Il film: Rapiniamo il Duce, 2022. Regia: Renato De Maria. Genere: Commedia, Heist Movie, ucronia. Cast Pietro Castellitto, Matilda De Angelis, Filippo Timi, Tommaso Ragno, Maccio Capatonda e Isabella Ferrari. Durata: 90 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Festa del Cinema di Roma.
Trama: Un gruppo di ladri intercettano una comunicazione cifrata e scoprono che Mussolini ha nascosto il suo tesoro a Milano, nella “Zona Nera”, in attesa di fuggire per la Svizzera. Non possono lasciarsi sfuggire il colpo più ambizioso della Storia: rapinare il Duce.
In un night club Matilda De Angelis canta appassionata, intensa, in abiti e pettinature anni Trenta, una canzone che si chiama Tutto nero, che poi è la versione italiana di Paint It Black dei Rolling Stones, una canzone degli anni Sessanta. È uno di quegli anacronismi che nel cinema vediamo sempre più spesso, soprattutto quando si ha a che fare con delle ucronie. Di una di queste vi parliamo nella recensione di Rapiniamo il Duce, il film di Renato De Maria presentato alla Festa del Cinema di Roma, che sarà in streaming su Netflix dal 26 ottobre. Rapiniamo il Duce è un’ucronia, perché viaggia indietro nel tempo e immagina che la Storia prenda una piega diversa. Immagina, cioè, che esista un gruppo di reietti e antifascisti che, ai tempi della Repubblica di Salò, decida, dopo aver intercettato un messaggio in cui Benito Mussolini annuncia di voler lasciare l’Italia con tutto l’oro che ancora ha con lui, di rapinare il Duce e il suo carico. Rapiniamo il Duce è un film che ha un ottimo cast e un’ottima idea di partenza. ma che forse non ha la forza, l’energia e la fantasia di altri prodotti simili arrivati sui nostri schermi.
La trama: Pietro Castellitto a capo dei ladri antifascisti
Isola (Pietro Castellitto) è un ladro spiantato e romantico, ed è innamorato di Yvonne (Matilda De Angelis), cantante da night e a sua volta amante di un gerarca fascista (Filippo Timi), che è sposato con Nora (Isabella Ferrari), attrice del muto che non ama più. Isola, così, mette insieme una banda di derelitti, ma appassionati e animati, oltre che dal sogno dell’oro, dal loro antifascismo, e organizza un piano per rapinare il Duce.
I soliti ignoti incontra Bastardi senza gloria e Freaks Out
Renato De Maria firma un film pop, una sorta di graphic novel che prende vita, la storia di una sporca mezza dozzina antifascista e sgangherata. In questi personaggi c’è un po’ lo spirito de I soliti ignoti e L’armata Brancaleone, cioè la Commedia all’Italiana, e soprattutto l’ucronia di film come Bastardi senza gloria di Tarantino e Freaks Out di Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone.
C’è quell’idea che si possa giocare a riscrivere la Storia, in modo pop e allo stesso tempo catartico, perché è sempre questo che significa stare dalla parte dei buoni e prendere a calci i nazisti o i fascisti. Giocare con la Storia è anche giocare con la storia del cinema, da quello detto “dei telefoni bianchi” (lo sapevate che il primo seno nudo nella storia del cinema italiano non fu di Clara Calamai ne La cena delle beffe, ma di Vittoria Carpi ne La corona di ferro?) a un Neorealismo che ancora deve arrivare ma che qualcuno prova, maldestramente, a evocare (tipo girare Madame Bovary tra i pescatori di Pantelleria).
Matilda De Angelis canta Amandoti dei CCCP
Questo gioco, ovviamente, si fa con la scrittura, con le immagini di repertorio, a volte anche con i fumetti, e con le canzoni. Così, accanto a Paint It Black vediamo Matilda De Angelis esibirsi in Amandoti dei CCCP, canzone eccezionale, e ancora, in maniera extradiegetica però, con Se bruciasse la città. Che negli anni Trenta si ascoltino canzoni degli anni Sessanta e degli anni Novanta è un gioco divertente, e fa il paio con Creep e Sweet Child O’Mine, le canzoni che il pianista nazista Franz suonava in Freaks Out.
Un film già visto o il sintomo di una tendenza?
Ora, il punto su cui riflettere è proprio questo. Dipende dal punto di vista dal quale vedere questa operazione. Da un lato, Rapiniamo il Duce è un film che è stato già fatto, e molto bene, da Gabriele Mainetti, e in questo senso è qualcosa che sa un po’ di già visto. Dall’altro, però, chiediamo da tempo che in Italia arrivi un nuovo modo di fare cinema, e allora che il modello, nostrano e internazionale allo stesso tempo, di Mainetti & Guaglianone, abbia dei seguaci, che si facciano film insoliti per la nostra cinematografia, è un bene.
Filippo Timi, fascista nato (ma solo per finta)
Proprio dal cinema di Gabriele Mainetti viene Pietro Castellitto, che porta al film la sua aria stralunata e surreale. È surreale, al solito, anche Maccio Capatonda, mentre Tommaso Ragno, ormai ovunque (e la cosa, sia chiaro, ci fa piacere) nel cinema italiano, porta in scena il suo registro più sobrio e asciutto. Matilda De Angelis, splendida dark lady, recita su toni più tragici e dolenti, come Isabella Ferrari, che sembra riprendere la Gloria Swanson di Viale del tramonto. Tutti quanti, o quasi, sembrano però essere leggermente frenati. E a tutto il film manca quella follia, quello scarto in più che sarebbe necessario a un prodotto che dovrebbe fare dell’immaginazione la sua forza. Chi domina in assoluto la scena è Filippo Timi, che torna ancora, convincente al massimo, nei panni di un fascista dopo Vincere di Marco Bellocchio (in cui impersonava il Duce e il figlio) e dopo il neofascista di Come Dio comanda. C’è qualcosa che lo porta a entrare naturalmente in questi ruoli, ma è incredibile come, con occhio affebbrato e mascella serrata, Timi riesca a entrare così bene in qualcuno che è agli antipodi del suo modo di essere. O forse, proprio perché è agli antipodi, per lui fare un personaggio simile è curativo e catartico.
La recensione in breve
Rapiniamo il Duce di Renato De Maria con Pietro Castellitto e Matilda De Angelis è un film che ha un ottimo cast e un’ottima idea di partenza. ma che forse non ha la forza, l’energia e la fantasia di altri prodotti simili arrivati sui nostri schermi.
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