ma che il panorama nostrano continua a formulare sempre nella medesima identica maniera. Oramai, inoltre, alquanto stantia.
La trama di Quasi orfano
Il “quasi orfano” del titolo è Valentino Rocco (Riccardo Scamarcio), all’anagrafe Tarocco, cognome cambiato dall’uomo di origini pugliesi, che ha rinnegato la sua famiglia per inseguire il sogno borghese e miliardario del Nord. Quello che ha intrapreso con la moglie Costanza (Vittoria Puccini), definita musa quando in realtà è molto più di questo, lei che oltre alla consorte dell’uomo ne è a tutti gli effetti la partner lavorativa.
Una realtà fatta di sedie per meditare ed eventi inaugurativi con inviti dorati da cui la famiglia di Valentino viene tenuta debitamente a distanza, fin quando un equivoco condurrà i parenti con la loro multipla fino al giardino verticale della capitale del lusso e della moda. Una serie di accadimenti che porteranno il protagonista a riscoprire, volontariamente o meno, le proprie radici. E forse a capire davvero cosa aveva perso di se stesso.
Il confronto tra provincia e metropoli, Sud e Nord
Se Quasi orfano poteva cercare di mostrarsi come un’opera alla ricerca del proprio Io, quello che molte volte rischiamo di perdere lungo la strada e che si stravolge al punto da non permetterci più di riconoscerci nemmeno davanti allo specchio, la pellicola di Carteni finisce per rivelarsi una cartolina piatta e inanimata di pregiudizi comuni che vediamo riversati al cinema.
Seppur da sempre il confronto tra metropoli e provincia, centro e periferia, posti frenetici del Nord paragonati con il bel vivere del Sud è stato espediente per i racconti sui nostri usi e costumi, in quella che vorrebbe essere una commedia dal buon cuore si rivela come il più retrogrado dei discorsi possibili. Di quelli da doversi sorbire seduti intorno a un tavolo durante qualche cerimonia o festa di famiglia.
Una storia piena di pregiudizi
Un attingere da un immaginario ormai superato e francamente stufo delle solite generalizzazioni, che invece il film utilizza cercando di trasformarle nel carburante per far ripristinare una pace e un legame all’interno del nucleo dei Tarocco, facendolo a discapito di un’attualità e di una scrittura che, ad oggi, ha fatto passi avanti rispetto a quello di Quasi orfano. La narrazione dell’opera sembra infatti fissa e spostata indietro nel tempo, come se quell’idea di divisione tra meridione e settentrione fosse possibile ridurla ancora all’essere retrogradi, ma bonari, degli abitanti dei territori italici più caldi e all’intransigenza e allo snobismo dei cittadini della Padania.
Una stanchezza nella sceneggiatura che è tanto di coloro che stendono una storia infinitamente banale, quanto di chi è costretto a vedersela riversata addosso per una visione che infastidisce enormemente per quel suo essere così ferma nel passato.
Quando gli stereotipi sono vecchi e mal trattati
Una trappola in cui rimangono incastrati gli spettatori che ben presto intuiscono la via che Quasi orfano andrà a intraprendere, non aspettandosi magari una deriva che invece arriva travolgendo di imbarazzo il pubblico e, insieme, i suoi personaggi. Tutti rinchiusi nelle loro gabbie innalzate da preconcetti che si pensavano superati e che, se anche non lo fossero, dovrebbero essere trattati con maggiore cura. Non limitandosi a decantare le lodi di un Sud in cui è bello ritrovare i propri veri, idilliaci e sani valori al contrario della corruzione, del fanatismo e dell’arroganza radical chic delle regioni del Nord.
Un film che non fa ridere, bensì tende anzi proprio a far arrabbiare; che manca della delicatezza di un’opera similare come la commedia contemporanea Una boccata d’aria con Aldo Baglio, paragonabile negli intenti e per messaggio del contenuto, ma completamente distante nella forma. Una storia che sfocia nel conservatorismo, il quale è deleterio tanto nella vita reale quanto nel cinema.
Conclusioni
Quasi orfano è un film che cerca di far ridere basandosi su stereotipi ormai passati e stantii, non riuscendo perciò nel suo intento. Una scrittura banale e per nulla ironica, che alimenta semplicemente degli stereotipi grossolani sul Nord e il Sud.
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