Il film: Red Eye, 2005. Regia: Wes Craven. Cast: Rachel McAdams, Cillian Murphy, Brian Cox, Jayma Mays, Jack Scalia, Robert Pine. Genere: Thriller. Durata: 86 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix, in lingua originale.
Trama: A bordo di un aereo, un diabolico passeggero deve uccidere un importante politico, così ricatta la propria vicina di posto affinché lo aiuti nel piano criminale.
Sotto le vesti di un thriller convezionali, il sottovalutato Red Eye nasconde gli elementi più personali e inquietanti del cinema di Wes Craven. Da oggi disponibile su Netflix, questo piccolo progetto del 2005 è più vicino a Le colline hanno gli occhi di quanto si possa pensare, in cui il protagonista è un mostro umano caratteristico del suo creatore: possiede il fascino velenoso degli adolescenti psicopatici di Scream, ma controllato dall’efficienza del professionista. La sua lingua è più letale delle sue mani: con essa sottopone la ragazza a un’umiliazione tanto sadica quanto le violenze de L’ultima casa a sinistra. Come vedremo in questa recensione di Red Eye, Craven non può fare a meno di offrirci un classico confronto tra psicopatici e ragazze… Con un’altra caratteristica peculiare: è quando Murphy perde la capacità di parlare, di ipnotizzare con la voce – a differenza di Ghostface – che diventa un assassino bestiale.
Red Eye: paura ad alta quota
Lisa Reisert (Rachel McAdams), nel bel mezzo di un lutto e di un grande sconvolgimento familiare, si ritrova ad essere un ingranaggio involontario di una grande cospirazione politica quando si imbatte nell’affascinante Jackson Rippner (Cillian Murphy), un apparente manager d’affari, anch’egli pronto ad imbarcarsi sullo stesso volo (in ritardo). I due si incontrano all’aeroporto di Dallas: inizialmente, Lisa rimane affascinata dalla calcolata parlantina di quest’uomo finchè non si rende conto, poco dopo essersi seduta accanto a lui su un volo di linea per Miami, che il suo lavoro è “rovesciare i governi”. Il gioco del gatto e del topo è in atto fin dall’inizio del film di Wes Craven, solo che Lisa non sa di doverci giocare, un po’ come il pubblico, che ne identifica precocemente la crisi, su più livelli: il panico della protagonista riflette sì le paure e le incertezze di un preciso momento politico – gli Stati Uniti del post 9/11 – ma, in senso lato, si configura come una minaccia con cui ancora ci confrontiamo.
Quando Jackson dice a Lisa che è sul suo volo per Miami per convincerla ad aiutarlo ad assassinare il Vicesegretario della Sicurezza Nazionale, ospite dell’hotel che lei gestisce, non c’è motivo per cui lei non debba assecondarlo, visto che Jackson ha in mano la vita di suo padre. Ma una cicatrice sul petto della donna rimanda a un incontro traumatico del suo passato e la sua resistenza alle richieste di Jackson diventa una feroce forma di sfida. Per quanto intelligente, Jackson alimenta inconsapevolmente questa forza di resistenza con battute come “Non volevo invadere il tuo spazio personale“. Continua a colpire lo stesso nervo scoperto e, di fatto, scatena una rivoluzione.
Personaggi…turbolenti
In Red Eye, Cillian Murphy è in forma smagliante: il ruolo di Jackson Rippner rompe le catene che, all’epoca, lo confinavano a ruoli minori, simili a camei, attingendo ad alcune convenzioni della commedia romantica e, naturalmente, alla sua base di azione e thriller. Rippner è un personaggio così stratificato, minaccioso, ma seducente, con i suoi occhi blu ghiaccio; fa sul serio, ma lo fa in modo furtivo. Non ama l’ostentazione, per lui l’importante è portare a termine il lavoro. D’altro canto, con il personaggio di Lisa, divisa tra genitori divorziati da poco e in preda a una serie di sfortune e appesantita dal dolore, anche Rachel McAdams offre un’interpretazione a tutto tondo di un personaggio con cui entriamo subito in empatia, una “princess in distress” che, sostanzialmente, non solo è costretta a salvarsi da sola, ma deve salvare anche chi le sta intorno, personalmente e lavorativamente.
Un’altra final girl per Wes Craven
Le premesse intriganti e la cura nella costruzione della tensione di Red Eye ci fanno venire in mente Cellular, un altro B-movie sull’interconnettività dell’esperienza umana. Solo che in questo caso il fulcro non è la rete di telecomunicazioni che ci tiene in contatto, ma qualcosa di meno tangibile: l’intuito femminile. I passeggeri a bordo dell’aereo rosso del film sono un gruppo eterogeneo di “imbecilli”, ma tra loro c’è una giovane ragazza, Rebecca (Brittany Oaks), che è consapevole che qualcosa non va tra Jackson e Lisa. Insieme a Lisa e alla collega Cynthia (Jayma Mays) che si ritrova parte del piano di omicidio di Jackson, Rebecca contribuisce a formare una triplice alleanza femminile contro una sinistra minaccia maschile (non è certo un caso che il suo cognome sia Rippner). In questo modo, Red Eye evoca ogni sorta di guerra di territorio. Il bagaglio politico della storia può sembrare irrilevante a primo impatto, ma è un elemento su cui è inciso il rituale di empowerment di Lisa: quando urla “non in casa mia”, il suo grido audace risuona non solo come una difesa del paese, ma anche del corpo.
La recensione in breve
Preparatevi a una dose massiccia di turbolenze, a un'intricata cospirazione e a una coppia di protagonisti troppo giusti in questo thriller incredibilmente efficace di Wes Craven, troppo spesso sottovalutato e che riflette perfettamente la sua comprensione delle strutture visive del genere horror/thriller.
- Voto CinemaSerieTv